FOTO: Musuk Nolte, Siccità in Amazzonia © Musuk Nolte, Panos Pictures, Bertha Foundation
Ogni giorno i kolbar trasportano sulle loro schiene telefoni, indumenti, elettrodomestici, addentrandosi tra terreni insidiosi dall’Iraq e dalla Turchia al Kurdistan iraniano.
Il governo iraniano, per proteggere la produzione locale e risparmiare valuta estera di fronte alle sanzioni occidentali, vieta infatti l’importazione di molti di questi beni. Eppure questi corrieri transfrontalieri considerano legittima la loro attività rischiando di essere uccisi dalle forze di sicurezza e dalle pattuglie di frontiera.
Il fotografo iraniano Ebrahim Alipoor li ritrae in una delle 144 immagini che fino all’8 giugno portano a World Press Photo Exhibition il giornalismo documentaristico con emblematiche cronache dal mondo, talvolta sconosciute.
Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, ideata dalla World Press Photo Foundation e organizzata in collaborazione con 10b Photography, la mostra a Palazzo Esposizioni accoglie le foto vincitrici della 68° edizione del prestigioso contest di fotogiornalismo, che da 70 anni premia ogni anno i migliori fotografi professionisti, contribuendo a costruire la storia del giornalismo visivo mondiale.
L’immigrazione, le conseguenze della crisi climatica, i conflitti in Sudan, Ucraina e nella Striscia di Gaza, con le storie toccanti dei sopravvissuti, costituiscono l’ossatura di un viaggio fotografico che appare a tratti come un pugno allo stomaco.
Come lo scatto della fotografa palestinese Samar Abu Elouf, vincitore del World Press Photo of the Year, realizzato per il New York Times, che immortala Mahmoud Ajjour, nove anni, rimasto coinvolto in un'esplosione che gli ha portato via le braccia mentre cercava di fuggire con la sua
famiglia da un attacco israeliano a Gaza. O come il lavoro di Cinzia Canneri, unica fotografa italiana premiata quest’anno, vincitrice del premio Long-Term Projects per l’area dell’Africa, dove ha seguito le vite di alcune donne in fuga dal regime repressivo in Eritrea e dal conflitto in Etiopia.
Ancora bambini vittime della guerra. Il fotografo tedesco Florian Bachmeier ci restituisce la storia di Anhelina, sei anni. La ritrae nel letto della sua nuova casa, inerme. Soffre di attacchi di panico dopo essere dovuta fuggire dal suo villaggio. Il conflitto in corso nel suo villaggio natale, nei pressi i Kupiansk, città in prima linea durante l’invasione russa dell’Ucraina, ha costretto i membri della sua famiglia a trovare un rifugio.
Colpisce la schiena lucida di un giovane, al centro dello scatto di Musuk Nolte, immortalato mentre porta del cibo a sua madre che vive nel villaggio di Manacapuru, un tempo accessibile in barca ma adesso percorribile a piedi a causa della siccità che asseta l’Amazzonia.
Se lo statunitense John Moore ci conduce tra i migranti cinesi che si scaldano intorno al fuoco dopo aver attraversato il confine fra Messico e Stati Uniti, Anselmo Cunha ci guida lungo la pista allagata dell’aeroporto internazionale di Salgado Filho di Porto Alegre, in Brasile, dove un Boeing 727-200 abbandonato è adagiato sulle acque alluvionali dopo che le precipitazioni da record, tra aprile e giugno 2024, nello stato del Rio Grande do Sul, hanno causato la peggiore inondazione della storia della regione con oltre mezzo milione di sfollati e oltre 183 morti a causa delle inondazioni.
Tra le tre categorie del Premio - Single, Story e Long-Term Project - sono stati selezionati 42 progetti e premiate 144 fotografie scelte tra 59.320 immagini ricevute da 3.778 fotografi provenienti da 141 Paesi.
La selezione è avvenuta inizialmente attraverso sei giurie territoriali (Africa, Asia Pacifica e Oceania, Europa, America del Nord e Centrale, America del Sud, Asia Occidentale, Centrale e Meridionale) e successivamente i vincitori sono stati scelti da una giuria globale indipendente composta dai presidenti delle giurie regionali e dal presidente della giuria globale, Lucy Conticello (direttore della fotografia di M, il magazine di Le Monde).
Selezionate dal tumultuoso contesto politico e mediatico del 2024, le fotografie invitano i visitatori di Palazzo Esposizioni a superare il ciclo frenetico delle notizie e a soffermarsi in silenzio sulle storie globali di primo piano, ma soprattutto su quelle meno visibili, trascurate dai principali media.
Lo straordinario potere del fotogiornalismo e della fotografia documentaria non lasciano indifferenti attivando una riflessione profonda che scuote invitando all’azione. Ciascuno nel proprio piccolo.