Nelle profondità gelide dell’arcipelago delle Svalbard, ben oltre il Circolo Polare Artico e in prossimità del Polo Nord, si trova uno dei più sofisticati baluardi della memoria digitale dell’umanità: l’Arctic World Archive (AWA). Situato a circa 300 metri nel ventre di una montagna, all’interno di una miniera di carbone dismessa non lontano da Longyearbyen, l’insediamento abitato più settentrionale del pianeta, questo caveau rappresenta un presidio di conservazione permanente per i dati, concepito per resistere non soltanto al tempo, ma anche all’obsolescenza tecnologica, alle catastrofi geopolitiche, ai disastri ambientali e al collasso digitale globale.
Sotto i ghiacci delle Svalbard, il rifugio eterno dei capolavori digitali
Fondato da Rune Bjerkestrand e gestito dalla società norvegese Piql, l’AWA ospita bobine di pellicola fotosensibile che contengono dati digitalizzati provenienti da oltre trenta Paesi, depositati da istituzioni pubbliche, archivi nazionali, aziende tecnologiche e collezionisti privati.
Le pellicole, sigillate in involucri d’argento e collocate in contenitori di metallo all’interno del caveau, sono realizzate con una tecnologia proprietaria che converte bit e byte in sequenze visive composte da milioni di pixel per fotogramma. Ogni informazione viene registrata in modo irreversibile su supporto analogico, garantendo una stabilità documentaria superiore ai 500 anni. Una guida ottica, stampata direttamente sulla pellicola, permette la decodifica manuale anche in assenza di tecnologie future, assicurando intelligibilità a lungo termine.
L’ambiente subartico, stabile, freddo e secco, rappresenta un alleato naturale nella conservazione: in un contesto globale minacciato dallo scioglimento del permafrost e dalla fragilità delle infrastrutture digitali, la posizione geografica estrema delle Svalbard, geopoliticamente neutra, priva di attività militari e scarsamente antropizzata, conferisce al sito una resilienza ineguagliabile.
Il deposito riceve contributi tre volte l’anno e custodisce materiali di valore inestimabile: tra questi, modelli 3D del Taj Mahal, manoscritti selezionati della Biblioteca Vaticana, osservazioni satellitari ad alta risoluzione della Terra, riproduzioni digitali del celebre dipinto “L’Urlo” di Edvard Munch e archivi sonori di lingue in via di estinzione. Accanto all’AWA, nel cuore della stessa montagna, si trova anche il GitHub Code Vault, un progetto parallelo dell’omonima piattaforma che ha immagazzinato centinaia di bobine contenenti codice open source, linguaggi di programmazione, repository pubblici e strumenti d’intelligenza artificiale utilizzati da oltre 150 milioni di sviluppatori nel mondo.
Come ha dichiarato Kyle Daigle, Chief Operating Officer di GitHub, questa operazione intende garantire la sopravvivenza del patrimonio software globale, oggi parte essenziale della struttura sociale, produttiva e intellettuale contemporanea.
Presso il centro Piql, situato nella Norvegia meridionale, i file digitali vengono trasformati in immagini ad altissima densità su pellicola fotosensibile, un processo fisico che rende i dati incorruttibili e autonomi da piattaforme hardware o software. Alexey Mantsev, senior product developer, spiega che le informazioni archiviate non possono essere alterate né eliminate, e che la leggibilità è assicurata per mezzo di scansione ottica, senza dipendenza da sistemi operativi o formati digitali transitori.
Questo approccio risponde concretamente al rischio di una “nuova età oscura digitale”, in cui la continua evoluzione tecnologica potrebbe rendere indecifrabili intere biblioteche di conoscenza prodotte negli ultimi decenni. A fronte del decadimento accelerato dei supporti magnetici (come le cassette LTO) e della rapida obsolescenza dei formati proprietari, il modello Piql rappresenta una sintesi avanzata tra permanenza analogica e codifica digitale.
Tra gli ultimi depositi figurano fotografie e filmati del fotografo Christian Clauwers, che ha documentato gli effetti dell’innalzamento dei mari sulle Isole Marshall, nonché disegni tecnici, registri e immagini storiche di automobili del Jaguar Daimler Heritage Trust, preoccupato per la scomparsa dei supporti legacy. Per questi soggetti, l’archiviazione presso l’AWA non rappresenta solo una misura tecnica, ma un gesto culturale, una dichiarazione di responsabilità verso la trasmissione della memoria. Come accade per il vicino Global Seed Vault, la banca dei semi che conserva la biodiversità agricola del pianeta, anche l’Arctic World Archive si fonda su un’idea di custodia intergenerazionale, in cui la cultura, il sapere e il patrimonio immateriale dell’umanità vengono protetti con mezzi tanto elementari quanto straordinariamente efficaci.