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Violenza sessuale, la Camera approva all’unanimità la legge sul consenso libero e attuale

Redazione
 
Violenza sessuale, la Camera approva all’unanimità la legge sul consenso libero e attuale

La Camera dei deputati ha approvato all’unanimità la proposta di legge che ridisegna in modo netto il reato di violenza sessuale, ancorandolo finalmente al principio del consenso. I 227 voti favorevoli scandiscono una scelta politica condivisa, rara e significativa, che ora passa al vaglio del Senato per completare l’iter parlamentare.

 

Violenza sessuale, la Camera approva all’unanimità la legge sul consenso libero e attuale

 

Al centro del provvedimento c’è l’introduzione chiara e inequivocabile del concetto di “consenso libero e attuale”, un passaggio che sposta il baricentro della definizione del reato: non più la forza dell’aggressore come elemento principale, ma la libertà violata della vittima.

 

Il testo nasce dall’emendamento messo a punto dalle relatrici in commissione Giustizia, Carolina Varchi per Fratelli d’Italia e Michela Di Biase per il Partito democratico, frutto di un confronto fittissimo che ha coinvolto anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria dem Elly Schlein. Da quel tavolo trasversale è arrivata la versione approdata in Aula, che collega direttamente la configurazione del reato all’assenza di un consenso espresso, libero da condizionamenti e riferito al momento in cui il fatto avviene.

 

Proprio Schlein, al termine del voto, ha parlato di un cambiamento atteso e necessario. “Siamo felicissimi di questo grande passo avanti per il Paese, una piccola grande rivoluzione culturale”, ha dichiarato commentando l’approvazione insistendo poi sull’importanza dell’inserimento esplicito in legge del principio del consenso e sottolineando come “finalmente si chiarisce che ogni atto sessuale senza il consenso è violenza, è stupro, e quindi è reato”. Un’affermazione che la segretaria del Pd accompagna a un chiarimento fondamentale: “Non basta la mancanza di un dissenso esplicito per dedurre il consenso. E con questo inserimento nella legge del libero consenso, si chiarisce che la società italiana non tollera gli atti sessuali non consensuali”. 

 

 Schlein ha definito l’approvazione un passaggio di rilievo non solo sul piano normativo ma sul terreno più fragile e complesso della cultura. “È stato un lavoro importante, trasversale, per questo ci siamo parlate con il presidente del Consiglio”, ha ricordato, rivendicando l’impegno condiviso delle due relatrici, Di Biase e Varchi.

 

L’obiettivo, spiega, era mettere da parte le distanze politiche per affrontare un tema che trascende gli schieramenti. “La differenza è che prima il reato di violenza sessuale parlava solo di violenza o minaccia, quindi misurava lo stupro sulla forza dell’aggressore anziché sulla libertà violata della vittima”. Per Schlein, la riforma colma una lacuna di sistema, seguendo il solco già tracciato dalla giurisprudenza della Cassazione e dando piena attuazione alla Convenzione di Istanbul. “Finalmente questo principio entra anche nella legge e in questo modo attua la Convenzione di Istanbul, che come sapete è già legge anche in Italia, e quindi siamo molto felici di questo risultato ottenuto insieme, e di questo grande passo in avanti culturale per il Paese”.

 

Il cuore del provvedimento è la riscrittura integrale dell’articolo 609 bis del codice penale. La nuova formulazione introduce in maniera esplicita la nozione di consenso, in linea con i criteri della Convenzione di Istanbul, che identifica nella libertà e nell’attualità le componenti essenziali.

Da ora, il reato scatta quando queste due condizioni mancano. Il primo comma del nuovo articolo individua tre possibili condotte che configurano la violenza sessuale se prive di consenso: compiere atti sessuali su un’altra persona, costringerla a compierli o farle subire atti sessuali. Tutte e tre, se avvengono senza un sì libero e presente, rientrano nella fattispecie penale. Il secondo comma riprende invece, con lievi aggiustamenti, le situazioni già previste dalla normativa attuale, cioè i casi in cui la persona viene costretta con violenza, minaccia o abuso di autorità, oppure situazioni in cui l’autore approfitta di una condizione di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità. Viene dunque mantenuto il quadro esistente, ma inserito all’interno di una cornice che mette il consenso al centro.

 L’intera riforma si colloca nel solco della Convenzione di Istanbul, che l’Italia ha ratificato da tempo ma che nelle sue indicazioni non aveva ancora trovato pieno sviluppo nel codice penale. Con il via libera della Camera, quel principio entra finalmente nel diritto positivo: una scelta che allinea l’Italia agli standard internazionali e che segna un passo avanti nel riconoscimento della libertà sessuale come diritto inviolabile. Ora la parola passa al Senato, dove la proposta continuerà il proprio percorso.

Ma il voto unanime di Montecitorio, raro in tempi di conflittualità politica permanente, dà alla riforma un peso che va oltre il procedimento formale. È il segnale di un Paese che prova, almeno su questo terreno, a lasciarsi alle spalle una stagione di ambiguità e ritardi, riconoscendo che il corpo e la volontà delle donne non possono essere zone grigie del diritto. Un principio semplice, che ora finalmente diventa legge.

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