Ognuno, senza tenerne le conseguenze, è padrone di dire come la pensa, anche se questo implica una riscrittura della Storia, ribaltando verità consolidate sulla scia di interpretazioni personali. Ma quell' ''ognuno'' non è universale perché non tutti possono farlo sentendosi al di sopra e al di là del giudizio della gente comune (e sin qui ci siamo), ma di una realtà che è sotto gli occhi di tutti.
Vannacci, che riscrive la storia del fascismo, è un problema per Lega e Governo
Se, quindi, a parlare e a sparare sfondoni storici è il signor Nessuno, nessun problema.
Ma se a tentare una riscrittura della Storia - la stessa su cui concordano centinaia di testi e altrettanti storici, con la sola sparuta eccezione dei revisionisti - è un parlamentare europeo, ma soprattutto il vicesegretario di un partito della maggioranza di governo italiana che tenta di dare del fascismo una versione salvifica delle nefandezza di cui di regime si macchiò, ecco che la questione si fa seria perché politica.
Stiamo parlando, come è scontato, di Roberto Vannacci, che non fa mistero della sua ''simpatia'' per il fascismo, che è un giudizio personale e che resta tale sino a quando egli non ne fa oggetto di una comunicazione, di una pubblicistica mirata.
Ecco il punto: perché o per cosa Vannacci affermi, tradendo la verità storica, che il fascismo, una volta giunto al potere, rispettò il gioco della democrazia parlamentare, è difficile da capire alla luce della Storia. Quella che afferma, per tabulas, che, a partire dal 1924, il parlamento era un simulacro, condizionato dalle scelte del partito fascista e, quindi, solo uno specchietto per le allodole per chi giudicava l'Italia dall'esterno.
Ma questo per Vannacci non vale, dimenticando, nel suo excursus para-storico via social, come il fascismo strangolò la parvenza di democrazia del parlamento, come quando varò le leggi razziali, che ancora oggi suonano ad ignominia del regime.
Per il vicesegretario della Lega, evidentemente, il fascismo rispettò le regole della democrazia, sin quasi alla fine della sua parabola discendente.
Non è così: lo dice la Storia.
Il contenuto delle analisi che Vannacci ha fatto non necessiterebbero di un commento se non venissero da lui che, quando se ne dovesse presentare l'occasione, dovrebbe in virtù della carica fare parte della delegazione ufficiale della Lega chiamata a confrontarsi con gli altri partiti del governo.
Uno dei quali, almeno, non ha alcun legame, attuale o passato col fascismo, quello stesso che l'europarlamentare magnifica, manco fosse la repubblica di Platone.
Può la sua posizione creare qualche imbarazzo? Forse no, ma, allo stesso modo, forse lo dovrebbe, perché il governo è frutto della Costituzione, e la Costituzione è nata per ribadire il no ad ogni forma di regime liberticida. Quello con il quale Vannacci sembra flirtare. Ora, riconoscendo all'uomo intelligenza e anche senso pratico, resta poco comprensibile la sua sortita, le cui conseguenze erano facilmente intuibili.
Quale é stata quindi la motivazione dietro la crociata pro-fascismo? Un tentativo di spostare la Lega verso la destra estrema, nel tentativo di andare a raccattare voti nei gruppuscoli che si manifestano, ma senza un evidente peso politicamente interessante?
E, soprattutto, quale sarà l'impatto nella componente storica della Lega di affermazioni che smentiscono le fondamenta ideologiche di un movimento nato, con Umberto Bossi, con una netta connotazione antifascista?