Che una cosa sia permessa non significa affatto che sia obbligatoria, fidando sul buonsenso della gente. E' una piccola perla di saggezza che, sommessamente, come nostro costume, ci permettiamo di porre all'attenzione del prof. Renato Brunetta che, non certo nel cuore della notte e senza essersi consultato con qualcuno, ha ritenuto di liberare il capitolo della retribuzione sua e degli altri vertici del Cnel, che lui presiede, dai lacciuoli del tetto massimo a suo tempo previsto a 240 mila euro per i funzionari pubblici e che la Corte Costituzionale ha cancellato.
Quindi, l'aumento delle retribuzioni è possibile, ma non per questo imposto, perché nessuna legge potrebbe farlo.
E invece il prof. Brunetta, ex ministro della Pubblica Amministrazione (ruolo che lo vide protagonista di intemerate memorabili contro i travet statali, accusati di rendere poco rispetto allo stipendio che percepivano) ha ritenuto che la sentenza della Suprema Corte lo autorizzasse a usare il bianchetto sulla vecchia retribuzione et voilà di sostituirla con un'altra, sempre a sei cifre, ma con le prime tre ritoccate a 310.
Insomma, un aiutino alle casse di casa Brunetta, umanamente comprensibile (mica siamo nati tutti san Francesco), ma che non è stato gradito da nessuno, eccezion fatta per i papaveri del Cnel, anch'essi gratificati dalla decisione presa dal presidente.
Quando la notizia è arrivata all'attenzione generale (grazie al Domani), c'è stata una pioggia di critiche, alcune delle quali, tra l più puntute, giunte dalla stessa maggioranza, con la Lega che, evidentemente, non aspettava che di potere mettersi per traverso al cammino di un esponente di un partito alleato, ma non amico....
Pioggia di critiche? Ma che diciamo: è stata una bufera quella che si è abbattuta su Brunetta che, dotato di un carattere abbastanza forte (''energumeno tascabile'' lo etichettò Massimo D'Alema, altro peso massimo della sferzata), ha dovuto fare forse violenza su sé stesso, non replicando, se non con una nota che più formale non si può, ma annunciando un passo indietro che, per come lo si conosce, gli è dovuto costare molto.
Lui che, quando si tratta di difendere le sue idee, non indietreggia davanti a niente e nessuno.
A meno che questo ''nessuno'' non si chiami Giorgia Meloni, abbia domicilio in atto a Palazzo Chigi ed è anche il presidente del consiglio, a capo di un governo che grida ai quattro venti di essere il primo a tendere la mano significativamente ai lavoratori. Quindi mai Giorgia Meloni avrebbe accettato di finire sulla graticola dell'opposizione per difendere un maxi-aumento dello stipendio di Brunetta e degli altri, in un momento in cui si sta confrontando con parti importanti del sindacato che la contestano per le sue politiche del lavoro.
L'irritazione di Palazzo Chigi, fatta trapelare già venerdì pomeriggio, quando la notizia era ancora calda, anzi ustionante, la dice lunga sul fatto che a Brunetta non restava che fare un passo indietro, ben sapendo che questa mossa non avrebbe certo cancellato la riprovazione per quello che lui ha inteso quasi come un fatto dovuto, non tenendo conto che avrebbe scatenato un putiferio.
La nota ufficiale con cui il prof. Brunetta ha annunciato la sua decisione è in perfetto politichese, non adducendo altra ragione che l'applicazione dovuta di una sentenza, e quindi facendo intendere che altro non poteva fare.
''Come presidente del Cnel, organo di rilievo costituzionale chiamato a dare voce e rappresentare le parti sociali - ha scritto - , non voglio in alcun modo che dall’applicazione legittima di una giusta sentenza della Corte Costituzionale derivino strumentalizzazioni in grado di danneggiare la credibilità dell’istituzione che presiedo e, di riflesso, condizionare negativamente il dibattito politico e l’azione del Governo. Per queste ragioni provvederò a revocare con effetto immediato la decisione assunta in Ufficio di Presidenza, relativa al recepimento. Lo faccio con senso di responsabilità e con l’intento di tutelare il prestigio del Cnel, preservando nel contempo un clima di rispetto e collaborazione tra tutte le componenti politiche, istituzionali e sociali''.
Una nota che porta in sé tutto l'armamentario di un politico di lunghissima militanza, quale Renato Brunetta, infilandoci dentro anche quella parolina, ''strumentalizzazione'', che ormai è come il nero: va bene su tutto.
Strumentalizzazione che, lo diciamo così, andando a lume di naso, forse qualcuno ha fatto ricordando che il Cnel, e quindi Brunetta, si è espresso negativamente sull'opportunità del salario minimo, per poi ritoccare il suo.
Ma è, il nostro, un retropensiero affatto malevolo e non certo personalistico, sapendo che l'Italia è cintura nera di opportunismo. Perché il Cnel, di cui si voleva la cancellazione, è vivo e lotta ancora insieme a noi, a suon di stipendi d'oro.