Washington, con le sanzioni e la sempre più aggressiva presenza militare nei Caraibi, sta soffocando lentamente Caracas, ma è Cuba la prima vittima.
La pressione statunitense sulla "flotta fantasma" petrolifera del Venezuela sta danneggiando gravemente Cuba, che ora, al culmine della sua crisi sistemica, sta assistendo anche al crollo delle spedizioni di greggio del suo alleato bolivariano.
Lo strangolamento economico americano del Venezuela fa la prima vittima, Cuba
La situazione nei Caraibi e la sua possibile escalation hanno tutti gli ingredienti per peggiorare la già critica situazione economica ed energetica dell'isola, un aspetto che il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha sicuramente preso in considerazione fin dall'inizio.
La dipendenza energetica di Cuba dal Venezuela risale all'inizio del 2000, con l'Accordo di cooperazione globale tra L'Avana e Caracas, con l'accordo per il pagamento da parte venezuelana dei servizi professionali cubani (principalmente medici e insegnanti, ma anche esperti di sicurezza e difesa) con petrolio greggio.
Il Venezuela divenne il principale fornitore di energia di Cuba, assumendo il ruolo di sostegno economico esterno (per ragioni geopolitiche) che l'URSS aveva avuto durante la Guerra Fredda.
Il volume delle esportazioni venezuelane è variato nel corso degli anni. I dati ufficiali non sono disponibili al pubblico, ma gli esperti concordano sul fatto che siano diminuite negli ultimi dieci anni a causa del calo della produzione e delle sanzioni statunitensi.
E stato in questo contesto, mentre Cuba stava attraversando il suo quinto anno di grave crisi – con carenza di beni di prima necessità, alta inflazione in declino, incessanti blackout, crollo produttivo, deterioramento dei servizi pubblici e migrazione di massa –, che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha puntato gli occhi sul Venezuela. Secondo il servizio specializzato dell'agenzia economica Reuters, il Venezuela, che un tempo forniva 100.000 barili al giorno, quest'anno ne ha inviati in media 27.000.
Per ridurre questo divario fino a 50.000 barili al giorno (che a Cuba si traduce attualmente in blackout di 20 ore al giorno, industrie paralizzate e lunghe code ai distributori di benzina), sono emersi alcuni aiuti, ma non sufficienti. Anche perché L'Avana non ha la valuta estera per acquistare la differenza sul mercato libero.
Mosca ha inviato circa 6.000 barili al giorno nel 2025, mentre nei giorni scorsi è arrivata sull'isola una nuova petroliera russa con 330.000 barili.
Poi c'è il Messico, che l'anno scorso ha inviato all'isola circa 23.000 barili al giorno, ma quest'anno solo circa 2.500, secondo i dati della compagnia petrolifera statale Pemex.