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Usa: gli ambientalisti contro il progetto di Trump di ridurre le tutele per le specie in pericolo

Redazione
 
Usa: gli ambientalisti contro il progetto di Trump di ridurre le tutele per le specie in pericolo

Negli Stati Uniti si è riacceso il dibattito sulla protezione della biodiversità, alla luce di una proposta normativa avanzata dall’amministrazione Trump che, secondo i suoi avversatori, minaccia di indebolire le tutele previste dall’Endangered Species Act (ESA).

Usa: gli ambientalisti contro il progetto di Trump di ridurre le tutele per le specie in pericolo

Secondo quanto riportato da ABC News, la modifica proposta ridefinirebbe in maniera sostanziale il concetto di ''danno'' arrecato a specie in pericolo, escludendo dalla sua portata la distruzione dell’habitat naturale. Una manovra che, secondo gli esperti, spalancherebbe le porte a deforestazione, attività minerarie e speculazioni edilizie, accelerando così l’estinzione di molte specie già in grave sofferenza.
La questione centrale risiede nell’interpretazione di un termine chiave all’interno dell’ESA: "Danno".

Storicamente, questa nozione ha incluso la modifica o la distruzione degli habitat nei quali le specie protette trovano rifugio e nutrimento. La nuova lettura proposta dal Fish and Wildlife Service e dal National Marine Fisheries Service, tuttavia, esclude esplicitamente il degrado dell’habitat dal concetto di intenzionalità, suggerendo che, in assenza di un'azione diretta verso gli animali, non vi sia violazione.
Gli ambientalisti non ci stanno.

''Questa proposta toglie il cuore all’Endangered Species Act - ha dichiarato Noah Greenwald, direttore per le specie in pericolo presso il Center for Biological Diversity - .Se si sostiene che il danno non comprenda la distruzione significativa dell’habitat, allora si stanno abbandonando le specie a loro stesse''.

Le implicazioni pratiche della proposta sono allarmanti.
Greenwald ha spiegato che animali come il gufo maculato e la pantera della Florida devono la loro protezione attuale proprio alle disposizioni che impediscono la distruzione dei loro habitat naturali.
''Con la nuova norma – ha affermato – chiunque potrebbe abbattere una foresta o edificare un complesso abitativo, sostenendo semplicemente di non avere intenzione di arrecare danno diretto agli animali protetti''.

Secondo Drew Caputo, avvocato dell’organizzazione ambientalista Earthjustice, il regolamento ''minaccia mezzo secolo di progressi nella protezione e nel ripristino delle specie in via di estinzione'', inclusi simboli nazionali come l'aquila calva, i lupi grigi, i lamantini della Florida e le megattere.

Caputo ha sottolineato come la normativa vigente ''riconosca il principio di buon senso secondo cui distruggere una foresta, una spiaggia, un fiume o una zona umida da cui dipende una specie equivale a danneggiarla''. Particolarmente controversa è la sfida ai precedenti giuridici.

Patrick Parenteau, docente emerito alla Vermont Law and Graduate School, ha ricordato che la definizione di “danno” attualmente in vigore è stata confermata dalla Corte Suprema nel 1995. ''A causa di quella definizione, milioni di acri di territorio sono stati tutelati per garantire la sopravvivenza delle specie'', ha dichiarato Parenteau.

Nella sentenza del 1995, la giudice Sandra Day O’Connor aveva affermato chiaramente: ''Un proprietario terriero che prosciuga uno stagno uccidendo nel processo pesci in via di estinzione viola il divieto di arrecare danno''. La proposta dell'Amministrazione Trump, tuttavia, aprirebbe la strada a simili interventi, legalizzando di fatto azioni che fino ad ora erano ritenute illegittime. La questione è particolarmente sentita nelle Hawaii, lo Stato che ospita la maggiore concentrazione di specie minacciate in tutti gli Stati Uniti.

Secondo la National Fish and Wildlife Foundation, pur rappresentando meno dell’1% della superficie terrestre americana, le isole ospitano circa il 40% delle specie a rischio. I dati del Dipartimento delle Risorse Naturali del territorio indicano che, dall’arrivo dell'uomo, 71 specie di uccelli sono già scomparse. Oggi, 31 dei 42 uccelli endemici rimanenti sono ufficialmente elencati nell’ESA, e ben dieci non sono stati più avvistati da decenni.

La posta in gioco va, quindi, ben oltre la sorte di singole specie animali o vegetali. Come sottolineato da numerosi esperti, la perdita di biodiversità comporta gravi ripercussioni sull’intero equilibrio degli ecosistemi, minacciando la sicurezza alimentare, l’accesso all’acqua potabile, lo sviluppo di farmaci e la prevenzione delle malattie.

''Gli esseri umani dipendono da ecosistemi integri per tutto: dall’agricoltura alla medicina'', ha ribadito Caputo. Ma, se la norma dovesse essere adottata, ''industrie del legname, petrolio e estrazione mineraria, oltre che singoli individui e governi locali, potrebbero distruggere habitat vitali senza alcuna sanzione, anche se ciò comporta danni irreversibili alle specie protette''.

La proposta è attesa nel Federal Register, dopo di che inizierà un periodo di consultazione pubblica di 30 giorni. Tuttavia, gli ambientalisti hanno già preannunciato battaglia legale. Caputo ha assicurato che, in caso di approvazione definitiva, le organizzazioni ambientaliste impugneranno la norma in tribunale. Nel frattempo, il Dipartimento degli Interniha preferito non rilasciare commenti. Un silenzio che, per molti osservatori, non fa che aumentare i timori su una possibile deregolamentazione sistemica della tutela ambientale negli Stati Uniti.

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