Come ogni anno, l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, in collaborazione con la Fondazione Isscon, ha condotto un’approfondita indagine sui costi delle università italiane, fornendo un quadro dettagliato dell’andamento delle tasse universitarie e del crescente divario tra Nord e Sud del Paese. Il report 2025 introduce, per la prima volta, il monitoraggio delle università telematiche, segno dell’importanza sempre maggiore che queste stanno assumendo nel panorama dell’istruzione superiore. Questo studio rappresenta un'importante fonte di dati per comprendere come il sistema universitario italiano stia evolvendo in termini di accessibilità economica e distribuzione territoriale delle risorse.
Università, indagine Federconsumatori-Isscon: differenze di costo Nord-Sud fino al 28%
Dai dati emersi, gli atenei lombardi si confermano i più costosi d’Italia. Se per anni il primato era detenuto dall’Università di Pavia, nel 2025 viene superata dall’Università di Milano, dove l’importo medio annuo per la fascia reddituale più alta si attesta a 3.808,56 euro. Seguono l’Università di Pavia, con una media di 3.343 euro, e l’Università del Salento, che registra un importo annuo di 3.000 euro. Le università del Nord risultano in media più onerose del 28% rispetto agli atenei del Sud e del 15% rispetto a quelli del Centro. Il problema del caro-università non si limita solo alle tasse. Anche i costi di segreteria, il materiale didattico e i contributi per le attività extracurriculari stanno aumentando sensibilmente, rendendo il percorso accademico sempre più difficile per molte famiglie. Inoltre, le risorse pubbliche destinate agli atenei del Nord risultano superiori a quelle del Sud, creando un divario che si ripercuote sulla qualità dell’insegnamento e dei servizi offerti agli studenti.
Quest’anno il report ha incluso anche le università telematiche, avvalendosi della collaborazione dell’Osservatorio sulle Università Telematiche di AteneiOnline.it. I costi annuali per i corsi di laurea online variano tra i 2.000 e i 4.290 euro, a seconda della facoltà scelta. A differenza degli atenei tradizionali, dove le tasse dipendono dall’ISEE familiare, le università online prevedono costi fissi. Tuttavia, sono numerose le agevolazioni offerte, riservate a categorie specifiche come studenti lavoratori, membri delle Forze Armate e dipendenti della Pubblica Amministrazione. In virtù di tali sconti, il costo medio effettivamente corrisposto si aggira tra i 1.500 e i 3.000 euro annui. L’ascesa delle università telematiche ha rivoluzionato il concetto di formazione accademica, rendendo più accessibile l’istruzione superiore a chi non può frequentare fisicamente le aule universitarie. Questo ha permesso a migliaia di studenti di conciliare lo studio con il lavoro, evitando il peso economico di trasferimenti o affitti onerosi nelle città universitarie. Tuttavia, rimane il dibattito sulla qualità della didattica e sul riconoscimento del valore dei titoli rilasciati.
Le università pubbliche tradizionali continuano a beneficiare della cosiddetta “no tax area”, introdotta con la Legge di Bilancio del 2017 e successivamente aggiornata. Gli studenti con un ISEE inferiore a 22.000 euro sono esonerati quasi totalmente dal pagamento delle tasse, mentre per chi ha un reddito tra i 22.000 e i 30.000 euro è prevista una riduzione. In alcuni atenei, la soglia ISEE per usufruire di tali benefici è stata innalzata di oltre il 30%, ampliando così la platea di studenti agevolati. Tuttavia, queste misure non bastano a colmare il divario con altri paesi europei, dove in molti casi l’università pubblica è gratuita. Molti esperti sottolineano come la no tax area sia un passo avanti, ma non sufficiente. Il problema principale resta il numero limitato di borse di studio e l’insufficiente finanziamento agli studentati pubblici, che lasciano molti studenti fuori sede in balia di un mercato immobiliare sempre più proibitivo. Inoltre, le procedure burocratiche per accedere ai sussidi risultano spesso complesse, disincentivando gli studenti dal farne richiesta.
Nel 2023, la percentuale di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia è salita al 30,6%, in aumento rispetto al 29,2% dell’anno precedente, ma ancora lontana dalla media europea del 43,1%. Questo deficit si riflette anche sulle opportunità lavorative: il differenziale occupazionale tra chi possiede una laurea e chi si ferma al diploma è pari a 11 punti percentuali, segno che l’istruzione universitaria rimane un elemento chiave per l’accesso al mondo del lavoro. A pesare su questi numeri è anche la mancanza di un adeguato orientamento scolastico che indirizzi gli studenti verso scelte universitarie in linea con il mercato del lavoro. Molti laureati si ritrovano con titoli poco spendibili in ambito professionale, contribuendo al fenomeno della disoccupazione intellettuale e della fuga di cervelli all’estero. Un ulteriore ostacolo per molti studenti è rappresentato dalle spese accessorie. Secondo un’indagine condotta da Federconsumatori e UDU, mantenere uno studente fuori sede costa mediamente 17.498 euro all’anno, considerando affitto, pasti, trasporti, materiale didattico e attività sociali. Anche gli studenti pendolari affrontano spese significative, che si aggirano sui 10.293 euro annui.
Il problema degli affitti brevi a scopo turistico ha aggravato ulteriormente la carenza di alloggi per gli universitari, contribuendo all’aumento esponenziale dei canoni di locazione nelle città universitarie. L’assenza di un piano strutturale per la costruzione di nuovi studentati pubblici rende la situazione ancora più critica. In molti paesi europei, gli studenti hanno accesso a campus dotati di alloggi a prezzi calmierati, mentre in Italia la disponibilità è ancora insufficiente rispetto alla domanda crescente. Di fronte a costi sempre più elevati e a un sistema di borse di studio e studentati ancora insufficiente, il tasso di abbandono universitario è in crescita. Nel 2021, secondo i dati ANVUR, ha raggiunto il 14,5% e si prevede un ulteriore aumento nei prossimi anni. Da qui l’appello di Federconsumatori per invertire questa tendenza, dedicando la giusta attenzione e i giusti stanziamenti per il futuro del Paese. Perchè studiare non può e non deve essere più un lusso per nessuno.