Quando, nel 2013, si affacciò dal balcone che sovrasta piazza san Pietro, molti fedeli ebbero la stessa sorpresa che aveva accompagnato l'elezione a successore di Pietro di Giovanni Paolo II. Due papi non italiani, poco conosciuti al di fuori della ristretta cerchia degli esperti di cose vaticane, che però hanno segnato il passaggio da un secolo all'altro in cui la Chiesa ha mutato il suo profilo pubblico, accentuando il suo ruolo di soggetto politico, non solo di luogo in cui si ritrova la comunità dei cattolici.
Morto Papa Francesco: oltre al vuoto spirituale, dal pontefice argentino un forte lascito politico
Se il papa polacco trasmetteva l'idea della forza messa al servizio della Fede, Jorge Bergoglio ha scelto un'altra strada, forse più impervia, ponendo il Vaticano al centro di quel movimento globale che da sempre persegue la pace e che non ha timore di affidare ad un uomo di chiesa il compito di farsi vessillifero di temi come l'accoglienza, la solidarietà, il rispetto dei diritti di tutti.
Papa degli ultimi, come quelli di Buenos Aires, che erano diventati la sua famiglia e con i quali spendeva il tempo che gli lasciavano gli impegni religiosi, Jorge Bergoglio ha imposto al Vaticano quella che potrebbe essere definita come una presa di coscienza dei problemi dentro la Chiesa, decidendo di affrontarli e non, come sempre fatto dai suoi predecessori, di nascondergli, minimizzarli, considerarli mali da accettare pur di andare avanti.
Per questo è evidente la determinazione che Francesco ha messo nel cercare di fare pulizia del male atavico delle violenze sessuali che sono maturate (e maturano ancora, come dicono le cronache recenti) nella Chiesa, per mano di chi insozza la veste di rappresentante di Dio in Terra.
Un'opera difficile, spesso osteggiata dagli ambienti meno ''aperti'' del complesso corpus del mondo ecclesiastico, che però ha dato una immagine nuova, diversa e migliore della Chiesa, non più arroccata a sua difesa, ma forse per la prima volta della sua storia millenaria, disponibile ad ammettere storture e abusi.
Ma, probabilmente, lo stesso papa Francesco era cosciente che l'opera di disincrostazione della Chiesa di scorie da essa stessa determinate non si sarebbe potuto completare nell'arco del suo papato.
Soprattutto quando, con il progredire delle sue patologie, ha capito che il crepuscolo della sua vita era ormai vicino e che le riforme da lui volute con pervicacia, quasi con testardaggine, sarebbero state portate avanti da altri.
Portate avanti, ma non necessariamente, perché se a contribuire alla scelta dei pontefici è lo Spirito Santo, non si deve minimizzare il peso della ''politica'' dentro il corpo cardinalizio, che, composto da uomini, soffre anch'esso di preferenze, astio, arroganza e presunzione.
Per questo, con la nomina dei nuovi componenti il collegio, Papa Francesco ha fatto delle scelte che sembrano volere proiettare il prossimo futuro verso un pontificato nel segno delle sue politiche, quindi realmente aperto agli ultimi, veramente lontano dai grandi giochi della politica internazionale, aperto ad una dimensione che sia di tutela di un mondo che dobbiamo lasciare migliore di quel che abbiamo trovato.
Che oggi si possa già dire chi entrerà, suo malgrado (ricordarsi sempre che spesso chi entra papa, esce cardinale), nella prima rosa di coloro tra cui scegliere chi potrebbe essere il prossimo pontefice è un esercizio simpatico, ma che non porta da nessuna parte. Ora, dopo il dolore e i riti terreni che accompagneranno papa Bergoglio nel suo ultimo viaggio, la Chiesa deve ritrovare saldezza e coesione.
Anche se si sa benissimo che, oltre le mura leonine, ci sono uomini, con pregi e difetti. Come tutti gli uomini, d'altra parte.