Economia

Unicredit impugna il Golden Power, ricorso al Consiglio di Stato per “fare chiarezza” sull’OPS su Banco BPM

Redazione
 
Unicredit impugna il Golden Power, ricorso al Consiglio di Stato per “fare chiarezza” sull’OPS su Banco BPM
La partita del Golden Power torna al centro dello scenario bancario e politico. Unicredit ha presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR del Lazio di luglio, che aveva parzialmente accolto le sue contestazioni sul provvedimento con cui il Governo aveva esercitato i poteri speciali bloccando l’Offerta Pubblica di Scambio (OPS) su Banco BPM. La decisione è stata formalizzata ieri, dopo l’approvazione del Consiglio di amministrazione straordinario di domenica, e viene descritta da fonti vicine al gruppo come “un atto dovuto”, volto non a sfidare l’esecutivo ma a chiarire i limiti giuridici dell’intervento statale.

Unicredit impugna il Golden Power, ricorso al Consiglio di Stato

Il ricorso al Consiglio di Stato arriva a pochi giorni dalla scadenza dei sessanta giorni concessi per impugnare la decisione del TAR e mira a “fare chiarezza” sul perimetro di applicazione del Golden Power, dopo una pronuncia che aveva lasciato aperti alcuni nodi interpretativi. In particolare, il Tribunale amministrativo aveva annullato due delle quattro prescrizioni imposte dal Decreto della Presidenza del Consiglio (DPCM), ritenendo sproporzionate le clausole che obbligavano Unicredit e Banco BPM a non ridurre per cinque anni il rapporto impieghi/depositi e a mantenere inalterato il portafoglio di project finance. Erano state invece confermate le disposizioni più sensibili: l’obbligo per Unicredit di uscire dal mercato russo e di garantire che Anima Holding mantenesse i propri investimenti in asset italiani.

Proprio su questi punti si è acceso il confronto con Bruxelles, che aveva chiesto al Governo italiano chiarimenti sul rispetto delle norme europee in materia di concorrenza e libertà di stabilimento, ritenendo il provvedimento potenzialmente in contrasto con il diritto comunitario. La Consob, in seguito, aveva sospeso per trenta giorni l’OPS, rilevando una “situazione di incertezza” che impediva agli investitori di formulare un giudizio fondato sull’offerta. La sospensione, e il contesto politico-giuridico incerto, avevano poi spinto Unicredit a ritirare l’operazione.

Secondo ambienti finanziari, l’appello al Consiglio di Stato non rappresenta un gesto di sfida nei confronti del Governo Meloni, ma un passaggio tecnico volto a tutelare gli stakeholder, i membri del board e la banca stessa da eventuali azioni legali future da parte degli azionisti, che potrebbero sostenere di non aver visto esaurite tutte le vie di ricorso. “Non si tratta di un contenzioso politico, spiegano fonti interne, ma della necessità di assicurare piena trasparenza e conformità con il diritto europeo”.

Il Consiglio di Stato avrà ora dai nove ai dodici mesi per esaminare il ricorso e convocare Unicredit in udienza. Intanto, da Roma prevale la linea della prudenza. “Sono dinamiche dei singoli istituti, ha dichiarato il sottosegretario all’Economia Federico Freni, ed è giusto che ciascuno assuma le proprie decisioni in autonomia”. Sulla stessa linea il presidente della Commissione Finanze della Camera Marco Osnato, che ha ribadito: “Sono le singole aziende a valutare come tutelare le proprie istanze”.

Nel frattempo, l’ad Andrea Orcel ha confermato, anche in un’intervista al Financial Times, che la filiale russa di Unicredit sarà “praticamente eliminata entro il 2026”, segnale di una strategia coerente con le richieste governative ma anche di una visione più ampia di de-risking.

Il ricorso apre così un nuovo capitolo nel delicato equilibrio tra potere pubblico e libertà d’impresa, con Unicredit che tenta di ridefinire i confini di un intervento statale che, secondo alcuni analisti, rischia di incidere sul mercato e sulla competitività del sistema bancario italiano.
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