Le parole, la mimica facciale, le pause teatrali, il corollario di miliardari che lo guardano in tralice, il disprezzo per il predecessore, insultato mentre sedeva dietro a lui: la nuova America di Donald Trump si è mostrata ieri, in occasione dell'Inauguration Day, con tutta la dirompente volontà di volere cambiare il registro del Paese, in modo talmente repentino da rischiare di essere drammatico.
La retorica trumpiana è stata in linea con la virulenza della campagna elettorale, che si era proposta degli avversari da sconfiggere, non selezionando gli obiettivi, magari seguendo una agenda di priorità, ma aggredendoli, per travolgerli.
Trump allarga il solco tra Usa ed Europa. E poi c'è Giorgia
Per questo anche la firma degli ordini esecutivi con i quali Donald Trump ha stravolto il recente passato degli Stati Uniti è stata circondata da un'enfasi che fa parte dell'ego del presidente, che ha attuato quel che aveva promesso.
Gli ordini esecutivi hanno colpito tutto quello che, fino a ieri, era un comune terreno con l'Europa, che da ieri è stata marginalizzata nel mappamondo che Trump ha disegnato a suo uso e consumo e nel quale il concetto di sovranità è stracciato. Lo sanno i panamensi, lo sanno i danesi, ai quali Trump ha promesso di mutilare i loro territori sulla base di singolari concetti del diritto internazionale nel quale, siamo ancora alla ricerca del relativo testo, quel che piace a lui si può fare, anche se comporta il disprezzo per Paesi amici o che, come nel caso della Danimarca, fanno parte di un'Europa che stenta a credere alle parole pronunciate dal tycoon.
Tutela dell'ambiente; rispetto della diversità di genere, delle decisioni dei giudici, dei diritti dei lavoratori: argomenti comuni fino a ieri tra le due sponde dell'Oceano Atlantico e che oggi sono alla stregua di carta straccia.
Ma questo è il presidente che la maggioranza degli americani ha scelto per i prossimi quattro anni e quindi merita rispetto, sino a quando resterà nell'alveo della ragionevolezza. Che è stato però superato, quando ha graziato il migliaio di persone che stanno scontando condanne per l'assalto al Campidoglio del gennaio 2021, definiti pacifici patrioti, smentendo l'evidenza.
L'Unione europea ieri, a Washington, era assente, perché non invitata, segnando già dal primo giorno della nuova Amministrazione una stagione di contrasti che rischia di essere lunga e per di più foriera di problemi che, a oggi, sembrano difficili da risolvere.
Assente con una eccezione, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, presente sia nella Rotonda, dove hanno giurato Trump e il suo vice, JD Vance, che alla festa che ne è seguita.
Potrebbe apparire una ''anomalia'', anche se Giorgia Meloni ha un rapporto stretto e personale con il presidente americano, ribadito anche nel corso del blitz a Mar-a-Lago, in cui probabilmente ha strappato il sì che ha contribuito al buon esito della trattativa per la liberazione di Cecilia Sala.
Ma l'Italia è parte integrante dell'Ue, anzi ne è uno dei pilastri e quindi ogni gesto dei nostri rappresentanti può o deve essere calibrato, pesato, interpretato.
Ed è qui che il ruolo di Giorgia Meloni può diventare cruciale perché, seppure la sua presenza a Washington ha suscitato perplessità nelle cancellerie europee, essa può essere il solo filo diretto tra Stati Uniti e Ue che, altrimenti, rischiano una lunga stagione di freddezza nel momento in cui partirà la cruenta campagna di dazi minacciata da Trump.