Politica

Meloni a Washington: Giorgia incassa il sì di Trump al dialogo con l'Ue, ma la strada è ancora impervia

di Demetrio Rodinò
 
Meloni a Washington: Giorgia incassa il sì di Trump al dialogo con l'Ue, ma la strada è ancora impervia

Che i risultati dell'incontro con Donald Trump non potessero essere clamorosi era scontato, perché lo stesso formato - Giorgia Meloni  rappresentava solo l'Italia, pur sapendo che il suo ruolo doveva essere di pontiere tra le due sponde dell'Atlantico - non consentiva al nostro presidente del Consiglio di prendere impegni e, men che meno, chiederne. 

Ma il clima dell'incontro, con la evidente disponibilità di Trump ad un dialogo - sia pure condizionato delle sue scelte, spesso caratterizzate da repentini cambiamenti, anche radicali, o dal negare cose dette appena poco prima -, è sembrato foriero di sviluppi interessanti. 

Trump, come scontato, ha fatto poche concessioni, attenendosi al cliché che ormai si porta incollato addosso, quello  che gli fa pensare di comportarsi con gli altri Paesi come il monarca nei confronti dei suoi vassalli.

E poco importa se parla con l'ultimo Staterello o con la Cina: per lui tutto cioè che pensa è giusto e devono essere gli altri ad adeguarsi, anche a costo di stracciare gli accordi. Che poi abbia sparso miele a iosa parlando di Giorgia Meloni racconta tanto del personaggio che ha capito perfettamente che un dialogo fitto e propositivo con il presidente del consiglio italiano è l'unica strada per portare le sue istanze a Bruxelles, filtrate della propaganda con cui alimenta la sua politica.

Già il fatto stesso che Trump abbia lasciata aperta la porta ad un dialogo con l'Unione europea è positivo, a patto che non consideri la sua posizione, le sue richieste,  i suoi ultimatum come non negoziabili, come peraltro ha fatto capire anche oggi, ribadendo che le sue scelte sui dazi stanno facendo incassare miliardi agli Stati Uniti.

Una affermazione smentita dai dati dell'Agenzia delle dogane, ma questo a lui non interessa. 

Ma se fa questo con i singoli Paesi non può pensare di fare lo stesso con l'Ue che, con i suoi Stati e i suoi abitanti, non può essere considerata alla stregua di un soccombente, ma di qualcuno con cui parlare, ma di un soggetto economico importantissimo, per produzione e mercato. 

Anche se non sembra interessargli, il presidente americano deve tenere conto non solo degli investitori (che a Wall Street mostrano la loro incredulità davanti all'incertezza che le mosse di Trump creano sui mercati), non solo conto delle ''colombe'' in seno all'Amministrazione (che gli consigliano prudenza), non solo con dei grandi della finanza (che, uno ad uno, in sequenza, come i grani di un rosario, stanno prendendo le distanze da lui, anche se hanno donato alla sua campagna elettorale fior di milioni), ma anche dei parlamentari repubblicani (che, tornando nei loro collegi, hanno difficoltà a fronteggiare le proteste, ma soprattutto le domande sul perché delle scelte della Casa Bianca, come quelle che stanno lasciando a casa centinaia di migliaia di dipendenti statali). 

Giorgia Meloni, ben consapevole di non potere parlare a nome dell'Unione europea (al di là dei contatti che ha avuto, nei giorni scorsi e sino alle scorse ore con Ursula von der Leyen), ha posto un importante tassello nella strategia che intende portare avanti, e che non è necessariamente vocata alla politica internazionale. 

Perché oggi, rinsaldando il dialogo con Donald Trump, ha narcotizzato le ambizioni di Matteo Salvini che, davanti al successo, almeno mediatico, della missione a Washington e alle parole del presidente americano nei confronti del nostro presidente del Consiglio, dovrà ridimensionare le sua ambizioni di essere l'unico depositario del verbo della Casa Bianca in Italia, anzi il solo esegeta. 

In ogni caso, dalla sua visita, Giorgia Meloni porta in Italia e in Europa le parole di Trump che si è detto sicuro, ''al cento per cento'', che troverà un accordo con Bruxelles, prima o poi, e che sarà equo. 

Cosa intenda però Trump per ''equo'' sarà tutto da verificare, dovendo considerare che, sino ad appena pochi giorni fa, ha usato parole durissime contro l'Ue, accostandola ad un gruppo di grassatori riunitisi in una banda solo per fregare gli Stati Uniti. Ma una cosa l'ha detto: non ha mai definito gli europei parassiti (già a dirlo è stato il suo vice, JF Vance, al quale saranno fischiate le orecchie, anche se era accanto a lui). 

Che il dialogo, al di là delle aperture, possa essere difficile lo si è capito anche da una risposta data da Trump, quando ha detto che ''tutti vogliono fare accordi con noi. E se non vogliono farlo, lo faremo noi per loro. Abbiamo il coltello dalla parte del manico'', che non depone a favore di una reale disponibilità a trattare, visto anche le parole volgari che ha riservato ai Paesi che chiedono di dialogare (tanto per essere chiari, la battuta fatta su chi vuole baciargli il fondoschiena per blandirlo). 

Ma, con questo presidente, l'Europa e il resto del mondo avranno a che fare ancora per molti anni. 

E su questo, forse, Giorgia Meloni confida, sentendo le parole che Trump ha speso su di lei (''ha fatto ottimo lavoro, è rispettata da tutti, è una persona speciale'' ) , che non sono sembrate di circostanza, ma dettate anche dalla consapevolezza che in Europa lei è la sola su cui può realmente contare, ormai fuori gioco altri esponenti della Destra, per colpe loro o per la sorte di quelli che si sentivano stelle della politica e che ora sono ridotti alla stregua di satelliti. 

E Meloni, che sa fare politica, ha lanciato lì, nelle frasi del confronto, due elementi che possono essere stati molto graditi a Trump. Il primo, la promessa di portare al 2% le spese militari (anche se a lui sembra ancora poco); il secondo, l'invito a visitare l'Italia, che è una cosa che si dice a tanti, ma che, nel caso del presidente americano, sancirebbe anche il rango internazionale del nostro premier rispetto al resto dei Paesi dell'Ue, che hanno disperato bisogno di qualcuno che almeno con Trump riesca a scambiare delle frasi senza essere minacciata. 

Per stringere ancora di più la trama del rapporto tra Stati Uniti e Italia, Meloni ha anche fatto ricorso ad una mozione degli affetti, dicendo quel che Trump voleva sentire: i due Paesi, ha detto, sono uniti dalla lotta alla cultura woke, all'immigrazione irregolare, al traffico di fentanyl. 

''Voglio che le nostre civiltà non abbiano più problemi, dobbiamo trovare dialogo e soluzioni. A Roma potremo incontrare Trump  e l'Europa'', ha detto Meloni. Ma sentire dire che Italia e America sono unite contro la cultura woke, mentre Trump ha scatenato una violenta offensiva contro gli atenei americani, anche prestigiosi, che non si piegano ai suoi ultimatum di revocare ogni politica di inclusione, forse non era la cosa che dalle nostre parti avrebbero voluto sentire.   

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