La freddezza con cui gli alleati di governo hanno accolto l'ennesima tornata del romanzo ''Salvini vuole tornare al Viminale'' non ha nemmeno scalfito la determinazione del segretario leghista, che ha messo in cima ai suoi desideri quello di vestire, nuovamente, i panni di ministro degli Interni.
Osservatorio politico, Salvini continua a martellare: vuole il Viminale
Freddezza è forse anche riduttivo rispetto alla reazione che Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno mostrato davanti alla nuova campagna di Salvini che, spalleggiato dalla Lega, ha addirittura affidato ai suoi vice il compito di rappresentare il suo ritorno al Viminale quasi come una condizione per proseguire la collaborazione.
Non è in effetti così, perché Salvini sa benissimo che andare allo scontro, con nel suo personale ordine del giorno solo l'argomento Viminale, rischia di portare la maggioranza vicina ad implodere. Non accadrà essenzialmente per due motivi: il primo è che Salvini sa benissimo che rompere oggi lo indebolirebbe, soprattutto mentre il vento dell'estrema destra soffia impetuoso ovunque; il secondo è che oggi, nonostante i suoi proclami, non può certo sperare di scalzare Fratelli d'Italia come partito più forte della coalizione, di cui, mentre quotidianamente ne indebolisce le basi, continua a dire di esserne il collante.
Una definizione bellissima, quella di essere l'elemento che unisce anime diverse, ma se poi continua a battere su un argomento fortemente indigesto ai tuoi alleati, c'è qualcosa che sfugge. Anche perché da un lato Salvini dice che la richiesta che lui torni al Viminale viene dal suo partito e lui l'ha riferita per rispetto verso i suoi, dall'altro non frena il suo attivismo, come ha fatto anche ieri sera quando, ospite di Vespa, in cinque minuti ha parlato dell'universo mondo, ben sapendo che ci sono i paletti del rispetto verso gli altri ministri - per non parlare della presidente del Consiglio - che impediscono invasioni di campo, che solo in parte possono essere giustificate dalla doppia veste di vicepremier e segretario di partito.
Ma, dentro la Lega, c'è chi, a differenza di altri, parlando del ministero degli Interni, non ne fa una questione di nomi. Come ha fatto Claudio Durigon, braccio destro di Salvini, dicendo che la specificità del Viminale impone oggi che a guidarlo sia la politica.
Cioè, Piantedosi è bravo e pure simpatico, ma è tempo che la politica si riappropri di un ministero delicato come quello degli Interni. Meno sostenibile è un passaggio delle dichiarazioni di Durigon, quando ricorda le vicende giudiziarie di Salvini, che ne è uscito indenne, e che impongono un risarcimento.
Un ragionamento che difficilmente potrebbe attecchire negli altri partiti della maggioranza, ricordando chi faceva parte del governo Conte 1 (loro no).