La più recente ''era d'oro'' della Lega ha coinciso con Matteo Salvini al Viminale, quando poi, travolto da una talmente alta considerazione di sé stesso da perdere il contatto con la realtà, fece salire il livello della sua ambizione sino a chiedere agli italiani di dargli i pieni poteri.
Osservatorio politico: tra Viminale e guerra all'Ue, Salvini gioca con il fuoco
Formuletta che è già insidiosa di suo, ma che in bocca a lui assunse una interpretazione che fece paura a molti. L'uomo che guidava la ruspa e che voleva guidare Palazzo Chigi alla testa di una flotta di bulldozer fu sconfitto dai fatti. Una cosa che non ha mai accettato, accreditandosi delle qualità necessarie a fare il capo di tutti e non solo della Lega.
Questa idea è tornata prepotentemente a fare breccia nella sua testa, inserita in un contesto di protagonismo che ormai spazia in ogni campo e che, soprattutto, lo vede attivissimo in politica internazionale.
Anche se, questo dovrebbe ammetterlo anche lui, in un ambito circoscritto all'area sovranistico-patriota e a quella dell'America di Trump. Ma a lui poco importa, basta parlare.
Ma, alzando l'asticella dei suoi desideri, ora Salvini è uscito allo scoperto, come ha fatto quando, mascherandosi dietro una precisa richiesta del suo partito, ha reclamato in modo ufficiale la delega agli Interni, dicendosi di volere diventare la forza più importante della coalizione di governo.
Una simile richiesta, che sarebbe irrispettosa per chiunque sieda al Viminale, lo è ancora di più se si pensa che il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, suo stretto collaboratore un tempo, gode della stima e dell'apprezzamento di Giorgia Meloni, ma anche di Forza Italia, il cui ruolo all'interno della coalizione Salvini spesso cerca di marginalizzare, tentando di limitare solo alla Lega e a Fratelli d'Italia il ruolo di motore del governo.
Chiedere il Ministero degli Interni, poi, come investitura divina e non dando una motivazione politica o legata ai risultati di Piantedosi, fa sembrare Salvini come il bambino capriccioso che frignando chiede il leccalecca mentre la mamma glielo nega, temendo per la salute dei suoi denti.
Perché ogni richiesta ha in sé un fondamento se ne si dà una spiegazione.
Chiedere il Viminale e non dire il perché, anche solo formalmente, è un modo che allargare il solco che già esiste tra la Lega e il resto della coalizione, che comincia a mostrare insofferenza per un alleato che ormai va per fatti suoi, mettendo la premier in una situazione difficile, soprattutto nei confronti dell'Europa, ma anche degli Stati Uniti.
Perché Salvini, con la sue iniziative, non certo concordate con Giorgia Meloni, sta cercano di precostituire un rapporto privilegiato con l'Amministrazione Trump, al punto di giustificarne le mosse che, in politica commerciale, potrebbero provocare lo sconquasso per molte aziende italiane.
La corda che Salvini sta tirando non reggerà all'infinito, perché i suoi atteggiamenti potrebbero spingere - come già qualcuno in Forza Italia pensa - verso una crisi di governo che, in questo momento, sarebbe dura da fare digerire al Paese.
Pensare oggi di richiamare gli italiani alle urne il prossimo anno scatenerebbe, da oggi al 2026, una corsa ad accaparrarsi le rendite di posizioni migliori, con le conseguenze immaginabili dentro l'esecutivo.
Ma siamo sicuri che Giorgia Meloni dia la possibilità a Matteo Salvini di andare avanti per la sua strada senza sfidarlo prima al voto?