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Tratta dei minori, allarme Onu: +31% le vittime accertate

Redazione
 
''Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la Terra”. Queste parole di Gianni Rodari ci ricordano quanto sia insopportabile il dolore dei più piccoli, che troppo spesso si perde nell’indifferenza del mondo adulto.
Un peso reso insostenibile da un fenomeno che l’ONU definisce, senza mezzi termini, come una moderna forma di schiavitù: la tratta di esseri umani. Un crimine che colpisce in modo sproporzionato i bambini, specialmente in un’epoca in cui povertà, conflitti e cambiamenti climatici li rendono ancora più esposti.

Tratta dei minori, allarme Onu: +31% le vittime accertate

Secondo il Rapporto Globale sulla tratta di persone 2024, il fenomeno ha visto una crescita allarmante, con il numero di vittime accertate nel 2022 in aumento del 25% rispetto al 2019.
Tra i minori, i dati sono ancora più drammatici: +31% di vittime accertate e un inquietante +38% tra le ragazze. Il rapporto dell’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine) rivela che nel periodo 2020-2023 sono stati documentati oltre 200.000 casi di tratta, con vittime di 162 nazionalità diverse. Questa moderna schiavitù assume molte forme: dallo sfruttamento sessuale al lavoro forzato, dall'accattonaggio obbligato al traffico di organi. Tra le vittime minorenni, le ragazze sono particolarmente vulnerabili: il 60% di loro è destinato allo sfruttamento sessuale, un’esperienza devastante che lascia ferite psicologiche e fisiche difficili da rimarginare. I ragazzi, invece, sono più spesso impiegati in lavori forzati o obbligati a mendicare. In alcuni casi, la tratta assume contorni ancora più agghiaccianti, come il prelievo forzato di organi.

''Mentre i conflitti e i disastri climatici intensificano le vulnerabilità globali, ragazze e ragazzi rappresentano ora il 38% delle vittime identificate della tratta di esseri umani'', ha affermato Ghada Waly, direttore esecutivo dell’UNODC.
La tratta non conosce limiti geografici. L’Africa, secondo il rapporto, è il principale continente di origine delle vittime, con il 31% dei flussi transfrontalieri rilevati. Tuttavia, nessuna regione del mondo è immune. Gli Stati più colpiti sono spesso quelli con sistemi di protezione sociale fragili o in cui i conflitti e la crisi climatica rendono impossibile garantire la sicurezza dei più vulnerabili. La schiavitù sessuale è forse la forma più nota di tratta, ma il lavoro forzato sta crescendo a ritmi preoccupanti. Tra il 2019 e il 2022, il numero di vittime accertate per lavoro forzato è aumentato del 47%, arrivando a rappresentare il 42% del totale dei casi di tratta. Questo sorpasso storico rispetto ai casi di sfruttamento sessuale, che si fermano al 36%, evidenzia un cambiamento nelle modalità operative delle organizzazioni criminali. Tuttavia, nonostante questa crescita, le condanne per lavoro forzato restano esigue: appena il 17% rispetto al 72% legato alla schiavitù sessuale. Anche altre forme di sfruttamento stanno aumentando. La tratta a fini di criminalità forzata – come furti, accattonaggio obbligato o truffe online – è passata dall’1% dei casi nel 2016 all’8% nel 2022.

''Questi crimini sono difficili da identificare e ancora più complessi da perseguire''
, ha spiegato Ilias Chatzis, capo della sezione sulla lotta alla tratta presso l’UNODC. Secondo il rapporto, una parte significativa delle vittime minorenni sono bambini non accompagnati, particolarmente esposti al rischio di sfruttamento durante i viaggi migratori. Questi minori spesso spariscono dai radar delle autorità, finendo nelle mani dei trafficanti. La tratta a fini di sfruttamento sessuale, che colpisce principalmente le ragazze, è particolarmente diffusa in contesti di conflitti armati, dove le istituzioni sono fragili o inesistenti. I ragazzi, invece, vengono utilizzati per lavori forzati nei settori agricolo, minerario o edilizio, spesso in condizioni di pericolo estremo. C’è poi il traffico di organi, una delle forme più crudeli di sfruttamento. Non esistono dati ufficiali globali, ma le stime indicano un mercato sommerso in cui i corpi dei più vulnerabili diventano merce.

Non è solo una tragedia umana, ma anche un business globale che genera profitti enormi. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), quasi 28 milioni di persone vivono oggi in condizioni di schiavitù moderna, un mercato che produce più di 235 miliardi di dollari all’anno. Questi numeri, già impressionanti, nascondono una realtà ancora più cupa: la maggior parte delle vittime non viene mai identificata, e i trafficanti operano spesso nell’impunità perché, come spiega il rapporto, la risposta della giustizia penale è spesso insufficiente, soprattutto nei Paesi più colpiti. Uno scenario inquietante, che secondo l’UNODC deriva principalmente dalla crescente instabilità globale: conflitti e cambiamenti climatici in primis, che hanno costretto milioni di persone a lasciare le loro case, creando un’enorme massa di sfollati vulnerabili. I numeri sono impietosi: un miliardo di bambini, quasi uno su due nel mondo, è esposto a rischi estremi causati dal cambiamento climatico, secondo l’UNICEF. Di questi, 400 milioni vivono in zone colpite da uragani, 570 milioni da inondazioni, 820 milioni da ondate di caldo estremo e 920 milioni affrontano una cronica scarsità idrica.

Che fare, dunque? La sfida è complessa, e sicuramente richiede azioni coordinate a livello internazionale. La prevenzione, la protezione delle vittime e la persecuzione dei criminali sono i tre pilastri su cui si basa l’intervento delle Nazioni Unite. Su tutto, è necessario affrontare le cause profonde della tratta: la povertà, l’instabilità politica e i cambiamenti climatici. Senza un’azione concreta per ridurre le disuguaglianze globali e proteggere le popolazioni più vulnerabili, saranno sempre i bambini a pagare il prezzo più alto. Questo non è solo un fallimento morale, ma una perdita irreparabile per l’intera umanità. Ogni bambino sfruttato, ogni vita spezzata rappresenta un futuro che non si realizzerà, un talento che non potrà contribuire al progresso della società, e una ferita profonda che impoverirà per sempre la coscienza collettiva del nostro tempo.
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