Al centro dell’attenzione dei media mondiali gli Stati Uniti, con l’ex direttore dell’FBI James Comey finito sotto accusa per false dichiarazioni e ostruzione di un procedimento congressuale. In particolare, la CNN sottolinea come la vicenda segni un salto di qualità nell’uso politico della giustizia da parte del presidente Donald Trump, che non si limita più a invocare indagini sui propri avversari, ma ottiene di fatto che il Dipartimento di Giustizia agisca in linea con le sue richieste.
World Media Headlines: l’ex numero uno dell’FBI James Comey incriminato negli USA
La rete americana parla di un’accelerazione “vertiginosa” nella concentrazione del potere nelle mani del presidente, che nelle ultime settimane ha rimosso ostacoli interni, imposto la lealtà ai suoi fedelissimi e colpito chiunque si opponesse alla sua agenda. Secondo la CNN, il caso Comey rappresenta il culmine di una campagna di ritorsione a lungo inseguita da Trump. L’ex direttore dell’FBI è stato a lungo nel mirino del presidente, che già durante il suo primo mandato lo accusava di aver orchestrato indagini contro di lui, in particolare sull’ingerenza russa nelle elezioni del 2016.
Stavolta però, osserva la CNN, non si tratta solo di dichiarazioni politiche: l’incriminazione è arrivata dopo che Trump aveva forzato le dimissioni del procuratore che si era opposto all’atto d’accusa e aveva nominato un lealista nel distretto della Virginia orientale, pronto a portare avanti il caso. La mossa ha suscitato reazioni immediate. Ty Cobb, ex consigliere legale di Trump, ha parlato alla CNN di “giorno tragico” e ha definito il procedimento un “atto vendicativo e selettivo”, che mette a rischio l’intero stato di diritto negli Stati Uniti.
Sullo stesso solco si muovono le analisi della BBC, che evidenzia come il muro di separazione tra Casa Bianca e Dipartimento di Giustizia, considerato per decenni sacro e intoccabile da presidenti di entrambi i partiti, sia ormai “crollato del tutto”. Laurie Levinson, ex procuratore federale e docente di diritto, ha dichiarato alla BBC che è senza precedenti che un presidente ordini esplicitamente al proprio entourage di incriminare un individuo per ragioni personali.
La BBC ricorda inoltre come Trump sia intervenuto più volte sulla sua piattaforma Truth Social per sollecitare procedimenti penali contro avversari politici ben identificati: non solo Comey, ma anche il senatore democratico Adam Schiff e la procuratrice generale di New York Letitia James. Pochi giorni prima, un procuratore federale in Virginia aveva rassegnato le dimissioni per non rischiare il licenziamento dopo il rifiuto di incriminare James, ed è stato sostituito da un assistente della Casa Bianca, Lindsey Halligan, privo di esperienza specifica come procuratore federale ma pronto a portare avanti il caso contro Comey. Gli osservatori legali restano divisi.
Secondo Annemarie McAvoy, esperta della Columbia University intervistata dalla BBC, i pubblici ministeri potrebbero disporre di prove documentali e testimonianze credibili per costruire un caso concreto, mentre altri analisti parlano di una chiara “giustizia vendicativa”. L’avvocato di Comey, intanto, ha respinto le accuse e ha dichiarato che il suo assistito attende con fiducia il processo. Un eventuale dibattimento, però, riaprirebbe inevitabilmente il dossier sull’inchiesta russa, con il rischio di trasformare accuse relativamente marginali in un terreno di scontro politico molto più ampio.
Intanto, un’altra notizia riportata dalla CNN agita il quadro internazionale: Ghazi Hamad, dirigente di Hamas, ha difeso gli attacchi del 7 ottobre contro Israele definendoli un “momento d’oro” per la causa palestinese. Le sue parole, pronunciate a Doha dopo essere scampato a un raid israeliano, hanno messo in luce la convinzione che l’azione abbia smosso l’opinione pubblica mondiale, portando a una condanna più diffusa dell’operazione israeliana a Gaza e al riconoscimento dello Stato palestinese da parte di vari Paesi. Tuttavia, la dichiarazione stride con il drammatico bilancio umanitario nella Striscia, dove decine di migliaia di civili sono rimasti uccisi sotto i bombardamenti. In questo scenario già teso, il Guardian riporta una nuova posizione assunta da Trump sul conflitto mediorientale. Il presidente ha dichiarato che non permetterà a Israele di annettere la Cisgiordania, rigettando le richieste di alcuni settori dell’estrema destra israeliana.
“Non lo permetterò, non accadrà”, ha detto, aggiungendo che è giunto il momento di fermare ogni ipotesi di espansione. Parole pronunciate mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu si apprestava a intervenire alle Nazioni Unite e che, secondo osservatori citati dal Guardian, confermano come ogni decisione strategica di Israele debba passare per il via libera americano. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno presentato un piano di pace in 21 punti per il Medio Oriente, con l’obiettivo di porre fine a una guerra che dura ormai da quasi due anni. Il Guardian ricorda i numeri drammatici: oltre 65.000 palestinesi morti, per lo più civili, accanto alle 1.200 vittime israeliane dell’attacco di Hamas nel 2023. Una tragedia che ha attirato condanne globali e che ha aggravato la crisi umanitaria nella Striscia, dove un osservatorio delle Nazioni Unite segnala condizioni di carestia in ampie aree.