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Aggressivo, volgare, offensivo: Salvini tornato in modalità Capitan Fracassa

Redazione
 
Aggressivo, volgare, offensivo: Salvini tornato in modalità Capitan Fracassa

C'è modo e modo di fare politica. Quello scelto da Matteo Salvini si adatta al momento storico e, quindi, quando ne ravvisa la necessità, cambia registro, passando dall'indossare i panni dello statista (quando dà ecumenicamente lezioni di stile e di comportamento a tutti) a quelli dell'incendiario.

Aggressivo, volgare, offensivo: Salvini tornato in modalità Capitan Fracassa

Come ha fatto a Bari, cogliendo al volo l'occasione della kermesse elettorale del centro-destra, alla presenza quindi di tutti i vertici dei partiti dell'alleanza, per mostrare il suo aspetto più truce, quello che, se questi sono segnali importanti, intende avere per il resto della legislatura, per fermare la parabola discendente - in termini di consenso - della Lega e sua personale.

E lo potrebbe fare cavalcando l'estremismo delle idee.
Per questo non sorprende più di tanto che, dal palco, si sia lanciato in una serie di invettive che hanno coinvolto tutti coloro che non danno credito a lui come ministro delle Infrastrutture, ma anche, indirettamente, rivolte a chi dovrebbe vegliare sui ''sacri confini nazionali'' ed invece consente ad orde di immigrati clandestini di arrivare in Italia.

È, la sua, una lettura delle vicende del Paese perfettamente in linea con un credo secondo il quale più si strepita, più ci si fa sentire e, quindi, maggiori possibilità ci sono di andare a scovare qualche voto in più. Che però non si sottrae agli avversari, ma che si deve andare a cercare nell'orticello degli alleati, che oggi guardano con qualche fastidio il rinnovato spirito barricadero di Salvini.
Ma un conto è dire e urlare, genericamente, contro il ''nemico'' che viene dall'esterno, un altro è cadere nell'insulto, nella volgarità, in una generalizzazione che rischia di precipitare nel razzismo.
Esageriamo?

Vorremmo, con tutta la sincerità, perché parliamo di un uomo che rappresenta lo Stato, ma che lo fa dimenticando d'essere un rappresentante delle istituzioni che, sebbene da un palco ''privato'' in quanto partitico, non può chiedere agli immigrati che non si assimilano alla nostra cultura di ''togliersi dalle palle'', quale che sia il proprietario degli attributi di cui sopra , che non è necessariamente lo stesso Salvini, che dovrebbe ricordare di essere parte di una coalizione e non un ministro dell'Interno in pectore, per come si ritiene da sempre.

Che l'immigrazione irregolare sa un problema è scontato, ma è sugli strumenti per contrastarla che uno statista non può permettersi di cadere nell'irrazionalità di quella che appare, o rischia di apparire, una questione di razza, ma, soprattutto in questo caso, di religione. Perché, lui, il vicepremier, capo di uno dei partiti di maggioranza, si è scagliato contro i musulmani e c'è da sperare che la sua generalizzazione sia stata esagerata e che invece si riferisca solo a chi vede e propala l'islam radicale.

Mettere tutto nel mucchio è cosa che può essere accettata dall'uomo qualunque, perché se a farlo è un politico e per di più di governo, il rischio è che non si tratti solo di una avvisaglia, ma di una precisa deriva simil-ideologica.

D'altra parte cosa aspettarsi da chi ha scritto, dopo l'elezione di Zohran Mamdani: "Primo sindaco islamico a New York. Nella città ferita l'11 settembre hanno scelto un primo cittadino socialista, pro Pal, pro gender che ha dichiarato che serve 'togliere fondi alla polizia', 'non dovrebbero esistere i miliardari' e nel 2021 aveva persino strizzato l'occhio all'abolizione della proprietà privata"?

Ora, sia chiaro, contestare un avversario politico è cosa normale, anche se meglio sarebbe farlo con modi e parole civili; meno è giustificare l'avversione ponendo, come prima discriminante dalla ''normalità'', l'essere musulmano, come se questi fosse una quasi patente di potenziale pericolosità.

È pur vero che dentro l'islam ci sono pulsioni estremistiche, ma non riguardano l'intera comunità e lo Stato, con il suo ordinamento, ha gli strumenti per difendere e difendersi, senza alzare barriere di religione o razza,
Ma l'uomo è questo e, nonostante la professione di perseguitato per la sua volontà di portare a definizione il progetto del ponte sullo Stretto, resta esponenti del governo, con prerogative, ma anche obblighi.

Come quello di andarci piano con i numeri e le promesse, come quella fatta ieri che l'opera darà un posto di lavoro a migliaia di giovani pugliesi. Ora, se le geografia non è una opinione così come la distribuzione demografica nelle singole regioni, resta ben difficile pensare che Sicilia e Calabria (con le loro spaventose sacche di disoccupazione giovanile) aspettino che a lavorare al Ponte vengano da fuori, sempre che il Ponte non abbia uno spin off da Bari a Messina...

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