Non ha nemmeno dato il tempo di asciugarsi all'inchiostro con il quale è stata scritta la sentenza della Cassazione che ne ha confermato l'assoluzione per la vicenda Open Arms: Matteo Salvini ha detto, a poche ore di distanza dalla decisione dei supremi giudici, che il suo sogno, dopo le elezioni del 2027, è quello di tornare a guidare il Ministero degli Interni, con il chiaro obiettivo di completare l'opera a sua tempo interrotta.
Salvini manda all'incasso la sentenza della Cassazione e mette nel mirino il Viminale
In una intervista a Rtl 102.5, Salvini ha detto testualmente: ''Se gli italiani ci risceglieranno nel 2027, sicuramente occuparmi di ordine pubblico, lotta alla mafia, gli spacciatori di droghe, i trafficanti di esseri umani è qualcosa che ho fatto con discreti risultati da ministro dell'Interno e potrei tornare assolutamente a fare''.
Una frase detta con il cuore che però forse Salvini poteva risparsi, per rispetto a chi oggi siede al Viminale, Matteo Piantedosi, che come ministro ha pari dignità rispetto al collega delle Infrastrutture.
Dire che si vuole tornare a fare il ministro dell'Interno, elencando le cose che intende fare, è implicitamente una critica all'oggi. Nel senso che quando dice di volersi occupare di spacciatori e trafficanti di esseri umani è che se affermasse che quello che sta facendo oggi Piantedosi può essere anche apprezzabile, ma che lui farebbe di meglio e forse anche di più.
A nessuno si può negare un sogno, ma quello di Matteo Salvini sembra essere diventata più che una speranza, una vera ossessione, forse ricordando con tenerezza il tempo in cui girava per l'Italia indossando la felpa di questo o quel corpo dello Stato.
Ma c'è un piccolo particolare: se si può chiedere, non è detto che si ottenga. Quindi, prima che Giorgia Meloni si ''liberi'' di Piantedosi - che le è sempre stato al fianco, talvolta facendosi carico di responsabilità non completamente sue - deve trovare o qualcosa da contestargli (e ad oggi non ce n'è) o di avere in cambio da Salvini garanzie sulla futura affidabilità.
Quella che oggi, ad esempio in politica estera e segnatamente nei rapporti con la Russia, non è che il segretario leghista abbia mostrando, andando spesso controcorrente rispetto alla linea della premier. Merché Meloni gli dica di sì Salvini dovrebbe avere un maggiore potere contrattuale, che significa più voti. E, ad oggi, non sembra proprio aria.