Economia

Hays Salary Guide 2025 : 8 aziende su 10 assumono, ma il 53% dei lavoratori vede poche prospettive di crescita

Redazione
 

Il mercato del lavoro italiano si prepara a un 2025 dinamico e ricco di opportunità, ma anche di sfide per aziende e lavoratori. Insoddisfatti nel 40% dei casi (soprattutto donne e over 50), con basse prospettive di carriera e tanti (ben il 51%) pronti a cambiare lavoro per mancanza di opportunità future, stipendio basso (anche se in leggera crescita) e ruolo poco stimolante. Cambiare società è la strada principale per poter guadagnare di più. I benefit sono sempre più importanti nella scelta di un lavoro, insieme a progetti stimolanti, all’ambiente lavorativo e al lavoro agile (irrinunciabile).

Salary Guide 2025: 8 aziende su 10 assumono, ma il 53% dei lavoratori vede poche prospettive di crescita

Cresce l’attenzione per il benessere mentale, ma non è ancora una pratica diffusa e integrata nella cultura aziendale, mentre le tecnologie o gli strumenti di IA Generativa non sono più un tabù ma una grande opportunità, soprattutto per i giovani. Il work life balance è prioritario, dato che il 45% dei lavoratori si è trovato in difficoltà nella gestione della famiglia a causa del lavoro. La diversità generazionale? Cade la storica rivalità tra giovani e senior, trasformandosi in valore aggiunto. Grazie alla diversità di prospettive, questa diversità diventa un asset strategico in grado di migliorare le performance dell’azienda. È questa, in sintesi, la fotografia emersa dal report annuale Hays Salary Guide 2025 presentato oggi da HAYS Italia durante un evento dedicato, che ha l’obiettivo di monitorare i principali trend del mercato del lavoro in Italia per l’anno 2024 e le aspettative per il 2025. L’indagine è stata condotta su un campione di circa mille intervistati tra colletti bianchi e aziende. All’evento hanno partecipato, tra gli altri, Alessandro Rosina, Professore di Demografia e Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano, Nicola Iacopelli, CEO di Bee It, e Silvia Wang, CEO e Co-founder di Serenis.

“Dal sondaggio emerge una situazione complessa e ricca di sfide - commenta Carlos Manuel Soave (nella foto), Managing Director di Hays Italia –. Da un lato, è incoraggiante vedere che l'81% delle aziende sia pronto ad assumere, con una forte preferenza per contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, la bassa soddisfazione dei lavoratori e la loro propensione a cambiare lavoro indicano la necessità di un ripensamento delle strategie aziendali. La carenza di competenze e la difficoltà a trattenere il personale sono ostacoli significativi che le imprese devono affrontare, investendo maggiormente in ambito HR. Inoltre, l'adozione crescente di tecnologie di IA Generativa rappresenta un'opportunità per migliorare l'efficienza e l'innovazione. Per eccellere e distinguersi sul mercato, è fondamentale creare un ambiente lavorativo stimolante e adeguato, che valorizzi la diversità generazionale e offra opportunità di crescita professionale.”

L’indagine evidenzia innanzitutto che la carenza di competenze e la difficoltà a trattenere il personale sono i principali ostacoli per la crescita delle imprese. Nel 2024 quasi 6 aziende su 10 hanno dichiarato di aver aumentato il proprio organico e per il 2025 più di 8 su 10 hanno intenzione di assumere soprattutto figure con contratto a tempo indeterminato (68%). In questo contesto positivo le imprese devono però scontrarsi con alcune criticità che limitano il raggiungimento dei loro obiettivi strategici, tra cui la carenza di competenze (per il 15%) e la difficoltà a trattenere il personale, indicata dal 19% degli imprenditori e manager. La figura più difficile da ricoprire è senza dubbio il livello intermedio (per il 57% delle aziende), mentre a livello generale le aziende indicano come cause principali della carenza di competenze la mancanza di formazione e di sviluppo professionale (39%), il calo di professionisti che entrano nel mercato del lavoro nel loro settore (36%) e i bassi livelli retributivi (34%). Come si stanno organizzando le imprese? Per superare questi ostacoli, nel 2025 ben l’85% delle aziende è pronta a investire in ambito HR con programmi di formazione per i dipendenti (41%), adottando misure per trattenere i talenti (40%) e adattando le proprie strutture organizzative (31%).
Nel 2024, 6 lavoratori su 10 si ritengono soddisfatti, in linea con lo scorso anno, anche se i totalmente felici rappresentano solo una minima parte (l’8%).

Dall’altro lato, però, ci sono 4 lavoratori su 10 che vivono una situazione di “malessere”. Un esercito composto da milioni di lavoratori (perlopiù donne e over 50) pronto a trovare strade alternative. Per il 2025 ben il 51% prevede di lasciare la propria società per un’altra (47%) o per mettersi in proprio (4%), soprattutto per mancanza di opportunità future (per il 44%), stipendio basso (43%), ruolo poco stimolante (32%) e c’è anche chi indica tra le cause il proprio manager (19%). In aggiunta, più della metà del campione è convinto che all’interno della propria azienda non ci sia una reale possibilità di poter crescere. I più critici sono gli over 50 (74%), “quasi” rassegnati e che vedono come unica ancora di salvezza il cambio di lavoro. Per i lavoratori la retribuzione è importante, ma quando si considera un nuovo lavoro non è l’unico aspetto. E così rispetto allo scorso anno il pacchetto benefit diventa in assoluto il più apprezzato, indicato da ben il 49% degli intervistati. Seguono i ruoli e i progetti stimolanti (43%), un ambiente lavorativo adeguato (43%), lo smart working (42%) e la crescita professionale (38%). Le aziende hanno capito l’importanza dei benefit come strumento HR, tanto da diventare il fattore più importante per attrarre e trattenere il personale (per il 61% delle imprese), molto più delle iniziative di sviluppo della carriera. Quali benefit ricevono i lavoratori e quali sono i più apprezzati? Attualmente quasi 7 professionisti su 10 hanno dichiarato di ricevere dei benefit che riguardano principalmente i buoni pasto, lavoro flessibile, assicurazione sanitaria o copertura medica privata. Ma quali sono i più apprezzati? Ai primi posti troviamo lo smart working (per il 53%), l’auto aziendale (46%) e l’assicurazione sanitaria o copertura medica privata (35%). Da notare come per i giovani e le donne è più importante il lavoro agile, mentre gli over 50 puntano all’auto aziendale.

Per guadagnare di più la strada principale è quella di cambiare azienda. Nel 2024, lo stipendio medio annuo lordo (RAL) dei colletti bianchi, secondo un'analisi condotta da Hays Italia, si attesta intorno ai 56.000 €, registrando un aumento del 3,7% rispetto al 2023. I compensi variano significativamente a seconda delle posizioni: Junior/Specialist (35.000 €), Senior Specialist/Coordinator (58.000 €), Manager (70.000 €), Director (78.000 €) e C-Level (98.000 €). Tra i settori più remunerativi troviamo Life Sciences con una RAL media di circa € 71.700 e Banking con una RAL media di circa € 69.800. Seppure i dati a livello generale siano in leggera crescita, secondo molti lavoratori (57%) l’attuale stipendio non è adeguato alle responsabilità che ricoprono e oltre 4 professionisti su 10 (43%) continuano a essere insoddisfatti della propria situazione economica. Nel 2024, infatti, più della metà del campione intervistato non ha ricevuto alcun aumento retributivo e per il 2025 il 63% non si aspetta un incremento.

I più fortunati, invece, hanno visto crescere la busta paga principalmente perché hanno cambiato lavoro (per il 32%), solo il 21% per prestazioni individuali e il 20% per promozioni. Un messaggio ben compreso dai lavoratori: per guadagnare di più si deve cambiare azienda. Come si stanno orientando le società per il 2025? Se per il 42% delle aziende non ci saranno politiche retributive aggiuntive, per il 55% sono previsti aumenti, ma contenuti (la maggior parte entro il 5%).

C’è poi il capitolo intelligenza artificiale, che si sta affermando sempre più nel mondo del lavoro. La quota di professionisti che dichiara di utilizzare tecnologie o strumenti di IA Generativa è passata dal 20% del 2023 a ben il 43% nel 2024, con punte che arrivano al 58% tra i più giovani, convinti che possa portare vantaggi in termini di aumento della produttività e dell'efficienza, supporto nell'analisi dei dati, creatività e generazione di idee e riduzione dell'errore umano. Chi invece non si è ancora avvicinato all’utilizzo dell’IA sul lavoro indica come motivo principale la mancanza di comprensione, la formazione e la mancanza di competenze. Un gap che andrà colmato se si vuole essere competitivi, anche perché a oggi l’88% dei lavoratori ritiene di non aver ricevuto una formazione adeguata da parte dell’azienda, nonostante la maggior parte sarebbe disposta a partecipare a programmi di aggiornamento o riqualificazione. Anche la maggior parte delle imprese si dichiara favorevole: quasi 8 su 10, infatti, consentiranno ai dipendenti in futuro di utilizzare l’IA in ambito lavorativo, monitorandone però l’uso.

Un altro tema centrale è la diversità generazionale, sempre più vista come un valore aggiunto.Secondo il 74% del campione analizzato, si tratta di un asset positivo in grado di migliorare le performance dell’azienda, e ne sono convinti soprattutto gli over 65. Il principale vantaggio? La diversità di prospettive. Per comprendere i rapporti tra le diverse generazioni, abbiamo chiesto ai più senior (dai 45 anni in su) cosa pensano della Gen Z e viceversa. Il dato non è affatto scontato. Otto senior su dieci, infatti, ha un giudizio molto o abbastanza positivo dei giovani, attribuendo loro la capacità di portare “freschezza” all’interno dell’azienda, di avere una visione diversa e di introdurre idee innovative e creative. I detrattori, invece, seppur rappresentino la minoranza, mettono in evidenza la superficialità dei giovani e il fatto che il lavoro non sia ai primi posti tra le loro priorità. I giovani sono un po’ meno positivi (66%), ma ai più senior riconoscono una grande esperienza e vedono in loro figure da cui potrebbero imparare molto. I critici, invece, portano alla luce la mentalità poco flessibile e il poco adattamento al cambiamento, la scarsa apertura al confronto e la poca voglia di imparare dai più junior. Molti li definiscono “arcaici”. Per manager, imprenditori ed HR è importante quindi gestire i team multigenerazionali in modo adeguato, affinché le competenze e le esperienze di ciascuna fascia generazionale possano trasformarsi in un vantaggio competitivo per l’azienda stessa.

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