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Il profumo della sconfitta: cronaca olfattiva dal torneo di Rouen

Barbara Leone
 
Il profumo della sconfitta: cronaca olfattiva dal torneo di Rouen

Nel nobile tempio del tennis, dove si celebrano rovesci millimetrici e si sudano gocce di gloria, è accaduto l’impensabile. No, non stiamo parlando di un ace miracoloso né di una rimonta epica al tie-break. La vera protagonista del WTA 250 di Rouen è stata... la puzza. Proprio così: non la grinta, non l’eleganza del gioco, ma l’emanazione corporea. E che emanazione. A sollevare la questione, o sarebbe meglio dire a sollevare le narici, è stata Harriet Dart, tennista britannica nota per un gioco non esattamente profumato di vittorie.

Il profumo della sconfitta: cronaca olfattiva dal torneo di Rouen

Durante un incontro già compromesso sul piano del punteggio (6-0, 6-3, una debacle che definire netta è un atto di clemenza), la nostra eroina ha pensato bene di rivolgersi al giudice di gara con una richiesta che definire insolita è poco: “Dica alla mia avversaria di mettere del deodorante, per favore”. Con tanti saluti e baci al famoso fair play anglosassone, quel flemmatico equilibrio tra compostezza e cinismo, che in un attimo scivola dalla sobrietà alla stand-up comedy. È evidente che la Dart, colpita non tanto da un diritto incrociato quanto da un afrore ineluttabile, abbia preferito deviare l’attenzione dalla sua disfatta tecnica a un più impalpabile, ma pungente, nemico: il sudore altrui.

Ora, si potrebbe disquisire sul presunto superpotere olfattivo della signorina Dart, capace, a quanto pare, di percepire un afrore corporeo a distanza regolamentare, in un campo aperto e ventilato. Che si sia trattato di una folata malandrina, improvvisa e particolarmente velenosa? O forse, siccome siamo perfidi e malpensanti, ciò che aleggiava davvero intorno a lei era il tanfo inconfondibile della disfatta, quell’aroma amaro che nessuna doccia può lavare via, e che tende a ristagnare proprio lì, fra orgoglio ferito e palline sprecate? Dart, pentita come un’influencer beccata con Photoshop, ha poi affidato ai social le sue scuse: “È stato il calore del momento, me ne assumo la responsabilità.”

Peccato, verrebbe da dire, che il calore del momento fosse tutto in testa, non sotto le ascelle. Ma se la britannica ha perso l’aplomb, la francese Lois Boisson – vera vincitrice tanto del match quanto della faccenda – ha risposto con l’arma più elegante: l’ironia. Invece di indignarsi, ha pubblicato una storia sui social in cui, al posto della pallina da tennis, campeggiava un deodorante roll-on. Il tutto accompagnato da una richiesta gentile ma pungente: “Ehi Dove, che ne dite di uno sponsor?” Touché, mademoiselle. È la finesse francese, quella che ti colpisce con un sorriso e una GIF ben piazzata. E il marchio, per nulla sprovveduto, ha colto al volo la palla (anzi, il deodorante) al balzo, rispondendo con un laconico ma eloquente: “Odore di fiducia.” Voilà, il punto è servito.

Certo, la questione solleva anche interrogativi di natura sportiva e antropologica. È davvero così sorprendente che una tennista, sotto stress fisico ed emotivo, possa emanare una fragranza non esattamente da boutique? Si tratta, dopotutto, di atlete professioniste, il cui mestiere include lo sprint, il servizio e, inevitabilmente, la sudorazione. Pretendere che una partita si svolga nel profumo del mughetto e del tè Earl Grey è forse un filo ingenuo. O british, se preferite. E poi, diciamocelo: se l’effluvio fosse stato percepito con tale intensità in un campo da tennis, a una distanza minima di venticinque metri, cosa sarebbe accaduto in una lotta greco-romana? O, ancora peggio, in una sauna? Una storia, quella consumatasi nel rettangolo erboso di Rouen, che ricorda vagamente la vecchia barzelletta yiddish sull’insegnante che si lamenta col padre dell’alunno: “Isaac puzza, dovresti lavarlo”. “No, maestro. Isaac non ha bisogno di essere annusato, ha bisogno di essere istruito”.

Forse anche Harriet Dart, più che un deodorante altrui, avrebbe avuto bisogno di un coaching sull’autocontrollo. O, chissà, di un naso meno suscettibile. Intanto, tra una battuta e una doccia, il mondo del tennis si ritrova a discutere non di slice e volée, ma di zaffate e spray. L’episodio ci lascia con una certezza: lo sport, come la vita, è fatto di sudore. E a volte, la sconfitta puzza. Ma la classe, quella sì, non ha odore.

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