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Da Nove settimane e mezzo a Sei giorni e un disastro

 
Da Nove settimane e mezzo a Sei giorni e un disastro

Mickey Rourke ha segnato un record: fuori in sei giorni, e ci è pure sembrato lungo. Eh sì, perchè l’ex sex symbol, l’uomo che ci fece sospirare con una forchetta e una fragola negli anni Ottanta, oggi non reggerebbe nemmeno una cena di tre portate in un ristorante vegano. Mickey Rourke, il gladiatore decadente della virilità cinematografica, è stato gentilmente accompagnato alla porta (a calci metaforici, beninteso) dal Celebrity Big Brother UK dopo appena sei misere giornate di “convivenza” televisiva. Sei. Neanche una settimana. Altro che Nove settimane e mezzo: qui siamo al prequel, Sei giorni e un disastro. D’altronde, se chiami Mickey Rourke a un reality, cosa ti aspetti? Una lezione di galateo? Un simposio sulla comunicazione non violenta? Il problema, in fondo, non è lui. È chi lo ha chiamato, pagandolo pure profumatamente – si parla di 500mila sterline – per comportarsi esattamente come ha sempre fatto. Per poi scandalizzarsi come una zia dell’Ottocento al primo accenno di corsetto slacciato. Del resto Rourke, classe 1952, ha costruito la sua carriera su un solo pilastro: l’essere l’uomo che tua madre ti proibirebbe anche solo di immaginare. Era il maschio alfa postmoderno, con sigaretta penzolante, pugni serrati e sguardo da boxer triste (in tutti i sensi). E ora, a più di settant’anni, sembra uscito da un sequel di The Wrestler, ma scritto da Woody Allen sotto Xanax. Cacciato per “comportamenti inappropriati e linguaggio offensivo”, Mickey ha collezionato ammonizioni come figurine Panini. Ha cominciato con JoJo Siwa, giovane icona LGBTQ+ e probabile reincarnazione di un arcobaleno. Quando lei ha spiegato di avere una compagna non binaria, lui ha sfoderato la battuta da bar più stantia del secolo: “Se rimango più di quattro giorni, non sarai più gay”. Che poi Mickey, ti informiamo con affetto che i tempi sono cambiati: oggi il massimo dell’erotismo è una safe word e un consenso firmato in triplice copia. E se pensavate che la situazione fosse già sufficientemente grottesca, ecco spuntare Bella Thorne a versare benzina sulla farsa. La ex star Disney ha raccontato, via Instagram (il Tribunale Internazionale dell’Indignazione), un episodio da film horror durante le riprese del film Girl del 2020. Dove, a quanto pare, Mickey avrebbe confuso il copione con un tutorial su “Come perdere un processo per molestie in 10 mosse”. Scena prevista: smerigliatrice sulla rotula. Risultato: smerigliatrice su… zone sensibili, jeans compresi. Lividi e trauma in omaggio.

Ora, lasciamo per un attimo l’ironia. Questo è il punto in cui il grottesco lascia spazio al cupo. Se il racconto è vero, non siamo di fronte a un divo caduto in disgrazia, ma a un professionista che da anni avrebbe dovuto essere allontanato dai set, non premiato con mezzo milione di sterline per entrare in una casa con ventenni. Che poi, diciamolo: chi lo ha messo lì non cercava certo un dibattito sul rispetto reciproco. Volevano il Rourke spaccone, il maschio tossico da museo, e quando l’hanno avuto si sono messi a fare gnegne gridando allo scandalo. Ipocrisia, chiamasi. Il momento clou della sua permanenza nella casa – se così si può chiamare – è stato lo scontro con Chris Hughes, conduttore sportivo dallo sguardo evidentemente troppo eloquente. Rourke, sentendosi mancare di rispetto (o forse infastidito da un sopracciglio alzato con troppa grazia), avrebbe reagito con una raffica di parole che definire “minacciose” è come chiamare Godzilla “un animaletto domestico vivace”. Risultato: la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma a questo punto, il vaso era più che altro un secchio pieno di bile, testosterone rancido e cliché da maschio alfa del 1983. La produzione, probabilmente già in riunione permanente con il team legale, ha deciso di chiudere la farsa. E lui, con la nonchalance di chi ha già rovinato una ventina di carriere (inclusa la propria), ha accettato di andarsene. Fine del sipario, senza applausi.

Il paradosso però c’è, ed è questo: produci un reality dove l’unico requisito è comportarsi male – e possibilmente farlo davanti a una telecamera – e poi fingi stupore quando qualcuno rispetta il contratto non scritto. Infondo Mickey Rourke ha semplicemente interpretato la parte per cui è stato pagato: quella della star fuori tempo massimo, del relitto sexy divenuto relitto e basta. È come ingaggiare un piromane e poi lamentarsi perché ha dato fuoco al barbecue. E adesso? Il suo compenso potrebbe essere tagliato. Lo scandalo è ovunque. Bella Thorne chiede giustizia. JoJo Siwa respira. Il pubblico si indigna, come se tutto ciò non fosse stato previsto da mesi nei piani di produzione. E Mickey? Lui probabilmente se ne andrà con un paio di occhiali da sole enormi, un cappello da cowboy e una dichiarazione stampa in caps lock che inizia con “Hollywood è una fogna” e finisce con un solo epilogo: dalla fragola al frullato. Perché se un tempo Mickey Rourke leccava dita altrui in cucina come forma d’arte erotica, oggi,sembra più adatto a un episodio di Cucine da incubo, versione geriatrica. Il tempo passa per tutti, certo. Ma se decidi di sfidarlo con la delicatezza di un martello pneumatico e l’eleganza di una catena da motociclista, non puoi poi lamentarti se la realtà ti restituisce un conto salato e un biglietto di sola andata fuori dallo showbiz. La verità è che in sei giorni il povero Mickey ha fatto più danni di quanti alcuni riescano a fare in una vita. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: in questo senso è un vero talento. Autodistruttivo, certo, di quelli che implodono su sé stessi e pretendono pure di essere applauditi. Ma almeno ci ha fatto ridere. E in tempi di reality pilotati e star di cartapesta, anche una caduta così fragorosa ha il suo fascino. Quasi poetico. Quasi.

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