Politica

Regionali Umbria: sul voto aleggia il profumo di tartufo...

di Demetrio Rodinò
 
Se è vero che, alla recentissima asta che si tiene ad Alba, un esemplare di due tartufi gemelli è stato venduto al prezzo di 154 euro al grammo (e siccome di grammi ce n'erano 905, il ''pezzo'' è andato via, in direzione Hong Kong, per 140 mila euro), si capisce bene come per accaparrarsene qualcuno c'è chi offre una fortuna.

Il giro d'affari è quindi importante e per sostenerne questa industria le Regioni fanno tanto. Qualche volta, però, mettendo da parte la prudenza che dovrebbe presiedere alle attività di chi regge la cosa pubblica e che per questo deve pensarci tanto prima di prendere qualche decisione.

Ma, non essendo questa una rubrica di gastronomia, qualcuno si chiederà perché ci interessiamo di tartufi.

Per il semplice motivo che se ne sta parlando tanto in Umbria, dove si vota domenica e lunedì per eleggere il presidente e, ai nastri di partenza, c'è quella uscente, la leghista Donatella Tesei.

Regionali Umbria: sul voto aleggia il profumo di tartufo...

E quindi?

Quindi c'è da fare qualche considerazione in merito alle decisioni che la giunta Tesei ha preso e le loro conseguenze.

La decisione di cui parliamo è relativa ai sostegni regionali all'industria legata al tartufo, che in Umbria è importante. La Giunta, esattamente due anni fa, dispose, sulla base di un bando, che dai fondi regionali fossero tirati fuori dieci milioni e 700 mila euro da destinare alle cinque aziende vincitrici. Tutto normale, perché è questo che fa una Regione degna di questo nome.

Ma, quando il diavolo ci mette la coda...


A scatenare la polemica (ma come vedremo anche l'interesse della magistratura) c'è stato il clima in cui è maturato questo appalto. Perché tra i destinatari dei fondi c'é la Urbani Tartufi, leader mondiale di questo settore. E anche qui nessun problema, se non fosse che uno degli assessori regionali è Paola Urbani Agapiti.

Urbani è il cognome del marito, Gianmarco, guarda caso il patron della Urbani Tartufi.

Nella certezza che il comportamento dell'assessore Urbani Agapiti sia stato corretto, sia dal punto di vista formale che da quello morale , per rendere chiaro il quadro bisogna aggiungere un altro particolare che riporta ancora alla Urbani Tartufi che, crediamo nel rispetto di graduatorie e quant'altro, ha assunto il figlio della presidente della giunta regionale. Sospetti? Malumori? Cattivi pensieri? Li lasciamo ad altri

Prima che il governo decidesse di privare il codice penale del contributo legato alla lettera del reato di abuso d'atti d'ufficio, la procura della Repubblica di Perugia aveva avviato una indagine che, di conseguenza, è stata archiviata dal Gip, che altrimenti non poteva fare. Anche se, per i magistrati inquirenti, nell'iter della pratica relativa ai finanziamenti, Tesei e Urbani Agapiti si sarebbero dovute astenere. Cosa che non hanno fatto.

Quindi, ci pare di capire, se non fosse stato cancellato il reato, le due amministratrici sarebbero probabilmente state raggiunte da una richiesta di rinvio a giudizio.

La replica di Donatella Tesei alle polemiche non s'è fatta attendere: ''in questi anni abbiamo aiutato oltre 10.000 aziende. Abbiamo finanziato imprese in questo settore e in tutti i settori. Abbiamo aiutato l'economia umbra a far fronte alla crisi del Covid e a uscirne più forte".

Tutto giusto, ma quel nome tra le società vincitrici non avrebbe dovuto indurre ad un minimo di accortezza?

Per la difesa dell'assessore Agapiti, manca la materia del contendere e, anche se ''fosse stata disposta l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, la originaria e provvisoria contestazione di reato elevata a carico della dottoressa Paola Agabiti sarebbe risultata del tutto infondata sul piano giuridico''.

Siamo certi che la difesa dell'assessore Agapiti sia nel giusto.

Ma la domanda è un'altra: quando ci si siede a sottoscrivere una delibera o un atto lo fa fa ad occhi bendati e non si guarda chi ne beneficia? Non parliamo solo dell'assessore, ma anche di chi, istruendo la pratica e vedendo che tra i nomi dei partecipanti alla gara c'era il nome di qualcuno che, seppure senza alcuna evidenza legale, poteva creare imbarazzo alla Giunta, non ha avvertito chi di dovere.
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