Galleria Vittorio Emanuele è uno dei tanti salotti bene di Milano, dove si va al braccio della moglie o del marito, a lanciare sguardi a vetrine e al resto dell'umanità, pensando che farsi vedere non è solo un modo per incontrare gente, ma soprattutto per riaffermare l'appartenenza a qualcuna delle tante categorie che animano il nostro mondo e la nostra società. La Galleria è stata teatro di una manifestazione di protesta dei ragazzi di Ultima generazione, che hanno preso di mira il ristorante di Carlo Cracco, come simbolo dell'opulenza che prende a schiaffi chi non ha molti soldi da spendere, neanche quelli necessari per quelle spese essenziali, come per il cibo, per le utenze, per la casa. Sono entrati, hanno srotolato uno striscione e hanno messo in atto, come sempre, una protesta che, se aveva qualcosa di violento, era limitato al contenuto delle loro recriminazioni. Delle quali si è fatta portavoce una giovane, che ha spiegato, parlando di come, con il costo di una cena ai tavoli di Cracco, lei ci paga l'affitto mensile di un posto per dormire, perché è una studentessa fuori sede. Una dei tantissimi che vivono (o sopravvivono) nelle città sedi di prestigiose università.
Il succo del suo grido di dolore sta tutto nella domanda che ha posto ai giornalisti che, alla notizia, sono arrivati in Galleria: è più importante un risotto d'autore o una bolletta pagata? Una domanda retorica con una risposta scontata, nel senso tutti, indistintamente, sono testimoni del dramma che quotidianamente troppi italiani vivono, nell'incertezza del presente e con la paura del futuro. Questa storia ne ricorda molte altre, quando le proteste, per avere eco, per raggiungere l'agognata visibilità, colpiscono la collettività, direttamente (come nel caso di blocchi stradali) o nella coscienza collettiva (i monumenti deturpati da vernici, che possono anche essere biodegradabili, ma si portano dietro danni non sempre riparabili).
Tornando al caso di Milano, sono giuste le proteste, ma scegliere per attuarle un luogo dove non si è costretti ad andare, ma è conseguenza di una scelta dettata anche dalla condizione economica che lo consente, sembra essere un gesto andato fuori bersaglio. Perché se le bollette arrivano, se andare al supermercato impone di scegliere non tra quello che piace o no, ma tra quello che puoi comprare o no, se il fitto di un posto letto è esorbitante, non è colpa di chi frequenta i ristoranti costosi, ma di un sistema - parlo della nostra politica - che preferisce rinchiudersi in sé stesso piuttosto che confrontarsi con i problemi che assediano gli italiani.
Con questo non vogliamo suggerire chissà cosa, ma solo che, prendendo dolorosamente atto che la situazione del nostro Paese non è forse ideale, come qualcuno vuole fare credere, occorre che le proteste siano rivolte, con civiltà e cercando di restare dentro le regole, verso chi ha il potere di cambiare le cose. Sempre che sia capace di farlo.