Politica

Perché la politica fa ricorso costante alla violenza verbale?

Redazione
 
Perché la politica fa ricorso costante alla violenza verbale?
Che mondo diverso sarebbe se gli avversari politici usassero moderazione nel loro linguaggio, che non è solo esplicitare il proprio pensiero, ma rischia di diventare il possibile innesco di una violenza verbale alla quale ci stiamo, purtroppo, abituando.
È ormai una costante della politica alzare i toni, senza nemmeno curarsi del fatto che ormai il clima è tale da fare temere non per il futuro della nostra democrazia (pensare ad un ritorno del fascismo, almeno nella forma di cui è stata vittima l'Italia, è solo un artificio per rendere incandescente la contesa politica), ma per il manifestarsi di fenomeni di protesta violenta.
Ormai dalla bocca dei nostri politici e governanti esce di tutto e spesso bisognerebbe interrogarsi se essi si rendano conto di quel che dicono.
Prendiamo il commento sulla sentenza della Corte costituzionale sull'autonomia differenziata che ha fatto il suo demiurgo, il leghista Roberto Calderoli, che è uomo d'esperienza e di equilibrio.

Il ministro ha detto che i supremi giudici, in merito alla legge, ne hanno confermato la costituzionalità, pur sottolineando di essa i molti punti che necessitano di una riscrittura in parlamento.
Calderoli ha dapprima pronunciato una frase scontata, ancorché di buonsenso, dicendo che la futura formulazione farà "tesoro degli indirizzi della sentenza" della Corte Costituzionale, per poi tracimare affermando che, dopo la nuova formulazione, "le opposizioni taceranno e mi auguro taceranno per sempre", che si è prestata ad una doppia interpretazione.
La prima è che la nuova legge sarà redatta in modo da obbedire agli appunti della suprema corte e quindi sarà inattaccabile da qualsiasi critica.
La seconda, che ha fatto insorgere le opposizioni, è che Calderoli ha voluto soffocare in culla qualsiasi futura contrapposizione da parte di chi avversa la legge, usando parole che sono apparse più una minaccia che una presa d'atto.

Quell'augurio sul "tacere per sempre" nella bocca di qualcuno che non avesse, come Calderoli, una lunghissima militanza politica, parlamentare e ministeriale, sarebbe suonata come una bestialità, frutto dell'ignoranza.
Con Calderoli il discorso deve essere posto su un piano diverso, perché a parlare è uno che viene considerato un maestro dei regolamenti d'aula e quindi aduso a confrontarsi con le parole. Dire di augurarsi che le opposizioni dovranno tacere per sempre non può essere un semplice auspicio, perché può essere interpretata con un attentato alla libertà di espressione e quindi di perseguire i suoi obiettivi di chi è contro la maggioranza.
Stesso ragionamento potrebbe essere fatto per il modo con il quale il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha commentato la stessa sentenza dei supremi giudici dicendo che il loro pronunciamento di fatto rende inutile il referendum abrogativo della legge sull'autonomia differenziata, cercando di depotenziare un istituto che non è previso dal regolamento della casa del guardasigilli, ma dalla Costituzione. Che, ricordiamo a noi stessi, non è un insieme di foglietti di carta dal contenuto ininfluente per la democrazia, ma la sua base fondante.

Ma che il clima sia deteriorato lo confermano altri episodi, uno dei quali ha come protagonista il presidente della Commissione Cultura alla Camera, Federico Mollicone, esponente di Fratelli d'Italia e il cui nome, al sorgere del governo Meloni, era stato fatto in alternativa a quello di Gennaro Sangiuliano.
Prendendo spunto da un articolo con il quale il giornalista di Repubblica Francesco Merlo esprimeva fortissime perplessità sul progetto che il Colosseo possa ospitare una riedizione dei combattimenti dei gladiatori, Mollicone non ha risposto usando la armi della retorica e della critica motivata, definendo "deficiente" l'editorialista.
E lui lo ha spiegato - con qualche sopracciglio inarcato sull'italianizzazione del verbo latino deficere - dicendo, in una dichiarazione: "Forse pensi di far ridere con l'ennesimo pezzo radical chic che trasuda elitismo, ma sei un 'deficiente' - ovviamente nel senso etimologico: defici della conoscenza storica dell'identità del Colosseo e del ruolo che la rievocazione ha nei luoghi archeologici e del suo utilizzo come forma di archeologia sperimentale, come nelle arene di Nimes e Lugdunum -".

Per poi aggiungere: "Immaginiamo il radical chic Merlo a compiacersi di fronte lo specchio, col suo sorriso beffardo, con i suoi editoriali dissacranti per colpire la destra, forse non potendo più brandire una chiave inglese come facevano negli anni '70 quelli di AutOp, ma con lo stesso odio".
Ora, tacendo delle motivazioni che pone alla base della sua "contro-critica", Mollicone ha preferito scendere sul piano dell'insulto e del messaggio subliminale (ma neanche tanto), paragonando Merlo ai "mazzieri" di Autonomia operaia, tacendo però sul fatto che gli anni Settanta vedevano anche violenza della destra.

Alle critiche, se lo si può fare, si risponde con argomenti, non con frasi vicine alla denigrazione.
Mollicone, peraltro, per colpire Merlo, ha usato un artificio oratorio di Giorgio Almirante che, in una Tribuna politica, gelò il suo interlocutore, che gli contestava non ricordiamo cosa, bollandolo come "ignorante", nel senso, disse subito, "che ignora". Ma un conto è definire qualcuno ignorante, un altro è usare il termine deficiente, che nell'accezione generale è un insulto pesante.
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