In un’Italia che rallenta, le piccole imprese corrono. O almeno, ci provano. Una su due è pronta ad assumere nuovi dipendenti nella seconda metà dell’anno, ma si scontra con un ostacolo ormai strutturale: la carenza di profili professionali adeguati. È il dato più significativo emerso dall’indagine condotta dall’Area Studi e Ricerche della CNA su un campione di oltre 2mila micro, piccole imprese e realtà artigiane, rappresentative del tessuto produttivo nazionale.
PMI pronte ad assumere, ma manca il personale qualificato: è allarme mismatch
Sorprende che, a quattro anni da un’indagine analoga condotta nel pieno della ripresa post-Covid, l’intenzione di assumere non abbia subito significative variazioni, nonostante un contesto macroeconomico oggi assai meno espansivo: il PIL 2025 dovrebbe restare sotto l’1%, contro il quasi 9% del 2021. La voglia di rafforzare l’organico non appare dunque legata alla congiuntura, ma a logiche strutturali: una su tutte, la necessità di trattenere competenze in vista di future ripartenze.
Il 50,8% delle imprese coinvolte ha manifestato l’intenzione di assumere: tra queste, il 30,8% prevede due nuove risorse, il 7,8% tre o più, con particolare incidenza nei comparti manifatturiero e dell’edilizia.
A livello settoriale, a trainare la propensione all’assunzione sono le costruzioni (57,5%), seguite dalla manifattura (51,9%) e, con un dato inferiore ma significativo, dai servizi (45,6%). Nel dettaglio, l’installazione di impianti (59,2%) e l’edilizia (54,5%) si confermano in cima alla lista, spinte anche dalla stagione favorevole e dalla crescente domanda di ristrutturazioni sostenibili. Tra i profili più ricercati: installatori e manutentori di impianti (climatizzazione, elettrici, idraulici), muratori, capi cantiere.
Nel manifatturiero, la meccanica e il sistema moda restano colonne portanti del Made in Italy: il 56% delle imprese meccaniche e il 52,8% di quelle della filiera tessile e abbigliamento prevedono assunzioni. Elettricisti, carpentieri, tecnici del taglio e confezione, montatori di arredi e infissi sono tra i profili più ricercati.
Nei servizi, il gap di competenze si fa sentire soprattutto in ristorazione, trasporti, logistica, autoriparazione: servono autisti, meccatronici, carrozzieri, cuochi, camerieri, acconciatori ed estetisti.
Il vero nodo resta però l’incontro tra domanda e offerta. Una impresa su tre dichiara di non aver trovato alcun candidato idoneo. Solo l’11,4% non ha avuto problemi, mentre il 55,4% ha ricevuto candidature ma ha incontrato difficoltà in fase di selezione. Il punto dolente? Per il 47,7% dei casi, i candidati non hanno le competenze necessarie. Solo il 7,7% ha rifiutato l’offerta per ragioni economiche, segno che il problema principale non è salariale, ma formativo.
Preoccupante anche la fotografia dei canali di reclutamento: domina ancora il “passaparola” (42,1%), mentre le agenzie interinali si fermano al 21,5%, gli annunci online al 15,1%. I suggerimenti di scuole, università e istituti formativi raccolgono appena il 10,7% delle preferenze. I Centri per l’Impiego? Solo il 6,8% li considera utili.
Un quadro che denuncia una debolezza sistemica nei meccanismi pubblici di formazione e orientamento professionale. Serve una revisione profonda del matching scuola-lavoro, con maggiori investimenti nelle competenze tecniche e nei percorsi duali.
Nonostante le difficoltà, le imprese puntano alla stabilità: il 34,6% vorrebbe assumere a tempo indeterminato, il 21,5% con contratto di apprendistato, il 9,8% tramite tirocini. Una strategia che rientra nel fenomeno del “Labour Hoarding”: fare scorta di manodopera anche in tempi di stagnazione, per non trovarsi impreparati alla ripresa.
La fotografia scattata dalla CNA racconta un’Italia produttiva che, nonostante un contesto incerto, guarda al futuro con pragmatismo e visione. Ma per trasformare le intenzioni in realtà servono politiche attive, sinergie scuola-impresa, canali efficienti di orientamento. Altrimenti, il rischio è che il “miracolo occupazionale” delle PMI resti solo una promessa mancata.