“Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa vedrai che il mondo poi ti sorriderà”, cantava il grande Pino Daniele.
Ma se sopra quella pizza ci metti pure qualche fetta di ananas sciroppato, a sorriderti potrebbe non essere più il mondo intero, ma solo qualche palato molto audace. Perché, diciamolo: per noi italiani la pizza con l’ananas equivale a una bestemmia, o quasi.
E dire che in Inghilterra c’è chi se la fa pagare cara. Molto cara: 100 sterline per aggiungere l’ananas come topping. È accaduto a Norwich, dove il ristorante Lupa Pizza ha inserito nel suo menù di consegne online la possibilità di personalizzare la propria pizza con l’aggiunta dell’ananas alla modica cifra di 100 sterline. La proposta è comparsa sull’app di Deliveroo, accanto a classici come la Napoli e la Pepperoni, che costano decisamente meno.
“Dico ‘no’ all’ananas”, ha dichiarato a CNN Travel lo chef del Lupa Quin Jianoran, precisando che il prezzo esorbitante è da una parte una netta presa di posizione, per il no appunto, dall’altra una provocazione per stimolare il dibattito su questo ingrediente da sempre divisivo.
A conferma di ciò, un sondaggio condotto dal quotidiano locale Norwich Evening News ha mostrato che il 62% dei partecipanti si oppone all’idea di mettere l’esotico frutto, per giunta sciroppato, sulla pizza. In tutto ciò, l’eco mediatica è stata enorme. Il che vuol dire, mica fesso lo chef, tanta pubblicità per il locale.
Ma da dove nasce questa controversa creazione? Nonostante il nome, la pizza hawaiana non ha nulla a che vedere con le Hawaii. Fu inventata in Canada negli anni Sessanta da Sotirios “Sam” Panopoulos, un cuoco greco emigrato che, spinto dalla curiosità, decise di aggiungere ananas in scatola a una pizza al prosciutto. La combinazione agrodolce piacque subito ai clienti del suo ristorante Satellite, in Ontario, e il resto è storia. Il nome “Hawaiian” derivava semplicemente dalla marca di ananas usata da Panopoulos. Nonostante il successo oltreoceano, per molti italiani questa pizza rappresenta un sacrilegio culinario (e come dargli torto). La polemica ha assunto toni accesi persino in ambito politico, come nel 2017, quando l’allora presidente islandese, Guðni Th. Jóhannesson, affermò scherzosamente che avrebbe vietato l’ananas sulla pizza se avesse avuto il potere di farlo.
In Italia, il maestro pizzaiolo Gino Sorbillo ha recentemente scatenato un acceso dibattito introducendo la pizza all’ananas nel menù del suo ristorante nel centro storico di Napoli. “Sono legato alla tradizione, ma voglio provare”, ha spiegato Sorbillo in un video su Instagram, dove lo si vede assaggiare la sua creazione con un misto di curiosità e teatralità. Le reazioni non si sono fatte attendere: tra i commenti, molti utenti hanno espresso il loro disappunto, accusando il pizzaiolo di tradire le radici della vera pizza napoletana. Tuttavia, Sorbillo non è stato il primo a sperimentare. Altri grandi nomi della pizza, come Franco Pepe e Renato Bosco, hanno ideato versioni gourmet della pizza all’ananas, eliminando il pomodoro per ridurre l’acidità (benvenuta gastrite col binomio pomodoro+ananas) e bilanciare i sapori. Franco Pepe, ad esempio, ha creato l’“AnaNascosta”, un impasto fritto che avvolge ananas fresco e prosciutto San Daniele, dimostrando come anche questo ingrediente possa essere valorizzato in modo raffinato. Fatto sta, che la pizza all’ananas continua (e continuerà) a dividere il mondo gastronomico.
Per alcuni è un affronto alla tradizione, per altri un’opportunità di sperimentazione che, giurano e spergiurano, apre le porte all’estasi del palato. Basti pensare a pizzaioli come Pier Daniele Seu e Simone Lombardi, che hanno spinto oltre i confini della creatività, proponendo versioni innovative che mescolano tecniche culinarie e ingredienti di alta qualità. Una su tutte, la “Pizza-colada” di Seu, che combina ananas marinato al rum, ricotta al lime e cocco disidratato per un’esperienza dolce e sorprendente. Alla fine della fiera, che siate tradizionalisti o sperimentatori, la pizza resta un simbolo universale di convivialità. E chissà, magari un giorno anche i più scettici (come la sottoscritta) decideranno di provare l’ananas sulla pizza. Magari non a 100 sterline, ma in un contesto che sappia bilanciare tradizione, innovazione e qualità, regalando un’esperienza gastronomica unica e memorabile.