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Speleologa in salvo: tutti felici, con qualche ''ma''

Redazione
 
Speleologa in salvo: tutti felici, con qualche ''ma''

È salva Ottavia Piana, la speleologa rimasta ferita e bloccata nella grotta di Bueno Fonteno, in provincia di Bergamo, e riportata in superficie dopo parecchie ore di lavoro. Una vicenda che ha fatto stare col fiato sospeso molte persone, partecipi di un dramma che per fortuna è stato evitato.
Oggi, quindi, la giovane sarà sottoposta a tutti gli accertamenti clinici per chiarire la portata dei traumi fisici che ha subito e che hanno non poco complicato il lavoro dei soccorritori.
Ma, una volta chiuso questo capitolo, che per fortuna ha avuto un esito positivo, se ne apre forse un altro.

Speleologa in salvo: tutti felici, con qualche ''ma''

E il capitolo in questione si basa, essenzialmente, su una sola considerazione: per portare soccorso alla speleologa è stato mobilitato un enorme dispositivo, di uomini e mezzi, con costi anche elevati e con il rischio che, chi è sceso nel ventre della terra per aiutare, potesse egli stesso patire un incidente, con conseguenze inimmaginabili, vista la complessità morfologica della grotta.

Una esagerazione? Meno di quel che si pensi, perché nei quattro giorni dell'emergenza, riferiscono i responsabili dell'intervento di soccorso, sono stati mobilitati quasi 120 tecnici, che hanno affrontato turni massacranti di quindici ore e assicurando la presenza costante di almeno venti di loro nella grotta. Per non parlare dei medici (sei) e degli infermieri (otto) che hanno vegliato sulle sue condizioni durante le delicate fase della preparazione del salvataggio vero e proprio. Insomma, se i calcoli sono esatti, 159 persone hanno lavorato per 80 ore per riportare Ottavia Piana fuori della grotta e che, per agevolare il salvataggio hanno dovuto anche fare esplodere delle microcariche che hanno frantumato pezzi di roccia che impedivano il passaggio della barella.

Fermo restando che tutti dobbiamo essere felici e soddisfatti per la riuscita del soccorso, bisognerebbe forse chiedersi che il prezzo che sia stato pagato, e non parliamo di quello materiale, non sia stato esageratamente alto. Perché gli uomini chiamati a prestare, con la generosità e la passione che hanno mostrato, il loro aiuto per salvare la giovane speleologa sono stati sottratti ad altre incombenze. E non parliamo di un paio o anche solo una decina di persone, ma di quasi duecento che, per quattro giorni, sottoponendosi a rischi personali e a turni massacranti hanno compiuto un miracolo.

Sappiamo tutti che cautela e prudenza fanno parte dell'attrezzatura con cui si affrontano queste imprese, ma forse non bastano più, perché, in caso di incidente, tutta una struttura di soccorso, a livello nazionale, si mobilita.
Non abbiamo suggerimenti o ricette, ma forse un pizzico di buonsenso non guasterebbe.
Comunque, ben tornata tra di noi, Ottavia.

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