La spaccatura netta, verticale, che il Partito democratico ha mostrato ieri, in occasione del voto sul piano di riarmo europeo fortemente voluto da Ursula von der Leyen, è solo l'ultimo, deflagrante episodio dell'accidentato cammino del Pd che, al suo interno, manifesta (con quale ampiezza si vedrà) una evidente difficoltà a comprendere e quindi seguire le decisioni di Elly Schlein, soprattutto quelle sui grandi temi.
Il Pd allo sbando: la spaccatura in Europa l'ultimo capitolo di uno psicodramma
La segretaria, davanti al disastro politico di ieri, ora deve rimettere a posto i cocci di un partito che non può avere facce diverse a seconda degli argomenti sui quali è chiamato ad esprimersi. Il fatto che ieri la metà del gruppo del Pd ha votato contro le indicazioni del segretario (quindi appoggiando il piano di riarmo), in altri momenti e altre circostanze, avrebbe fatto scattare processi ed epurazioni. E non ci si venga a dire che il Pd, per profilo morale e politico, ammette o accetta il voto di coscienza, perché non è questo il caso.
Se l'indicazione che era arrivata da Roma era quella di astenersi (scelta che già di per sé è incomprensibile: una volta tanto, sulle grandi questioni, si deve decidere, si deve pur prendere una posizione), la disciplina di partito avrebbe imposto questo.
Invece non è accaduto, il tutto condito con considerazioni, da parte dei ''reprobi'', che inchiodano il Pd ad una condizione di instabilità interna di cui, prima o poi, occorrerà prendere atto. Anche perché - senza andare a leggere come i media organici ai Cinque Stelle trattano la vicenda - tutti gli analisti e i commentatori oggi concordano sul fatto che il voto è destinato a lasciarsi dietro rovine.
Nel vecchio Partito comunista la cosa non sarebbe passata quasi in silenzio, come se votare contro le indicazioni della segreteria fosse possibile, accettabile, concesso. I probiviri avrebbe istruito una pratica il cui esito sarebbe stato deciso in anticipo, in ossequio alla completa adesione alla regole di tagliare i rami secchi.
Ma quanto accaduto nel Parlamento europeo non è una rivolta alimentata dalla percezione di un evento, ma la ufficializzazione che Schlein, sugli argomenti importanti, rischia di non avere dietro il Partito, visti anche il profilo e la qualità politica dei reprobi. E, poi, come ignorare le pulsioni che, dentro il Pd, hanno come protagonisti gli esponenti della corrente-non corrente dei cattolici, che non hanno nessuna intenzione di stare zitti, cogliendo la fame di ''centrismo'' che si fa strada nel Paese?