''Sempre attento agli ultimi e agli scartati dalla società, Francesco appena eletto scelse di abitare nella Domus Sanctae Marthae, perché non poteva fare a meno del contatto con le persone, e sin dal primo Giovedì Santo volle celebrare la Messa in Cena Domini fuori dal Vaticano, recandosi ogni volta nelle carceri, in centri di accoglienza per i disabili o tossicodipendenti. Ai sacerdoti raccomandava di essere sempre pronti ad amministrare il sacramento della misericordia, ad avere il coraggio di uscire dalle sacrestie per andare in cerca della pecorella smarrita e di tenere aperte le porte della chiesa per accogliere quanti desiderosi dell’incontro con il Volto di Dio Padre''.
Più di mille parole e discorsi, nei quali è arduo riuscire a distinguere sincerità, ipocrisia e opportunismo e che si sono accumulati in questi giorni per celebrare Francesco, sono le parole del rogito, che accompagna, nella bara, l'ultimo viaggio del papa argentino, quelle che forse meglio rappresentano l'uomo che, venendo quasi dall'altro lato del mondo, come disse presentandosi ai fedeli in piazza San Pietro, dopo la sua elezione, ha riscritto le regole di comportamento della Chiesa, avvicinandola quanto mai hanno fatto i suoi predecessori a quella umanità che non ha voce, se non per chiedere aiuto.
L'addio a papa Francesco: il mondo rende l'ultimo saluto al pontefice che difendeva gli ultimi
Quella umanità che anima i vicoli e le strade delle grandi città, che si beano della loro opulenza: sono i senzatetto - per scelta o per necessità: nessuna differenza -; sono i detenuti, che pagano le loro colpe spesso in condizioni umilianti, anche quando sono pronti a pagare il debito con la società; sono coloro che non possono chiedere al loro corpo di sostenere il desiderio di una vita normale e senza ostacoli; sono quelli che sono finiti nel vortice annichilente della dipendenza e non hanno avuto la forza di affrancarsene.
I grandi della Terra hanno reso omaggio ad un capo di Stato, all'uomo che ha guidato la Chiesa, lasciando però aleggiare su di essi il dubbio che in pochi avranno il coraggio di seguirne la lezione, ma anche l'esempio.
Perché, mentre la nazione più potente del mondo arresta ed espelle (o dice di fare, ancora non è ben chiaro) migliaia di immigrati violenti e criminali, Francesco si spendeva quotidianamente a favore di coloro che, per disperazione, paura e solo per sopravvivere, lasciano i loro Paesi per andare laddove credono ci sia per loro la salvezza, anche a costo di sfidare la morte.
Per loro il papa argentino ha avuto sempre parole di comprensione e conforto, quelle che qualcuno dei governanti che erano seduti oggi in piazza San Pietro ha cancellato dal proprio vocabolario.
Francesco, agli occhi di chi non ha il necessario bagaglio di conoscenza della teologia, è apparso quasi defilato, nella platea più recente di pontefici, tra il manifestarsi ieratico di Paolo VI, l'effimero sorriso di papa Luciani, la forza dirompente di Wojtyla, la solennità lessicale di Ratzinger.
Un papa quasi estraneo rispetto agli altri, perché ha abbassato la soglia delle differenze tra il suo ruolo di pontefice e la gente comune, di cui parlava il linguaggio e dalla quale non s'era mai distaccato, preferendo il contatto con l'umanità sofferente rispetto alla falsa rappresentazione della realtà della curia.
Lui ha continuato, da San Pietro, quell'opera di apostolato che faceva a Buenos Aires, dove oggi a piangerlo sono soprattutto i diseredati, di cui s'è sempre ricordato, anche quando parlava di loro circondato dallo splendore del Vaticano.
Un uomo di fede, ma anche di azioni, che non si è limitato a parlare dal seggio di Pietro al mondo, sapendo che non si sazia la fame sentendo parole anche bellissime. Per questo le sue giornate erano divise tra il governo della Chiesa - che ha attraversato mari tempestosi sotto il suo pontificato - e la cura degli ultimi.
Lui ha voluto che, intorno alle imponenti colonne che circondano san Pietro, i disperati trovassero di notte cosa mangiare, un giaciglio e una doccia, dove riacquistare la dignità perduta, senza che nessuno chiedesse loro nulla. E ai detenuti, quelli per i quali è stato un fratello maggiore più che un esempio, ha voluto dare un contributo concreto, prelevandolo dalle sue finanze personali.
Ecco, questo era Jorge Bergoglio e questo è stato Francesco.
Chissà se oggi lo Spirito Santo o anche solo la consapevolezza che bisogna fare di più abbia toccato il cuore e la coscienza dei tanti potenti che gli hanno voluto rendere l'ultimo saluto. La speranza è che, tornati a casa, riflettano sul messaggio di un papa che ha creduto sempre nell'uomo.