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Assenza di un genitore: la giustizia condanna e risarcisce

Redazione
 

Essere genitori rappresenta, senza dubbio, una delle sfide più ardue e complesse che l'esistenza umana possa porre. Non esistono manuali infallibili né formule universali capaci di garantire l'educazione perfetta: ogni padre e ogni madre si trovano inevitabilmente a confrontarsi con errori, incertezze e scelte difficili. Se spesso il giudizio dei figli può apparire severo e impietoso, vi sono circostanze in cui a pronunciarsi in maniera definitiva non è soltanto la coscienza familiare, ma anche la giustizia. Emblematico è il caso recentemente affrontato dal Tribunale civile di Milano, che ha emesso una sentenza destinata a far discutere, condannando un padre a risarcire la figlia per il persistente disinteresse e la totale assenza di un legame affettivo. La decisione ha stabilito un risarcimento superiore ai 100.000 euro, riconoscendo il danno emotivo inflitto alla giovane a causa dell’atteggiamento negligente e distaccato del genitore.

Assenza di un genitore: la giustizia condanna e risarcisce

La vicenda ha origine nel Sud Italia, dove un padre e una madre si separano mentre la loro figlia, sin dall’infanzia, affronta una delicata condizione di salute. Paradossalmente, l’uomo, pur essendo medico, ha da subito dimostrato un’incomprensibile indifferenza nei confronti della patologia della figlia, arrivando persino a ostacolare i trattamenti consigliati dagli specialisti. Dopo la separazione, il rapporto con la ragazza si è ulteriormente deteriorato: il padre ha mostrato una sistematica mancanza di interesse per la sua crescita, privilegiando costantemente i propri impegni personali e la relazione con la nuova compagna. E nei rari momenti di incontro, anziché costruire un ponte di dialogo, ha utilizzato le occasioni per esternare il proprio rancore nei confronti dell’ex moglie, generando così un inevitabile clima di tensione e malessere per la figlia.

Gli episodi che scandiscono questa relazione spezzata sono di una crudezza sconvolgente. Basti pensare che lui è arrivato a dire alla figlia di considerarlo morto, addirittura cacciandola di casa quando lei gli ha fatto una richiesta innocente: quella di pranzare tutti insieme in occasione della Pasqua. Assente anche alla celebrazione della sua cresima, un momento di particolare significato nel percorso di crescita della giovane. E, ciliegina sulla torta, finanche al processo, che però lo ha visto sconfitto. Il giudice della X sezione civile di Milano, Damiano Spera, ha infatti riconosciuto il profondo dolore vissuto dalla ragazza, privata dell’amore e delle cure paterne. La sentenza ha sancito due distinte voci di risarcimento: 7.150 euro per il danno biologico permanente, legato all’invalidità emotiva e psicologica riportata dalla giovane, e 100.000 euro per il danno da illecito endofamiliare, affermando con forza la lesione di un diritto imprescindibile: quello all’amore e alla protezione di un genitore.

Dal punto di vista giuridico, il concetto di “danno endofamiliare” è relativamente recente, ma sempre più riconosciuto nelle aule di tribunale. In parole povere, esso rappresenta la violazione di doveri familiari fondamentali e può essere risarcito anche al di fuori delle misure tradizionali previste dal diritto di famiglia. Tant’è che la Corte di Cassazione, in diverse pronunce, ha sottolineato che la negazione dell’affetto e della cura parentale può costituire un danno non patrimoniale meritevole di ristoro, poiché va ledere i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali.

Una sentenza, quella emessa dal Tribunale di Milano, che sicuramente non potrà restituire alla giovane il rapporto che le è stato negato, né colmare il vuoto affettivo che l’ha segnata. Ma che tuttavia rappresenta un faro per la tutela dei diritti dei figli. Perché essere genitori significa esserci, ogni giorno, nelle difficoltà e nelle gioie, nel sostegno incondizionato e nella guida amorevole verso chi, infondo, non ha chiesto d’esser messo al mondo.

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