Cultura

Foto di guerra: un documentario ribalta la storia dell'autore dell'immagine della "bambina del napalm"

Redazione
 

La storia della fotografia, intesa come arte, ma anche come capacità di fissare, in uno scatto, non il singolo momento, ma tutto quello che l'ha preceduto e forse anche seguito, è ricchissima di immagini diventate iconiche. L'elenco sarebbe lunghissimo.

Foto di guerra: un documentario ribalta la storia di Nick Ut

A cominciare da quelle che ritraggono momenti che hanno come protagonista una bandiera: quella issata dai marines, sul monte Suribachi, a Iwo Jima; quella sovietica sul Bundestag, simbolo del potere nazista; il London Jack, ammainato a Honk Kong; quelle che avvolgono le spoglie dei soldati morti in battaglia.

Mettendo da parte quelle diventate iconiche, come il miliziano della guerra civile spagnola ritratto da Robert Capa un istante dopo essere stato aggiunto da un proiettile, quelle che sono rimaste dentro la memoria più delle altre, forse perché - essendo state scattate cinquant'anni fa - non risentono dell'effetto assedio che è cominciato con l'avvento della Rete, risalgono al Vietnam, una guerra sanguinosa e sanguinaria, con barbarie da una e dall'altra parte.

Altre guerre hanno avuto le stesse caratteristiche, ma quella vietnamita, vedendo coinvolti direttamente e completamente gli americani, quando ancora la Corea era un ricordo fresco e la seconda guerra mondiale non dimenticata, ebbe per la prima volta una copertura fotografica totale, resocontando tutto, anche quel che forse non lo era, dal punto di vista umano.
Di quel conflitto i ricordi per immagini sono tantissimi. Ma forse due rimangono ancora oggi vividi.

La prima è quella che ritrae una esecuzione (chiamiamola con il suo nome): si vede il generale di brigata del Vietnam del Sud Nguyen Ngoc Loan uccidere, con un colpo di pistola alla testa un guerrigliero vietcong, Nguyễn Văn Lém.

La foto - che valse al suo autore, l'americano Eddie Adams il Pulitzer - cristallizza proprio quell'istante, con il viso del vietcong deformato dall'impatto della pallottola, sparata da un revolver, contro la sua testa. Prima che Saigon cadesse, il generale Loan riuscì la lasciare il Paese e a aggiungere gli Stati Uniti, inseguito dalla fama di boia.

In Virginia Loan, uomo colto, aveva aperto un ristorante, che fu costretto a chiudere quando si venne a sapere che era lui il "protagonista" di quella foto. Dopo si seppe che forse - il condizionale è d'obbligo - il vietcong esecutato non era un vietcong "qualsiasi" perché poco prima d'essere ucciso, aveva sterminato una famiglia di civili, bambini compresi, sgozzandoli per non avere rivelato dove si trovasse una postazione sudvietamita.

Dopo la sua morte, Eddie Adams gli chiese scusa per quello che la fotografia aveva innescato, con poche righe che sono il compendio del mestiere del fotoreporter: "Il generale uccise il Viet Cong; io uccisi il Generale con la mia macchina fotografica. Le immagini fotografiche sono le armi più potenti del mondo. La gente ci crede, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto mezze-verità. Ciò che la fotografia non ha detto era: 'che cosa avreste fatto voi se foste stati il Generale in quel momento, in quel posto e in quel giorno caldo, ed aveste catturato il cosiddetto cattivo dopo che avesse fatto fuori, due o tre soldati americani?' come fate a sapere che non avreste tirato il grilletto voi stessi?".

L'altra fotografia che tramanda anche oggi l'orrore di quella guerra è della bambina devastata dal napalm che le aveva bruciato vesti e le carni e che, nuda e piangente, corre insieme ad altri bimbi, tutti in lacrime, tutti terrorizzati, circondati da uomini in armi.

Quella bambina, Kim Phuc, oggi ha 61 anni e vive da tempo in Canada, dopo avere testimoniato in tutto il mondo la guerra in ogni sua crudele sfaccettatura.
La fotografia che la ritrae torna ciclicamente ad essere proposta, anche perché il prosieguo della vita Kim Phuc ne porta sempre il ricordo, e mai potrebbe essere il contrario, visto come il napalm aggredì quel corpicino.

Ma parlare oggi di quella foto, se ha un senso per condannare la barbarie della guerra, diventa attuale perché un documentario proiettato al Sundance Film Festival statunitense smentisce la storia intorno a quell'immagine, ribattezzata "la bambina del napalm" , che da sempre è attribuita a Nik Ut, fotografo dell'Associated Press, anche lui premiato col Pulitzer, attribuendone invece la paternità ad un freelance vietnamita.
Il film "The Stringer" (nel linguaggio giornalistico viene chiamato così il collaboratore che fornisce notizie o immagini, senza avere un contratto), diretto da Bao Nguyen, racconta la storia di un'indagine sulla foto di Kim Phuc, scattata su una strada dopo un bombardamento a Trang Bang, nel Vietnam del Sud, nel 1972 .

Il film e le tesi che sostiene hanno generato interesse, perché la foto, secondo il giudizio generale, ha contribuito a cambiare la percezione della guerra del Vietnam. In "The Stringer", Carl Robinson, all'epoca fotoreporter a Saigon per l'AP, sostiene di aver mentito e di aver cambiato la didascalia dell'immagine su ordine del suo caporedattore, Horst Faas.

L'Associated Press ha preso sul serio l'affermazione, avviando una propria indagine, all'esito della quale ha affermato di non aver trovato prove che Nick Ut non abbia scattato la foto, ma ha chiarito di non aver avuto accesso alle ricerche del filmato. Una spiegazione che spiega, ma non tutto.

L'AP si è detta comunque pronta a esaminare tutte le prove e le nuove informazioni riguardanti la foto, essendo interessata solo ai fatti e alla vera storia di questa foto iconica , ha affermato un suo portavoce.
Dopo aver intervistato Carl Robinson, i realizzatori del film hanno identificato Nguyen Thanh Nghe, un freelance vietnamita il cui nome compare in altre foto scattate quel giorno.

Nghe, rintracciato, ha detto davanti alla macchina da ripresa che "Nick Ut mi ha accompagnato sul campo. Ma non è stato lui a scattare questa foto... Sono stato io".
Gli autori del documentario hanno fatto appello anche a INDEX, un'organizzazione non governativa con sede in Francia specializzata in indagini forensi. E INDEX ha concluso che era altamente improbabile che Nick Ut si trovasse nella posizione giusta per scattare la foto.

Gli avvocati di Nick Ut, che ha sempre dichiarato di aver scattato la foto, hanno cercato di impedire l'uscita del filmato.
Uno di loro, Jim Hornstein, ha detto Carl Robinson covava da 50 anni una vendetta contro Nick Ut, l'AP e Horst Faas e che presto verrà presentata una denuncia per diffamazione contro i registi del film.

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