Economia
Mps–Mediobanca, tre big della finanza indagati a Milano, sotto esame il presunto patto occulto nella scalata
Redazione

La Procura di Milano accende i riflettori su una delle operazioni più rilevanti e controverse della finanza italiana degli ultimi anni. Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente di Luxottica e Delfin Francesco Milleri e l’amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena, Luigi Lovaglio, risultano indagati per le ipotesi di aggiotaggio e ostacolo alle Autorità di vigilanza nell’ambito dell’operazione che ha portato Mps a conquistare il controllo di Mediobanca. La notizia, anticipata dal Corriere della Sera e confermata da fonti giudiziarie, arriva mentre il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza sta eseguendo nuove attività investigative coordinate dai pm Giovanni Polizzi, Luca Gaglio e dall’aggiunto Roberto Pellicano.
Mps–Mediobanca, tre big della finanza indagati a Milano
Secondo l’impianto accusatorio, i tre avrebbero agito in modo concertato nella costruzione dell’operazione da 13,5 miliardi di euro con cui Mps, tra l’inizio e l’autunno del 2025, ha lanciato e portato a termine l’offerta pubblica di scambio accolta dal 62% degli azionisti Mediobanca. Un passaggio decisivo che ha permesso alla banca senese, all’epoca ancora partecipata dallo Stato, di superare la soglia di controllo dell’istituto di Piazzetta Cuccia, azionista di riferimento delle Assicurazioni Generali con il 13,2%. Un elemento rilevante, perché sia il gruppo Caltagirone sia Delfin detengono già posizioni significative nel capitale del Leone di Trieste.
Anche le due società, Delfin ed Essilux, risultano indagate come enti in base alla disciplina prevista dal decreto legislativo 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa. Ciò indica che, secondo gli inquirenti, eventuali condotte illecite potrebbero essere state agevolate o favorite a livello organizzativo.
Il nodo centrale dell’inchiesta riguarda ciò che i magistrati definiscono un presunto “patto occulto”. Secondo la ricostruzione, Caltagirone, Milleri e Lovaglio avrebbero operato in sinergia sia nell’acquisto delle azioni Mps cedute dal Tesoro nel 2024, sia nei successivi movimenti sulle quote di Mediobanca. Un coordinamento che, di fatto, li avrebbe portati, sempre secondo l’accusa, a superare congiuntamente la soglia del 25% dell’istituto guidato allora da Alberto Nagel, livello oltre il quale la legge impone il lancio di un’Opa obbligatoria.
A essere tenute all’oscuro dell’intesa, affermano i pm, sarebbero state non soltanto Consob, responsabile della vigilanza sui mercati, ma anche la Banca centrale europea e l’Ivass, garanti della stabilità del sistema bancario e assicurativo. Un’omissione che, se confermata, aprirebbe scenari di particolare rilevanza sotto il profilo regolamentare.
L’iscrizione dei tre nel registro degli indagati, riferisce sempre il Corriere, risalirebbe a mesi fa, nell’ambito dell’indagine sul risiko bancario che punta a chiarire due momenti chiave: la vendita da parte del Mef del 15% del capitale Mps tramite l’ABB gestito da Banca Akros nel novembre 2024 e la successiva Opa di scambio con cui Rocca Salimbeni ha ottenuto il controllo di Mediobanca tra marzo e gennaio 2025.
L’inchiesta milanese entra ora in una fase più incisiva, mentre il mercato osserva con attenzione gli sviluppi, consapevole che il procedimento tocca equilibri strategici del settore bancario e assicurativo italiano. Per gli indagati, come di prassi, vale la presunzione di innocenza, ma per la Procura si tratta di un passaggio delicato in un quadro che intreccia potere finanziario, vigilanza e assetti di controllo di alcuni dei principali istituti del Paese.