Quando si parla di Monet, in genere il pensiero corre a Claude, le cui evocazioni vibranti di luce e atmosfera sono la pietra angolare dell'Impressionismo. Ma non tutti conoscono Blanche Hoschedé-Monet, sua nuora, a malapena nominata nella storia dell'arte. Eppure, non solo aiutò il suocero, ma creò anche opere considerevoli, spesso raffiguranti le stesse scene rappresentate dal suo illustre parente.
Il Monet dimenticato: i capolavori di Blanche, figliastra e nuora dell'artista, finalmente alla ribalta
Imparò a dipingere con lui, poté esporre e vendere le sue opere tramite i principali commercianti parigini dell'epoca e i suoi dipinti più belli suggeriscono un'artista di grande talento, tanto da chiedersi perché sia stata dimenticata così facilmente.
Oggi, una nuova mostra e la monografia di accompagnamento, la prima dell'artista, cercano di dare nuova vita al suo nome: ''Blanche Hoschedé-Monet in the Light'', al Sidney and Lois Eskenazi Museum of Art, Indiana, Stati Uniti, fino al 15 giugno, riunisce 40 dei suoi dipinti, insieme a taccuini di schizzi, fotografie e lettere, stabilendo non solo le sue credenziali impressioniste, ma anche il suo ruolo di assistente e compagna di Monet nelle spedizioni di pittura en plein air, l'unica dei suoi figli, consanguinei o meno, con cui avesse in comune l’insaziabile passione per l’arte.
Hoschedé-Monet era la figlia di Eugene Hoschedé, un ricco uomo d'affari e intenditore di pittura d'avanguardia, e aveva undici anni quando incontrò per la prima volta Claude Monet, nel 1876: "Ricordo il suo arrivo. Mi fu presentato come un grande artista e aveva i capelli lunghi", ricordò in appunti autobiografici scritti verso la fine della sua vita, che il fratello Jean-Pierre utilizzò poi come base per un resoconto personale e intimo della vita e della famiglia di Monet a Giverny. "Quello mi colpì e provai immediatamente simpatia per lui perché si capiva che amava i bambini".
La difficoltà di fare uscire Hoschedé-Monet dall’ombra in cui è stata relegata per tanto tempo è stata aggravata dal fatto che poche delle sue 300 opere sono in collezioni pubbliche.
Nella sua Francia natale, l'ex Musée Municipal de Vernon, vicino al villaggio normanno di Giverny, dove la famiglia Monet ha vissuto per decenni, ne detiene il numero più grande ed è stato coraggiosamente rinominato Musée Blanche Hoschedé-Monet l'anno scorso, per coincidere con il 150° anniversario dell'Impressionismo, nonostante possa esporre soltanto otto dipinti e un pastello.
Nel frattempo, il Musée d'Orsay di Parigi, considerato la migliore collezione di arte impressionista, ne ha soltanto due, nessuna delle quali, attualmente, è in mostra. "Sebbene l'opera di Hoschedé-Monet resti relativamente sconosciuta e in un certo senso sottovalutata sul mercato, sta ottenendo sempre più riconoscimenti da parte di collezionisti e istituzioni", afferma Julia Leveille, responsabile delle aste moderne presso Sotheby's New York.
"Di recente, sono stati fissati prezzi elevati per le sue opere alle aste e non vediamo l'ora di capire dove andrà il suo mercato da qui in poi", ha aggiunto.
I sei mesi trascorsi da Monet a Montgeron nel 1876 diedero vita a una magnifica serie di dipinti che però non rimasero a lungo in possesso di Hoschedé. Le terribili pressioni finanziarie subìte in quel periodo costrinsero il padre di Blanche a vendere la maggior parte della sua collezione nel 1878, insieme alle sue abitazioni, tanto da doversi trasferire nella stessa casa dove viveva l’artista.
In seguito, Eugene e la moglie, Alice, si allontanarono: la madre della pittrice si legò quindi all’ex protetto del marito, sposandolo nel 1982, dopo la morte di Hoschedé. Nella primavera del 1883, Monet trasferì la famiglia a Giverny, e lì Blanche iniziò a dipingere sul serio. Deliziato dal suo entusiasmo, Claude iniziò a portarla con sé nelle sue spedizioni di pittura all'aperto. Secondo la biografia di Hoschedé-Monet, scritta anche dal fratello Jean-Pierre, "lei lo aiutava in ogni circostanza, trasportando le sue tele e il suo cavalletto, così come i suoi. Faceva tutto con l'aiuto di una carriola, seguendo sentieri elusivi, attraverso campi e prati. Era il caso, ad esempio, delle sue vedute mattutine della Senna. Anche in questo caso, aiutava il suo patrigno prendendo i remi della canoa".
Non sorprende, quindi, che i dipinti di Hoschedé-Monet condividano spesso il vocabolario visivo del suo mentore: come spiega il pronipote di Hoschedé-Monet, lo storico dell'arte Philippe Piguet, "il suo tocco è più enfatico, per la preoccupazione di catturare ciò che vedeva sulla tela piuttosto che ciò che sentiva", il che significa che i dipinti di Hoschedé-Monet possono essere descritti come più diretti nella loro resa e composizione, e meno d’atmosfera, rispetto a quelli di Monet.
Nel 1899 Hoschedé-Monet rimase vedova del figlio di Claude, Jean, che aveva sposato diversi anni prima, e tornò a vivere a Giverny, dove Monet, anch’egli vedovo da poco, era in preda al panico perché stava perdendo la vista e trovava difficile lavorare. La sua decisione rallegrò i suoi amici. Geffroy le disse che era "felice per lui e felice per te. La vostra reciproca sfortuna rende più forte la vostra riunione".
La sua presenza rassicurante diede a Monet la forza necessaria per iniziare le monumentali composizioni di ninfee che occuparono i suoi ultimi anni e che sperava avrebbero creato "l'illusione di un tutto infinito". La mostra include una sua fotografia mentre lavora a queste "Grandi Decorazioni", come le chiamava, con Hoschedé Monet al suo fianco, che rimase a Giverny per il resto della sua vita, prendendosi cura della casa e dello studio e degli amati giardini di Monet.
Poi, nel 1927 tenne la sua prima mostra personale alla Galerie Bernheim-Jeune di Parigi. I critici si interessarono molto alla sua rinascita, e il quotidiano Le Peuple la proclamò "più che erede di un grande nome". Quando Claude morì nel 1926, Blanche divenne la responsabile dei giardini e della dimora di Giverny.
L'Impressionismo perse la sua influenza sul mondo dell'arte quasi subito dopo la morte di Monet, ma Hoschedé-Monet rimase sempre fedele allo stile pittorico del suo mentore: "Senza di lei, Claude Monet avrebbe vissuto in un isolamento che lo avrebbe ucciso", scrisse il mercante d'arte René Gimpel. "È stata lei a tenerlo in vita per noi, la posterità non deve dimenticarla".