Economia
Moda e meccanica: la crisi dei pilastri del Made in Italy
Redazione

La manifattura italiana sta attraversando una delle fasi più critiche degli ultimi anni. I recenti dati pubblicati dall’Istat delineano un quadro preoccupante per due settori cardine del Made in Italy, la moda e la meccanica, che soffrono di una crisi che si riflette sull’intero comparto manifatturiero. Il rallentamento del commercio internazionale, le incertezze della domanda e il peso delle trasformazioni tecnologiche stanno esercitando pressioni senza precedenti, mentre gli strumenti di intervento nazionale ed europeo si rivelano insufficienti. L’analisi di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicata su il Sussidiario.net, evidenzia come il rallentamento globale abbia contribuito a una significativa contrazione dell’attività manifatturiera italiana. Nei primi nove mesi del 2024, la produzione industriale è scesa del 3,4%, con una flessione ancora più marcata nei settori della moda (-10,8%) e della meccanica, che include mezzi di trasporto (-9,2%), macchinari e impianti (-4,2%) e metallurgia (-3,7%).
Questi dati si inseriscono in un contesto di debole ripresa del commercio internazionale. Mentre il Fondo Monetario Internazionale, ad ottobre 2024, stimava una crescita del 2,6% per quest’anno, i numeri forniti dall’istituto olandese CPB indicano un incremento dimezzato, pari a +1,3% nei primi otto mesi. Tale situazione ha portato a un azzeramento della crescita del PIL italiano nel terzo trimestre del 2024. A livello europeo, la crisi della manifattura non risparmia i partner dell’Unione, con una contrazione media del 4,6% nei settori della moda e meccanica nei 27 Stati membri. Tuttavia, la flessione italiana è ancora più severa, raggiungendo il 5,5%, segno di una maggiore vulnerabilità strutturale del sistema produttivo nazionale.
Del resto, moda e meccanica non rappresentano solo due eccellenze del Made in Italy, ma costituiscono anche il fulcro dell’economia manifatturiera del Paese. Questi settori coinvolgono complessivamente 186 mila imprese, che danno lavoro a 2 milioni e 76 mila occupati, pari al 54,6% della forza lavoro manifatturiera italiana. Di questi, oltre un milione è impiegato in micro e piccole imprese, spesso radicate nei territori e con produzioni che affondano le proprie radici nella tradizione. La moda comprende tessile, abbigliamento, pelli e calzature, mentre la meccanica abbraccia comparti strategici come metallurgia, prodotti in metallo, macchinari e impianti, oltre alla costruzione di autoveicoli, camion, navi, treni e aerei. Il settore include anche attività di servizio come la riparazione e installazione di macchinari.
L’Italia è il primo produttore europeo nella moda e il secondo nella meccanica, subito dopo la Germania. Nel 2024, il settore moda è stato colpito da una crisi senza precedenti, che ha portato a una riduzione della produzione del 10,8%. Svariati i fattori che hanno contribuito a questo declino. A partire dall’inflazione energetica: lo shock energetico innescato dalla guerra in Ucraina ha causato un’impennata dei prezzi. Ed ancora, difficoltà nella supply chain: Le criticità logistiche globali, già evidenti durante la pandemia, non si sono risolte, rendendo più complicata la gestione delle filiere. Domanda stagnante: mercati chiave come Germania e Giappone hanno mostrato una domanda debole per i prodotti italiani. Effetti della Brexit: l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha creato nuovi ostacoli burocratici e doganali.
La meccanica, altro settore simbolo del Made in Italy, ha subito flessioni significative, con il segmento dei mezzi di trasporto in caduta libera (-9,2%) e una riduzione complessiva della produzione di macchinari del 4,2%. In particolare, domanda di beni di investimento: la stretta monetaria, che ha aumentato il costo del credito di 337 punti base tra giugno 2022 e settembre 2024, ha ridotto la domanda di nuovi macchinari. Nel primo semestre del 2024, gli investimenti in macchinari sono scesi del 4,6%, un calo più che doppio rispetto alla media europea (-1,9%). Crisi dell’automotive: la transizione verso la mobilità elettrica ha portato a una contrazione del 25,5% nella produzione di autoveicoli nei primi nove mesi dell’anno, rispetto al già grave -9,2% registrato nell’UE. Questo calo ha avuto ripercussioni pesanti sull’indotto, che include metallurgia, macchinari e prodotti in metallo. Esportazioni in calo: nei primi nove mesi del 2024, l’export italiano di moda e meccanica è diminuito del 4,8%, con una flessione più accentuata verso la Germania (-11,3%).
La crisi si riflette anche sui bilanci delle imprese. Secondo il Rapporto annuale di Confartigianato, nei primi otto mesi del 2024, le aziende della moda e della meccanica hanno registrato una perdita di ricavi pari a 23,5 miliardi di euro, equivalenti a 2,9 miliardi al mese. Sul fronte occupazionale, le prospettive sono altrettanto preoccupanti. Le previsioni di assunzione per il trimestre novembre 2024-gennaio 2025 indicano una riduzione del 21,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una perdita di oltre 35 mila posti di lavoro.
Questo dato è particolarmente grave se confrontato con il calo del 9,9% registrato in media dalla manifattura. A livello territoriale, la crisi non colpisce in modo uniforme il territorio italiano. Le regioni più specializzate nei settori moda e meccanica, come Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Toscana, sono le più esposte. A livello provinciale, aree come Prato, Fermo, Vicenza, Brescia e Biella vedono i due comparti rappresentare oltre il 20% dell’economia locale, amplificando le ricadute negative. Nonostante la gravità della situazione, gli strumenti di intervento appaiono inadeguati. La stretta monetaria della BCE ha rallentato gli investimenti, mentre il Patto di Stabilità limita la crescita della spesa pubblica primaria netta all’1,5%, riducendo lo spazio per politiche industriali anticicliche. Inoltre, le risorse del PNRR, che offrono un supporto fondamentale alla crescita economica, hanno un impatto limitato sulla manifattura, che beneficia solo del 13% del valore aggiunto generato dal Piano. La crisi di moda e meccanica, due pilastri del Made in Italy, richiede dunque un cambio di passo: politiche industriali più incisive, incentivi mirati e una burocrazia più snella sono indispensabili per superare l’attuale congiuntura e garantire un futuro sostenibile a settori strategici per l’economia italiana.