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Minori e social, l’Italia prepara la stretta: regole e limiti per i baby influencer

Redazione
 
Minori e social, l’Italia prepara la stretta: regole e limiti per i baby influencer

Stop ai social per i più piccoli e freno al business dei “baby influencer”. È questo il cuore del nuovo disegno di legge su cui sta lavorando il Parlamento, promosso da Fratelli d’Italia e Pd, che vuole imporre vincoli severi all’accesso dei minorenni alle piattaforme digitali e disciplinare la sponsorizzazione da parte di adolescenti.

Minori e social, l’Italia prepara la stretta: regole e limiti per i baby influencer

L’iniziativa normativa, che dovrebbe vedere la luce entro l’inizio del prossimo anno, punta a vietare l’uso dei social network per chi ha meno di 14 o 15 anni (la soglia è ancora oggetto di confronto) e a introdurre limiti precisi alle attività promozionali dei giovanissimi online. L’intento è evitare che dietro l’apparente leggerezza di un video o di un reel si nasconda una forma di sfruttamento minorile: i minori che sponsorizzano prodotti diventano veri e propri “mini-lavoratori” del web, con ricadute economiche che spesso coinvolgono i genitori.

Del resto, il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Bambini che sponsorizzano cosmetici, abiti, creme, accessori sportivi. Video patinati, dirette studiate, codici sconto. I genitori gestiscono i profili, le aziende pagano, e la macchina del marketing continua a girare. Ma dietro la popolarità, sempre più spesso, si nasconde un lavoro vero e proprio.

Secondo un’indagine di Save the Children, in Italia circa 336mila ragazzi tra i 7 e i 15 anni hanno già avuto un’esperienza lavorativa, e tra queste rientra anche la produzione di contenuti online, un’attività cresciuta in modo esponenziale nell’ultimo decennio, seguendo la scia dei grandi influencer. Il disegno di legge intende dunque stabilire limiti chiari. Oggi chiunque può aprire un profilo social a partire dai 13 anni, con l’autorizzazione dei genitori, ma in pratica nessuno controlla l’età reale degli utenti.

Le piattaforme si affidano a sistemi di intelligenza artificiale per stimare l’età, ma la loro affidabilità resta incerta, anche per via delle normative sulla privacy. Il risultato è che molti bambini accedono ai social senza alcuna verifica effettiva. La proposta, a prima firma della senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni, punta a innalzare la soglia: niente account sotto i 15 anni e consenso al trattamento dei dati personali solo dai 16 in su. Per garantire un controllo reale, si ipotizza di introdurre un “mini-portafoglio digitale” europeo, che permetterà di certificare l’età dell’utente senza violarne la privacy. La Commissione Ue lo renderà operativo entro il 30 giugno 2026, ma l’Italia potrebbe sperimentarlo in anticipo, magari attraverso un’app nazionale. Alcuni emendamenti propongono addirittura di richiedere documento d’identità e codice fiscale per aprire un account: un’ipotesi destinata a far discutere, ma che mira a rendere finalmente tracciabile l’età dei più giovani.

Dietro la spinta legislativa c’è anche un risvolto economico. Dopo il cosiddetto “Pandorogate”, che aveva portato alla luce pratiche fiscali opache tra gli influencer, il Garante delle comunicazioni e l’Agenzia delle Entrate hanno iniziato a indagare sulle collaborazioni e sui compensi, compresi quelli “in natura” o in criptovalute, cercando di far emergere redditi non dichiarati. Ma finora nessuno aveva messo davvero a fuoco il caso degli influencer minorenni, spesso invisibili dal punto di vista fiscale e giuridico. Il nuovo ddl punta a colmare proprio questo vuoto. Oltre al divieto di accesso per gli under 15, prevede che l’Agcom elabori entro sei mesi linee guida per la trasparenza delle sponsorizzazioni e per prevenire lo sfruttamento dei minori online. Saranno regole pensate per tutelare chi oggi viene trattato come un piccolo professionista del web, spesso senza tutele, senza contratti, e con la pressione costante di un pubblico che misura tutto in visualizzazioni.

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