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Elezioni Liguria, tracollo a Cinque Stelle: e anche questa volta per Conte la colpa è di altri

Redazione
 
Come il marito beccato a letto con l'amante che, davanti alla moglie furente, dice: non è come credi, Giuseppe Conte, anche davanti all'evidenza dei numeri, non si assume alcuna responsabilità nel tracollo dei Cinque Stelle nelle elezioni regionali in Liguria. Anzi, cerca di trovare qualcuno da incolpare senza nemmeno farsi sfiorare dall'idea di accettare che l'accaduto è conseguenza delle sue scelte.
Non stiamo parlando del veto che ha imposto al Partito democratico in merito a fare entrare Matteo Renzi e Italia Viva nella coalizione di centrosinistra a sostegno di Andrea Orlando - non è che l'ex segretario del Pd sia un esempio in materia di coerenza e correttezza -, quanto del clima che Conte ha ormai instaurato nei rapporti con quelli che dovrebbero essere alleati e che lui considera funzionali al sogno di tornare laddove è stato cacciato, Palazzo Chigi.

Elezioni Liguria, tracollo a Cinque Stelle: e anche questa volta per Conte la colpa è di altri

Ma l'evidenza della situazione dovrebbe porre dei paletti alle ambizioni personali di Conte che, nemmeno davanti allo sfacelo in termini di voti e percentuale (appena il 4,6 per cento), ha fatto ammenda dei suoi errori di strategia, per avviare un'autocritica. Un processo che, si sa, non è che i politici amino molto.
Il 4,6 % significa che, rispetto alle passate regionali, per non parlare di altri appuntamenti elettorali, il movimento si è disintegrato perdendo voti, ma soprattutto consensi, perché i Cinque Stelle si stanno logorando in una sanguinosa guerra di posizione in cui alla fine, come insegnano i teorici della strategia militare, tutti perdono.

Chi tanto, chi poco, ma perdono tutti.
Ma il presidente dei Cinque Stelle non si fa nemmeno lambire dall'idea di una autocritica vera e non fatta solo per motivi di opportunità. Il movimento è in affanno e non pensiamo che ci sia molto da gioire, al di là della circostanza che qualche ''penna amica'', seppure letta da molti, ribalti la situazione dicendo che, nella coalizione che avrebbe dovuto supportare la candidatura di Andrea Orlando, Conte non ha perso, ma a perdere sono stati gli altri.

Il giochino è sempre lo stesso: anche se hai perso, c'è qualcuno che ha perso più di te. Nel caso specifico, Orlando che, a detta dei sostenitori di Conte, nonostante gli errori che stanno punteggiando il cammino del presidente, non è stato eletto per il fatto di essere un esponente del Pd, e quindi, per questo, un uomo del Palazzo.
Ma a nessuno sfugge che il numero di coloro che hanno votato per i Cinque Stelle è stato talmente basso che qualsiasi retropensiero su Orlando viene a cadere, trattandosi di un fenomeno che, se non si porrà prima possibile rimedio alla faida intera ai pentastellati, porterà il partito a percentuali tali da decretarne l'ininfluenza.

Però quanto accade in casa Cinque Stelle non finisce lì perché ora si apre, dentro il Pd, il dibattito su come dovranno essere improntati i rapporti con Conte, che anche ieri ha continuato a parlare con un linguaggio da politico collaudato e non più da avvocato del popolo, come amò presentarsi.
Our dicendo che si assume ''sempre la responsabilità'', ha spostato il focus dai suoi possibili errori, alla prossima assemblea generale del movimento, incrociando le dita sul suo esito.
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