Esteri

Medio Oriente: Trump superstar davanti alla Knesset dà la visione del mondo, il suo

Diego Minuti
 
Medio Oriente: Trump superstar davanti alla Knesset dà la visione del mondo, il suo

Era il momento che, mediaticamente, Trump si aspettava sin da quando è tornato alla Casa Bianca. Perché c'è stato anche il passaggio davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma lì si trattava di un discorso in cui ha dovuto, visto l'uditorio non certo schierato in toto con lui, essere molto diplomatico, certo più di quanto le sue continue e compulsive esternazioni ci hanno abituato.

Medio Oriente: Trump superstar davanti alla Knesset dà la visione del mondo, il suo

Ma, davanti alla Knesset, mentre gli ostaggi ancora in vita venivano restituiti alla libertà da Hamas, Donald Trump, candidato deluso al Nobel per la Pace, ha dato il meglio di sé, nel senso che ha colto l'occasione per mostrare a tutti il suo disegno del mondo o, se più aggrada, il disegno del suo mondo, che è cosa leggermente diversa.

Come suo solito, Trump ha elargito lodi sperticate ai suoi più stretti collaboratori, elevando Marco Rubio sul gradino più alto della ideale classifica dei segretari di Stato migliori. Un vero miracolo, posto che Rubio guida la diplomazia da nove mesi o giù di lì.

Quello della pace è stato il filo conduttore dell'acclamatissimo discorso davanti alla Knesset (dalla quale, comunque, si sono levate alcune voci dissenzienti, costate a due parlamentari fautori del riconoscimento dello Stato palestinese la ''vigorosa'' espulsione dall'aula), con un interlocutore principale, l'Iran, che Washington considera ancora il ''grande nemico''.

Con Teheran Trump intende arrivare ad un ''grandioso accordo di pace'', nella certezza che la teocrazia iraniana ''vuole solo sopravvivere'' e, quindi, non ''darà il via'' ad alcun conflitto.
Anche perché, ha spiegato, per giustificare l'attacco agli impianti nucleari di Taheran dello scorso giugno, se l'Iran ''avesse un'arma nucleare, oggi non potremmo essere qui. Abbiamo portato via una grande nuvola nera dal Medio Oriente''.

Il presidente americano, quando ancora le firme sull'accordo di pace devono essere apposte, ha mostrato le sue certezze. La prima è che ''Gaza sarà smilitarizzata'', la seconda è che ''Hamas deporrà le armi''. Su quest'ultima affermazione, ad oggi, resta qualche dubbio, dal momento che, a Gaza, Hamas ha rimandato i suoi miliziani per strada a regolare alcuni conti in sospeso e che, in appena poche ore, ci sono stati già parecchi morti negli scontri con guerriglieri del clan Doghmush.

Trump ha comunque dato atto a ''tutte le nazioni del mondo arabo'' di avere aiutato, con le pressioni che hanno esercitato su Hamas, l'accordo per una sospensione delle ostilità. Lasciandosi, però, andare ad una considerazione che forse ha creato qualche imbarazzo, al di là dei confini di Israele.

Per Trump ''è un incredibile trionfo per Israele avere tutte queste nazioni che lavorano insieme come partner per la pace, ed è molto insolito, ma è accaduto'', quasi che gli sforzi per mettere fine al conflitto (e quindi anche alle sofferenze dei gazawi) sia il preludio per una nuova stagione dei rapporti tra Israele e quelli che restano Stati nemici o, comunque, non amici.
Ma Trump è uomo di convinzioni inattaccabili, come quando ha detto che ''nelle generazioni future, questo sarà ricordato come il momento in cui tutto cominciò a cambiare in meglio. Sarà l'età dell'oro di Israele e l'età dell'oro del Medio Oriente''.

Non contento di avere definito un assetto internazionale non ostile a Israele, Trump s'è fatto prendere la mano quando ha detto: ''Ora il mondo ama di nuovo Israele''. Una frase che sembra non tenere conto di tutto quello che ha preceduto la pace, con proteste in tutto il mondo contro le politiche di Israele a Gaza e delle quali, in alcuni Paesi, hanno pagato le conseguenze gli ebrei, anche quelli che sono contrari al governo di estrema destra di Netanyahu e a come ha gestito la crisi.

Ma per Trump tutto è chiaro: ''Nell'ultimo periodo tutti nel mondo, in Israele, tutti volevano la pace'' e il fatto che, alla fine, sia stata ottenuta, resta ''una grande vittoria''.
Poi, rendendo monsignor de La Palice un dilettante allo sbaraglio, Trump ha detto che che se Israele ''fosse andato avanti per 3-4 anni di combattimenti, le cose sarebbero andate diversamente''.

Poi, guardando Benjamin Netanyahu, seduto a poca distanza da lui, ha aggiunto: ''Se foste andati avanti con la guerra e le uccisioni, non sarebbe stato lo stesso''. Quindi, la ciliegina: ''Ti ringrazio per aver avuto il coraggio di dire 'abbiamo vinto e ora godiamoci la vittoria' '' e condendo la lusinga con una richiesta fatta direttamente al presidente israeliano Herzog: ''Perché non concedi la grazia a Netanyahu?'', riferendosi alle accuse di corruzione che potrebbero costare caro al primo ministro più longevo della storia di Israel

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