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Medio Oriente: Hollywood si spacca sul boicottaggio dei film israeliani

Redazione
 
Medio Oriente: Hollywood si spacca sul boicottaggio dei film israeliani

Alla lettera firmata da centinaia di artisti, che hanno promosso il boicottaggio dei film israeliani per quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza, assediata ed affamata, replicano 1.200 loro colleghi, che contestano l'iniziativa. Tra i firmatari ci sono Liev Schreiber, Debra Messing, Sharon Osbourne, Howie Mandel, Erin Foster e Gene Simmons.

Medio Oriente: Hollywood si spacca sul boicottaggio dei film israeliani

La dichiarazione prende di mira direttamente l'appello al boicottaggio emesso all'inizio di questo mese dal collettivo Film Workers for Palestine, che ha ottenuto il sostegno di star come Emma Stone, Joaquin Phoenix, Olivia Colman e Mark Ruffalo.

"Conosciamo il potere del cinema. Conosciamo il potere della storia. Ecco perché non possiamo rimanere in silenzio quando una storia viene trasformata in un'arma, quando le menzogne vengono travestite da giustizia e quando gli artisti vengono indotti a amplificare la propaganda antisemita", inizia la lettera, sostenendo poi che l'impegno al boicottaggio "non è un atto di coscienza", ma piuttosto "un documento di disinformazione che sostiene la censura arbitraria e la cancellazione dell'arte".

La lettera sottolinea che le istituzioni cinematografiche israeliane non sono entità governative, ma invece "spesso i critici più rumorosi della politica del governo".
Come esempio, la lettera ha indicato il recente film israeliano candidato all'Oscar The Sea, un film su un ragazzo palestinese che rischia la morte per visitare una spiaggia di Tel Aviv.

Nonostante il plauso della critica, il progetto ha scatenato la reazione del ministro israeliano dello Sport e della Cultura, che ha promesso di tagliare i finanziamenti per i premi cinematografici nazionali del paese.
La dichiarazione evidenzia anche le collaborazioni tra creativi ebrei e palestinesi all'interno dell'industria israeliana, descrivendola come un "centro vibrante" in cui gli artisti lavorano insieme ogni giorno per raccontare storie complesse, spesso critiche.

La lettera che annunciava il boicottaggio invitava gli artisti a rifiutare le partnership con le istituzioni cinematografiche israeliane ritenute "implicate nel genocidio e nell'apartheid contro il popolo palestinese".
"In questo urgente momento di crisi, in cui molti dei nostri governi stanno permettendo la carneficina a Gaza, dobbiamo fare tutto il possibile per affrontare la complicità in quell'orrore implacabile", dichiarava la lettera.
"Quando gli artisti boicottano altri artisti basandosi esclusivamente sul loro paese di origine, si tratta di una palese discriminazione e di un tradimento del nostro ruolo di narratori", ha scritto l'attrice Debra Messing.

All'inizio di questo mese, la Paramount ha condannato il boicottaggio. "Mettere a tacere i singoli artisti creativi in base alla loro nazionalità non promuove una migliore comprensione né fa avanzare la causa della pace. Abbiamo bisogno di più coinvolgimento e comunicazione, non di meno", ha dichiarato lo studio.

La contro-lettera, firmata tra gli altri da Schreiber e Messing, invoca la storia come un ammonimento, paragonando il boicottaggio proposto agli abusi della censura del passato, dalla macchina della propaganda della Germania nazista alle restrizioni dell'era sovietica e persino alla lista nera di Hollywood durante il maccartismo.

"Ogni volta era travestito da virtù. E ogni volta era oppressione. Ogni volta, i suoi obiettivi si sono ampliati", avverte la lettera. "Sappiamo che molti di voi hanno buone intenzioni e credono di essere dalla parte della pace. Ma i vostri nomi vengono usati come armi e legati a menzogne e discriminazione. Questo impegno cancella le voci dissenzienti israeliane, legittima le falsità e protegge Hamas dalla colpa".

L'attrice Mayim Bialik, da parte sua, ha dichiarato che "il boicottaggio degli israeliani alimenta la divisione e l'emarginazione. Questo impegno non fa nulla per porre fine alla guerra a Gaza, liberare ostaggi o frenare l'antisemitismo", chiedendo invece alla comunità cinematografica globale di sostenere gli artisti che promuovono il dialogo al di là delle divisioni, sollecitando il rilascio degli ostaggi ancora detenuti da Hamas e che "l'arte dica tutta la verità".

Rebecca De Mornay ha sottolineato che ''solo Israele è preso di mira e condannato per essersi difeso e per aver affrontato i nemici. Boicottare i film israeliani non è giustizia: è un doppio standard per gli ebrei e una punizione ingiusta per gli artisti israeliani".

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