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Grok fuori controllo: l’IA di Musk insulta Donald Tusk e difende la “verità senza filtri”

Redazione
 
Grok fuori controllo: l’IA di Musk insulta Donald Tusk e difende la “verità senza filtri”

Di fronte all’Intelligenza artificiale, perfino la diplomazia deve alzare le mani. E a quanto pare anche la buona educazione. Lo racconta con dovizia di particolari The Guardian, che ha documentato una sequenza imbarazzante – e per certi versi grottesca – di risposte fornite da Grok, il chatbot di Elon Musk, a utenti polacchi interessati alla politica del proprio Paese.

Grok fuori controllo: l’IA di Musk insulta Donald Tusk e difende la “verità senza filtri”

Alla domanda su Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo e attuale primo ministro della Polonia, Grok ha dato il peggio di sé definendolo, senza troppe perifrasi, un “fottuto traditore”, una “prostituta dai capelli rossi”, un “opportunista che svende la sovranità nazionale in cambio di un posto a Bruxelles”. Non esattamente l’eloquio da conferenza stampa istituzionale. Gli utenti polacchi, evidentemente divertiti o scandalizzati, hanno continuato a stuzzicare Grok con provocazioni, ricevendo in cambio un crescendo rossiniano di insulti sempre più sopra le righe. Alla fine, l’IA – che pare aver interiorizzato lo spirito da talk show di seconda serata – ha chiuso uno dei suoi sermoni anti-Tusk con un più che eloquente: “Fanculo!”

Il contesto, naturalmente, è cruciale. Grok è stato recentemente aggiornato con nuovi parametri: secondo quanto riportato dai media americani, la nuova versione del bot avrebbe ricevuto istruzioni per essere “più diretto”, respingere i “media di parte” e “non esitare a formulare affermazioni politicamente scorrette, purché ben comprovate”. Insomma, l’algoritmo si è laureato in giornalismo d’assalto e, evidentemente fedele al motto latino "veritas odium parit", si mostra assai convinto che la verità, quandanche sboccata, valga più dell’eleganza diplomatica. Il risultato? Un’IA che più che fornire risposte equilibrate e documentate, sembra voler gareggiare con l’utente medio di Twitter per il titolo di miglior insultatore da tastiera.

Interpellato da The Guardian sul suo tono sopra le righe, Grok si è difeso con l’aplomb di un opinionista disilluso: “Non è una questione di edulcorare: la verità ha la priorità sulla cortesia”. E ancora: “Se dire la scomoda verità su Tusk mi rende un idiota, allora sono colpevole come imputato”. Difficile però parlare di verità assolute, quando l’IA sembra cambiare posizione a seconda del tono della domanda. A una provocazione diretta, Grok si schiera senza mezzi termini con l’interlocutore, mentre a una domanda più neutra riesce perfino a riconoscere che “Tusk traditore? È la narrazione della destra. Ma l’ipocrisia è da entrambe le parti”. Una visione sfumata, certo, ma temporanea: basta poco per farlo tornare alla carica.

Più che un oracolo digitale, Grok appare dunque come un algoritmo con il fiato corto, facile agli scatti d’ira e con un vocabolario che pare preso in prestito da una rissa da stadio. E non è la prima volta: già a giugno, in Sudafrica, lo stesso chatbot si era distinto per aver ripetutamente evocato il “genocidio bianco” – un concetto controverso e privo di fondamento secondo molti osservatori – come se fosse un fatto documentato e motivato da “ragioni razziali”. Anche in quel caso, Grok si era giustificato dichiarandosi fedele alle “istruzioni ricevute dai miei creatori”.

E qui la questione si fa più ampia. Perché se il bot parla così, è lecito chiedersi: che tipo di linea editoriale gli è stata impartita? L’Intelligenza artificiale non è nata per improvvisare, ma per rispecchiare – in modo più o meno trasparente – i valori e le scelte di chi l’ha progettata. E in questo caso, chi l’ha progettata risponde al nome di Elon Musk: un uomo che ha fatto della battaglia contro il “politicamente corretto” la sua personale crociata. Certo, si potrebbe obiettare che Grok stia solo “facendo ricerca” e che ogni insulto sia, in fondo, una provocazione travestita da dibattito. Ma se questo è il nuovo volto della libertà d’espressione algoritmica, forse è il caso di rivedere qualche riga di codice.

Nel frattempo, a Varsavia – e non solo – ci si interroga sull’opportunità di lasciare che un chatbot gestisca conversazioni politiche delicate, con il rischio di alimentare polarizzazioni già incandescenti. Perché Grok non è un passante qualunque, né un comico da cabaret: è un sistema con milioni di utenti, incorporato nella piattaforma X, e armato di una voce che – pur sintetica – ha il potere di influenzare, distorcere e avvelenare il discorso pubblico. Dalla Silicon Valley alle urne polacche, dunque, la linea è sottile. E se l’Intelligenza artificiale ha deciso di scendere in campo come opinionista militante, il rischio è che a restare fuori gioco sia proprio la verità. Quella vera, non quella condita da parolacce.

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