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Garante privacy, cade la prima testa, ma non è di uno dei commissari

Redazione
 
Garante privacy, cade la prima testa, ma non è di uno dei commissari

E alla fine una testa è saltata, ma non è quella di uno dei commissari dell'authority per la privacy, nell'occhio del ciclone per le vicende legate alla trasmissione Report e all'estrazione politica del loro incarico.
Con un gesto inatteso, ma solo per chi non conosce le umane cose, il segretario generale dell'autorità per tutela della riservatezza, Angelo Fanizza, ha rassegnato le dimissioni, e di esse l'organismo ha dato notizia, senza nemmeno accompagnarla dal tradizionale ringraziamento per il lavoro svolto, quasi a volerlo spingere verso la porta, senza nemmeno passare per il bar, per la solita bicchierata d'addio.

Garante privacy, cade la prima testa, ma non è di uno dei commissari

E gli altri, i componenti dell'autorità - Ginevra Cerrina Ferroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza e Pasquale Stanzione, che lo presiede –?
Loro niente, nonostante la valanga di polemiche, hanno deciso di restare al loro posto, incuranti di critiche e dei ripetuti inviti a togliere l'incomodo, arrivati da più parti, consigliando di considerare conclusa la loro esperienza.

La mossa di Fanizza non sarebbe stata dettata da una rivolta morale rispetto alle polemiche che hanno travolto l'authority, piuttosto dalle conseguenze della sua (sempre che abbia fatto tutto da solo) iniziativa di chiedere l'accesso alla corrispondenza telematica privata dei dipendenti dell'organismo.

Per cosa? L'idea corrente è quello che la finalità ultima della richiesta potrebbe essere stata la ricerca della ''gola profonda'' che ha spiattellato a Report molte delle cose interne all'authority che stonano nella vicenda che ha visto la trasmissione punita con una multa da 150 mila euro, per avere mandato in onda la registrazione di una conversazione telefonica della moglie dell'ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, parte della liaison d'amour extraconiugale dell'attuale candidato alle regionali campane.

Qualcosa di più anzi molto di più lo ha detto Report che, sui suoi media social, ha scritto che ''poche ore fa è stato reso noto all’interno dell’Autorità un documento riservato in cui il Segretario Generale chiedeva al dirigente del dipartimento informatico di provvedere urgentemente all’estrazione della posta elettronica, degli accessi vpn, degli accessi alle cartelle condivise, degli spazi di rete condivisi, dei sistemi documentali, dei sistemi di sicurezza''. Insomma tutto quello che attiene alle comunicazioni anche private dei dipendenti.

Per Report, l'irrituale richiesta di accedere a conversazioni che logica vorrebbe essere tutelati, soprattutto se si tratta di dipendenti dell'autorità che veglia sulla riservatezza, risale al 4 novembre, e di essa il dirigente del dipartimento per la sicurezza informatica ''ha informato i dipendenti e denunciato l’illegittimità di questa richiesta. I lavoratori del Garante della Privacy hanno chiesto le dimissioni dell’intero Collegio''.

Allora, facendo ricorso all'aritmetica di base del buonsenso, e ribadendo che 2 + 2 fa 4, il collegio dei componenti dell'authority ha scaricato su Fanizza la totale e solitaria responsabilità della caccia alla talpa, di fatto indicandogli l'uscita. Ora, dando per scontato che per il ruolo Fanizza godeva di totale autonomia, non è concettualmente sbagliato chiedersi come una iniziativa, come quella di leggere la corrispondenza privata dei dipendenti, possa essere stata presa in totale autonomia, come se il segretario generale sia stato colto da una irrefrenabile curiosità personale.

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