Economia
Federacciai, l’acciaio italiano in cerca di ripresa tra transizione verde e pressione dei costi
Redazione

L’assemblea annuale di Federacciai ritrae un settore che, pur tra difficoltà congiunturali e sfide strutturali, resta un pilastro della manifattura nazionale e un attore chiave nella transizione ecologica europea. I dati contenuti nella Relazione Annuale 2024 e gli interventi del presidente Antonio Gozzi delineano un quadro di forte consapevolezza industriale, con la siderurgia italiana che resiste a una congiuntura sfavorevole, ma chiede una strategia ben definì ben definita per la competitività e la decarbonizzazione.
Federacciai, l’acciaio italiano in cerca di ripresa tra transizione verde e pressione dei costi
Il 2024 si è chiuso con una produzione nazionale di 20 milioni di tonnellate di acciaio, in calo del 5% rispetto all’anno precedente e al minimo del decennio. L’Italia rimane comunque secondo produttore dell’Unione europea, dopo la Germania, con una quota del 15,4% della produzione continentale. La frenata della domanda interna, la stagnazione manifatturiera e il costo dell’energia hanno, però, inciso pesantemente sui margini delle imprese, aggravando la perdita di competitività rispetto ai concorrenti extraeuropei.
Il presidente Gozzi, nella sua relazione, ha sottolineato come il comparto sia “vittima di una politica europea dell’acciaio disallineata rispetto a quella energetica e industriale”. A suo giudizio, la coerenza delle politiche è la vera urgenza, non è possibile perseguire obiettivi climatici ambiziosi senza garantire strumenti efficaci di sostegno alla produzione e all’innovazione. L’industria siderurgica europea, e in particolare quella italiana, affronta oggi il duplice costo dell’energia e della CO₂, mentre competitor come Cina, India e Turchia beneficiano di condizioni di mercato molto più favorevoli.
Il dossier Fit for 55 e l’introduzione del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) rappresentano per il presidente di Federacciai una transizione “potenzialmente virtuosa ma ancora incompleta”, poiché il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere rischia di penalizzare le esportazioni europee più di quanto protegga il mercato interno dalle importazioni ad alta intensità emissiva. L’Italia, che produce oltre il 70% dell’acciaio attraverso forni elettrici, è già tra le più sostenibili al mondo in termini di emissioni, ma per compiere il passo decisivo verso l’acciaio verde servono infrastrutture, energia competitiva e finanziamenti per la decarbonizzazione tecnologica.
In questo senso, Gozzi ha ribadito la necessità di accelerare sugli impianti per la produzione e distribuzione di idrogeno verde, di completare la rete dei gasdotti dedicati all’H₂, e di introdurre crediti d’imposta o contratti per differenza per sostenere gli investimenti in tecnologie di riduzione diretta del ferro (DRI). Ha poi invocato una “politica industriale europea più pragmatica”, capace di tenere insieme ambiente, lavoro e sviluppo, evitando che la siderurgia diventi una vittima collaterale della transizione.
Il 2024 ha confermato inoltre la crescente importanza strategica del rottame come materia prima. Il fabbisogno totale di carica metallica, rottame, pani di ghisa e HBI, è diminuito del 4,3%, in linea con la riduzione della produzione. L’Italia resta strutturalmente importatrice netta di rottame, con un saldo negativo di oltre 5 milioni di tonnellate. Questa dipendenza, secondo Federacciai, deve indurre a ripensare la gestione del ciclo dei rifiuti metallici, favorendo una filiera più efficiente del recupero e del riciclo.
Sul fronte europeo, la produzione complessiva di acciaio ha registrato un modesto +2,7%, con la Germania in crescita del 5,2% e l’Italia in contrazione. A livello globale, invece, il 2024 ha visto una sostanziale stabilità della produzione mondiale a 1,885 miliardi di tonnellate, ma con dinamiche regionali divergenti: la Cina in calo (-2,3%) e l’India in accelerazione (+6,2%), consolidando la sua posizione di secondo produttore mondiale.
Nella relazione si evidenzia anche il rallentamento dei principali settori utilizzatori di acciaio in Italia, dagli autoveicoli (-22,6%) alla meccanica (-6,4%), dagli elettrodomestici (-9,1%) ai prodotti in metallo (-5,2%). Unico comparto in controtendenza è quello degli “altri mezzi di trasporto” (+8,5%), trainato dal settore ferroviario (+16,1%).
Il quadro occupazionale del settore, pur resiliente, mostra segnali di tensione. L’industria siderurgica impiega oltre 65.000 addetti diretti e sostiene un indotto che supera le 150.000 unità, ma la stagnazione dei margini e la volatilità dei mercati internazionali impongono misure di salvaguardia e politiche attive per la formazione e il ricambio generazionale.
Durante l’assemblea, è emerso anche il tema della politica energetica, con Federacciai che ha denunciato il persistere di un gap strutturale nei prezzi dell’elettricità e del gas rispetto ai principali partner industriali extraeuropei. Secondo le elaborazioni dell’associazione, il differenziale di costo per l’energia elettrica in Italia rispetto alla media UE varia tra il 25% e il 30%, un elemento che incide direttamente sulla competitività delle acciaierie elettriche, che rappresentano la maggioranza della produzione nazionale.
Nella parte conclusiva della sua relazione, Antonio Gozzi ha invitato le istituzioni europee e italiane a “scommettere sull’acciaio come settore strategico per la sovranità industriale”. La siderurgia, ha tenuto a chiarire, non è solo un comparto produttivo, ma un’infrastruttura industriale essenziale per la manifattura avanzata, la mobilità sostenibile, l’energia e la difesa. Senza acciaio europeo, ha osservato, non ci possono essere turbine eoliche, veicoli elettrici, binari ferroviari o ponti sicuri.
Federacciai guarda dunque al 2025 come a un anno cruciale per invertire la rotta. La stabilizzazione dei mercati energetici, il possibile rimbalzo dell’edilizia infrastrutturale e la ripresa della domanda globale di acciai speciali potrebbero ridare fiato a un comparto che resta competitivo, innovativo e strategico per il sistema Paese.
Gozzi è convinto che ci sia bisogno di coniugare “innovazione tecnologica e realismo industriale”, rendere l’acciaio italiano protagonista della transizione ecologica, ma con strumenti adeguati a preservarne l’eccellenza produttiva e la sostenibilità economica.