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Calenzano: una strage che reclama un colpevole

Redazione
 

Causa ed effetto, leggi della fisica. Se accade qualcosa, c'è quasi sempre una causa. Ma anche no, perché quanto accaduto a Calenzano sembra essere frutto del caso, dell'accidente fortuito, della maledizione dei lavoratori italiani, quando forse di responsabilità ce ne sono, tante e grandi. Cinque morti sul lavoro non sono una semplice statistica, sono l'ennesima condanna di un Paese che non riesce a trovare una risposta alla richiesta di sicurezza che si leva quando, ciclicamente, con drammatica cadenza, ci si trova a piangere gente che stava solo lavorando. Eppure la logica del profitto sembra


Calenzano: una strage che reclama un colpevole

Di chi è la colpa di quanto accaduto a Calenzano sembra ovvio, almeno a guardare il luogo fisico in cui è successo. Eppure Eni, dopo l'ovvia vicinanza alle famiglie delle vittime, sembra essere nella posizione di chi, nonostante tutto, predica prudenza verso coloro che puntano il dito contro l'azienda, non fosse altro per essere la proprietaria dell'impianto e, quindi, deputata a garantire che tutte le norme mirate alla sicurezza siano state applicate prima ancora che rispettate.

In una nota, asettica per come lo sono tutte quelle dello stesso tenore, Eni sottolinea un punto: è presto per fare congetture. E lo afferma sostenendo che sta collaborando (come se potesse esimersi dal farlo) strettamente "con l'autorità giudiziaria per individuare quanto prima, in modo rigoroso tramite le opportune e approfondite verifiche tecniche, le cause reali dell’esplosione, delle quali è assolutamente prematuro ipotizzare la natura. Ogni informazione di dettaglio sarà messa a disposizione da Eni alle autorità giudiziarie che stanno conducendo le indagini, anche a salvaguardia del segreto investigativo".

Un comunicato in cui, sebbene nel rispetto della cautela che l'azienda deve mettere davanti a tutto, prima di ammettere o anche respingere qualcosa, non sembra esserci una parola che sia una che lasci intendere una analisi dell'accaduto, lasciando alla magistratura il compito di accertare quanto avvenuto realmente, e non nelle ricostruzioni "morbide" che si stanno facendo da parti di chi mostra una cautela anche esagerata.

Chi ha deciso di andarci giù duro è stato Maurizio Landini che, commentando la strage di Calenzano, ha detto che questa "ennesima strage" che "dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che questo sistema di impresa è fondato sull’insicurezza, sulla mancanza effettiva di procedure in grado di garantire la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Tutto ciò è reso ancora più inaccettabile nell’epoca dei sistemi di controllo digitale, dell’innovazione tecnologica, che se utilizzati garantirebbero la prevenzione nei luoghi di lavoro. Ma è la logica del risparmio, e quindi del profitto, ad avere la meglio sulla vita dei lavoratori".

Si possono condividere o meno parole e stile usate dal segretario generale della Cgil, ma su una cosa non si può che essere d'accordo: se una azienda mena vanto d'essere all'avanguardia nel suo specifico settore di attività, perché lo stesso impegno che mette nel fare reddito non lo utilizza a garanzia della sicurezza del suo personale o, più in generale, dei lavoratori? Siamo sicuri che l'Eni troverà le giuste risposte, che non siano limitate alle parole "cordoglio" e "vicinanza" che, sebbene a tono, non danno certo ristoro al dolore di cinque famiglie.

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