Cultura

Edmond Dédé: il risveglio di un genio dimenticato

Barbara Leone
 

Nella penombra di un’epoca travolta dal caos, dove l’oblio minaccia la memoria ed il fervore artistico si dissolve nel digitale, un nome riemerge dalle ceneri della storia: Edmond Dédé.

Edmond Dédé: il risveglio di un genio dimenticato

Un compositore nero, esule, dimenticato, il cui capolavoro inedito, "Morgiane", si appresta finalmente a calcare le scene restituendo voce a un genio che il mondo aveva dimenticato. Un riscatto artistico e morale che trascende i confini del tempo e dello spazio, imponendosi come tributo al talento al di là di ogni pregiudizio.

È il 1887. Nella penombra di uno studio, un uomo dal portamento austero siede al suo scrittoio, immerso in un silenzio carico di significato. La penna scivola con sicurezza sulla carta ingiallita, tracciando le ultime battute della sua opera magna di oltre cinquecento pagine. Ogni nota è un atto di resistenza, ogni segno d’inchiostro un sussurro di speranza contro l’oblio. E infine, con la solennità di un testamento artistico, la dichiarazione finale di un sogno che sembrava destinato a spegnersi: “Fin de l’Opéra”. Poi, un ultimo gesto. La firma, ampia e decisa, che sigilla il suo lascito all’eternità: Edmond Dédé.

Nato nel 1827 a New Orleans, Dédé fu un prodigio precoce. Del resto New Orleans era la destinazione principale per le rappresentazioni operistiche, con compositori italiani come Vincenzo Bellini e Gioachino Rossini che misero in scena le loro prime americane nei teatri del quartiere francese della città.

Complice il padre, che lo avviò allo studio della musica, si distinse ben presto come violinista, clarinettista e compositore. Il tutto, in un'epoca in cui la musica classica americana sembrava non contemplare affatto le voci afroamericane. E però lui aveva quel quid che faceva la differenza.

Tant’è vero che gli articoli dell'epoca lo celebrano con entusiasmo, sebbene non manchino valutazioni sprezzanti cariche di pregiudizi razziali. Una storia, quella di Dédé, che però è soprattutto quella di un uomo di colore esiliato dalla propria patria. Col passare degli anni, infatti, a New Orleans, la libertà concessa agli afroamericani si erodeva sempre di più.

"Le persone libere di colore erano sempre più limitate", spiega al New York Times Sally McKee, professoressa di storia presso l'Università della California, che nei primi anni 2000 ha iniziato ad approfondire la storia di Dédé, "nel lavoro, nell’accesso a determinate zone della città, nella possibilità di uscirne e farvi ritorno".

Verso il 1848, Dédé aveva visto abbastanza e decise di lasciare New Orleans per rifugiarsi a Città del Messico. Tuttavia, nei primi anni ‘50 dell’Ottocento, tornò nella sua città natale, guadagnandosi da vivere come arrotolatore di sigari durante il giorno e dedicandosi alla musica di notte. Fu in questo periodo che compose “Mon pauvre cœur” (Il mio povero cuore), una delle prime canzoni pubblicate da un afroamericano, come sottolinea McKee.

Ma il destino di Dédé non era legato agli Stati Uniti. Nel 1855 partì definitivamente per la Francia, determinato a costruirsi una carriera musicale.
"Voleva essere un compositore nella tradizione della musica d’arte - afferma McKee. Sognava di essere come Mendelssohn, come Brahms". Eppure, senza mezzi economici, fu costretto a lavorare per mantenersi. Accettò incarichi come direttore d'orchestra a Bordeaux e si esibì nei teatri di provincia, spesso in spettacoli più vicini al vaudeville che alla grande musica colta.

Parallelamente, però, continuava a coltivare il suo sogno: scrivere un'opera. Dédé lavorò instancabilmente su "Morgiane", annotando riflessioni ai margini del manoscritto, cancellando intere pagine, riscrivendo la musica più volte e persino cambiandone il titolo.

Inizialmente l’aveva intitolata “Il sultano di Ispahan”, dal nome dell’antagonista, un despota che rapisce una giovane sposa per farla sua. Tuttavia, decise di dedicare l’opera a un personaggio più nobile: Morgiane, la madre della sposa, che si lancia in un’epica ricerca per salvare la figlia, culminando in un sorprendente colpo di scena. Era questo il suo sogno, racconta McKee: vedere Morgiane rappresentata su un palcoscenico.

Un sogno che, però, non si avverò mai. Nel 1889 Dédé si trasferì a Parigi e la sua stella iniziò a declinare. Alla sua morte, nel 1901, la famiglia era talmente indigente da non potergli garantire nemmeno una sepoltura dignitosa: il compositore fu deposto in una fossa comune alla periferia di Parigi, senza una lapide a ricordarlo. E con la sua scomparsa, anche il manoscritto di “Morgiane”, rilegato in due volumi imponenti, seguì il destino di molte opere dimenticate: svanì nel nulla.

Fu solo nel 2008 che un'inaspettata svolta riportò "Morgiane" alla luce. In un archivio della Houghton Library di Harvard, la catalogatrice musicale Andrea Cawelti si imbatté in due volumi ingombranti, rilegati con cura, e colma di stupore lesse il nome che vi era inciso. "Ho pensato subito: Oh, wow, questo è qualcosa di speciale", avrebbe raccontato anni dopo.

Il ritrovamento di "Morgiane" non era soltanto la riscoperta di un'opera dimenticata, ma il tassello mancante in una storia musicale che il tempo e la discriminazione avevano cercato di cancellare. E però riportare in vita l’opera non sarebbe stato un compito semplice. Servivano tempo, risorse e, soprattutto, una volontà incrollabile. Givonna Joseph, fondatrice di OperaCréole, era tra coloro che non erano disposti a lasciar scivolare nuovamente nel silenzio il nome di Dédé.

"È difficile quando qualcosa è sconosciuto", ha dichiarato al New York Times. "Non sai come suona. Non sai se la gente si presenterà davvero per vederlo. È una scommessa".
Una scommessa che ha trovato un alleato in Patrick Dupre Quigley, direttore artistico dell'Opera Lafayette. Durante il lockdown del 2021, Quigley, sfogliando vecchi libri sulla musica afroamericana, si imbatté nel nome di Dédé.

"Mi è sembrato che una parte della storia musicale americana mi fosse stata tenuta nascosta", racconta. Quigley e Joseph unirono le forze, e, dopo mesi di trascrizioni minuziose, revisioni e ostacoli economici, Morgiane era pronta per il palcoscenico.

E così nei giorni scorsi, nel silenzio solenne della cattedrale di St. Louis a New Orleans, la stessa in cui Edmond Dédé fu battezzato nel 1828, risuonano le prime note di “Morgiane”. Ma è solo un'anteprima, un assaggio di ciò che attende questa settimana il pubblico a Washington, DC, nel Maryland e a New York, allorquando l’opera verrà messa in scena interamente in prima mondiale.

"È con grande orgoglio e umiltà che vorrei dire: benvenuto a casa, Edmond Dédé", ha dichiarato Joseph alla CNN, visibilmente commossa. "È come trasformare l'acqua in vino", ha detto Quigley al New York Times, ancora incredulo di fronte alla bellezza dell'opera. "Ci è voluto molto, molto tempo. Ma non è troppo tardi per conoscere Dédé".

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