Economia

Dispositivi Medici, Confindustria: un miliardo l’anno di payback vale -860 milioni di Pil

Redazione
 
Il settore dei dispositivi medici, uno dei pilastri della salute pubblica e dell'innovazione tecnologica, sta affrontando una crisi senza precedenti. La denuncia arriva dal Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni, che, durante l’evento “Competitività e dispositivi medici: quale futuro?” nell’ambito del Forum risk management di Arezzo, ha lanciato un allarme sui rischi che gravano non solo sulle aziende del comparto, ma sull’intera filiera e, di conseguenza, sul sistema sanitario nazionale. “La cancellazione del payback deve essere il primo passo verso una nuova governance del settore”, ha dichiarato Barni.

Il payback, un sistema che obbliga le aziende a coprire gli sforamenti di spesa pubblica nel settore sanitario, rappresenta, secondo il Presidente, il simbolo di una politica miope. “Per ogni miliardo di euro perso a causa del payback dovremmo rinunciare a 860 milioni di euro di PIL e al lavoro a tempo pieno di circa 9.000 persone. Il payback non grava soltanto sulle nostre aziende, ma sull’indotto di un’intera filiera che genera un contributo al PIL e all’occupazione ben al di sopra del semplice fatturato delle nostre imprese. È pertanto indispensabile lavorare a una nuova governance del settore, che preveda la cancellazione del payback. È urgente, non solo per le imprese, ma per la tenuta di tutto il Servizio sanitario nazionale”.

Il settore dei dispositivi medici in Italia, composto da 4.641 aziende che occupano oltre 117.000 persone e generano un mercato di 18,3 miliardi di euro, si trova al centro di una “tempesta perfetta”. Oltre al payback, Barni ha sottolineato le difficoltà legate al contributo dello 0,75% per il finanziamento della formazione medico-scientifica, i crescenti costi di conformità e i nuovi regolamenti MDR (Medical Device Regulation) e IVDR (In Vitro Diagnostic Regulation). “Non possiamo continuare a sacrificare il futuro delle nostre imprese e del nostro Paese sull’altare di tetti di spesa irrealistici e di meccanismi finanziari insostenibili. Serve una visione sistemica del comparto, che comprenda a pieno le conseguenze industriali derivanti da ogni modifica all’assetto regolatorio e post-regolatorio”, ha affermato il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici.
Barni ha delineato alcune linee guida per rilanciare il settore. A cominciare dall’adeguamento dei tetti di spesa per i dispositivi medici alla media europea del 7%. Ed ancora, programmazione sanitaria orientata alle patologie: Una pianificazione che garantisca un’allocazione efficiente delle risorse, migliorando l’accesso alle cure.

Health Technology Assessment (HTA): “Il Piano Nazionale HTA, promosso da Agenas, rappresenta un’opportunità unica per creare un modello più equo e sostenibile. Ma può funzionare solo se viene accompagnato da politiche industriali che sostengano il settore”, ha sottolineato Barni. Infine, una normativa stabile e chiara: “L’Italia ha le competenze, le tecnologie e le risorse per essere protagonista in Europa. Ora serve un quadro normativo chiaro e stabile che consenta alle aziende di pianificare, investire e innovare”, ha affermato il Presidente Barni sottolineando anche le sfide internazionali che il comparto deve affrontare, con una competizione sempre più serrata tra Europa, Stati Uniti e Cina: “Nel panorama globale, la competizione si gioca sul terreno dell’innovazione. Mentre USA e Cina accelerano gli investimenti strategici in ricerca e sviluppo, l’Europa rischia di perdere il suo vantaggio competitivo, soprattutto in settori chiave come la salute e le tecnologie mediche”.

Barni ha poi criticato la rigidità normativa e gli ostacoli burocratici che penalizzano settori ad alto valore aggiunto come quello dei dispositivi medici: “Non possiamo ignorare le contraddizioni di un sistema che, da un lato, ambisce a promuovere l’innovazione, ma dall’altro impone regole che penalizzano proprio le aziende che questa innovazione la producono”. Il comparto dei dispositivi medici rappresenta uno dei settori strategici per l’Italia, con un indotto che supera il semplice valore del fatturato, generando occupazione e innovazione. “Non possiamo permettere che un sistema miope soffochi uno dei settori più strategici per la salute pubblica e per l’economia del nostro Paese”, ha concluso Barni.
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