Il mercato globale degli elettrodomestici trema: i nuovi dazi americani colpiscono duro lavatrici, forni a microonde e condizionatori cinesi, promettendo aumenti fino al 30% nei prezzi al dettaglio negli Stati Uniti. Le lavatrici, tassate fino al 145%, diventeranno più care del 20-30%, mentre i forni a microonde – il 90% dei quali viene dalla Cina – potrebbero addirittura raddoppiare di prezzo.
Dazi USA: stangata sugli elettrodomestici cinesi, +30% sui prezzi al dettaglio
I condizionatori, di cui il 40% è d’importazione cinese, si prevede aumenteranno del 15-25%. Secondo il centro studi di Unimpresa, l’impatto diretto per l’Italia sarà limitato, ma le conseguenze indirette rischiano di essere molto più insidiose: le nuove tariffe colpiranno duramente gli elettrodomestici provenienti dalla Cina, facendo lievitare i prezzi al dettaglio negli USA fino al +30%. Per le lavatrici, in particolare, i dazi americani potranno raggiungere un picco del 145%, con aumenti attesi tra il 20% e il 30%: un balzo che renderà i prodotti cinesi molto meno competitivi. Nel 2024, infatti, circa il 10-15% delle lavatrici importate negli Stati Uniti arrivava dalla Cina.
Per i forni a microonde, la situazione è ancora più critica: il 90% delle importazioni statunitensi proviene dalla Cina, che da sola controlla il 75% del mercato globale di questo tipo di elettrodomestici. In questo caso, i prezzi al dettaglio negli USA potrebbero raddoppiare, spingendo i consumatori verso alternative più costose, come i prodotti coreani o malesi, o verso il mercato interno, dove però la capacità produttiva americana è ancora molto limitata. Anche i condizionatori risentiranno pesantemente del provvedimento: il 40% delle unità importate dagli USA nel 2024 era di origine cinese. Gli aumenti stimati vanno dal 15% al 25%, con un impatto concreto sui consumatori americani, soprattutto in vista dell’estate 2025. Marchi statunitensi come Carrier o giapponesi come Daikin potrebbero guadagnare quote di mercato, ma a prezzi sensibilmente più alti.
Il vicepresidente di UNIMPRESA, Giuseppe Spadafora, lancia l’allarme: “Il pericolo è un’ondata di concorrenza sleale a danno delle imprese italiane ed europee”, avverte, aggiungendo che “l’Italia, in particolare, potrebbe subire una perdita di competitività sull’export di elettrodomestici di fascia alta verso gli Stati Uniti e una pressione crescente sui produttori locali, soprattutto se il mercato europeo verrà invaso da prodotti a basso costo provenienti dalla Cina”.
Nel dettaglio, l’export italiano di lavatrici verso gli Stati Uniti – settore in cui l’Italia è specializzata nella fascia alta di mercato – potrebbe subire una contrazione significativa: con l’applicazione del 20% di dazio sull’Unione europea da parte degli USA, i prodotti italiani rischiano di diventare meno competitivi rispetto ai rivali americani. Secondo le stime di Unimpresa, le esportazioni italiane potrebbero ridursi tra il 4% e il 16%, in base alla fascia di prezzo e alla reattività del mercato.
E se la Cina, colpita duramente dalle barriere tariffarie statunitensi, decidesse di dirottare i suoi volumi di export verso l’Europa, il rischio è quello di un'invasione di elettrodomestici a basso costo nel mercato europeo. Questo scenario, come sottolinea ancora Spadafora, “metterebbe fortemente sotto pressione le nostre imprese, che si troverebbero costrette a competere con prezzi stracciati a discapito della qualità, della sostenibilità ambientale e dei livelli occupazionali”.
Per quanto riguarda i condizionatori, l’Italia – che importa diversi componenti dalla Cina ma è anche produttrice diretta di apparecchi completi – rischia di subire un aumento dei costi di produzione, qualora i prezzi delle parti cinesi aumentino per effetto delle ripercussioni globali. Inoltre, un’eccessiva offerta cinese nel mercato europeo potrebbe danneggiare ulteriormente i produttori italiani: i consumatori potrebbero beneficiare di prezzi più bassi nel breve termine, ma con un impatto negativo sulla qualità e soprattutto sulla sostenibilità del settore nel medio e lungo periodo.
Infine, se aziende come Whirlpool, che già producono in territorio americano, dovessero approfittare di questa svolta protezionistica per rafforzare la produzione interna, è possibile che si verifichi una ripresa parziale della manifattura domestica statunitense, ma solo a lungo termine e al prezzo di un notevole incremento dei costi per i consumatori finali, vista la differenza nei costi di produzione rispetto alla Cina.