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Covid-19: cinque anni fa dalla Cina il primo allarme per il virus che ha cambiato il mondo

Redazione
 

Cinque anni fa, il 31 dicembre 2019, giunse dalla Cina il primo allarme di quello che, nel volgere di poche mesi, con il nome di Covid-19, avrebbe sconvolto il mondo, con milioni di vittime, città cinturate dalle forze di polizia, famiglie divise, cadaveri non sepolti, sistemi sanitari in ginocchio e molto altri ancora.

Covid-19: cinque anni fa dalla Cina il primo allarme per il virus che ha cambiato il mondo

Cinque anni fa come oggi le autorità della città cinese di Wuhan, chissà quanto tempo dopo il primo manifestarsi del virus, notificarono all'Organizzazione mondiale della sanità di avere rilevato diversi casi di "polmonite di origine sconosciuta".
A cinque anni di distanza, secondo i dati ufficiali dell'organizzazione, che continuano ad essere aggiornati settimanalmente, si sa che il virus ha causato la morte di almeno sette milioni di persone. ''Almeno'' perché la stessa organizzazione ammette che potrebbe essere un numero per difetto e che quello reale sarebbe di tre volte superiore e quindi superare i 20 milioni di vittime.

Dopo la prima segnalazione, l'OMS, a distanza di pochi giorni (il 5 gennaio del 2020), condivise informazioni dettagliate con tutti gli Stati membri, consigliando di adottare precauzioni per ridurre il rischio di infezioni respiratorie acute. Il 7 gennaio la causa della malattia fu identificata in un nuovo coronavirus. Un'altra data entrata nella cronologia del Covid-19 fu l'11 gennaio con la conferma della Cina del primo decesso sicuramente attribuibile al coronavirus; due giorni dopo fu la volta del primo caso registrato al di fuori della Cina (in Thailandia). Da quel giorno le segnalazioni cominciarono a moltiplicarsi, con il 21 gennaio a segnare lo ''sbarco'' ufficiale del virus negli Stati Uniti e, insieme, la conferma della trasmissione tra esseri umani.
Il 30 gennaio l'OMS dichiarò l'emergenza internazionale, mentre in Europa (Italia, Spagna e Regno Unito) furono segnalati i primi casi.

Il 6 febbraio morì Li Wenliang, un medico cinese che a dicembre, coraggiosamente, aveva messo in guardia contro un nuovo virus e che era stato messo a tacere dalle autorità.
L'11 febbraio chiamò il nuovo coronavirus COVID-19. Quattro giorni dopo, in Francia, il primo decesso in Europa, mentre il 22 febbraio il governo italiano mise in quarantena undici Comuni della Lombardia e del Veneto.
Da quei giorni le notizie dell'espansione del virus e di altri decessi furono quotidiane, aggiornandosi di ora in ora. L'11 marzo, davanti all'evidenza dei numeri e della capacità espansiva del virus, l'OMS dichiarò la pandemia e, due giorni, che l'Europa era ormai diventata l'epicentro dell'emergenza con più casi e decessi segnalati rispetto al resto del mondo messo insieme, Cina esclusa. Mentre l'allora presidente americano Trump chiuse i voli per l'Europa, l'Ue sigillò le frontiere esterne.
Il 24 marzo i Giochi Olimpici che si dovevano tenere in Giappone furono rinviati di un anno. Due giorni dopo gli Stati Uniti , con più di 85.000 contagiati, superarono la Cina e diventarono il Paese con il maggior numero di casi di coronavirus al mondo. Il resto è già storia.

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