La presenza femminile nella professione dei commercialisti continua a crescere. Secondo i dati presentati nel Bilancio di genere della categoria, il peso delle donne sul totale degli iscritti all’Albo è passato dal 31,1% registrato nel 2012 al 34% del 2024, un incremento costante che risulta particolarmente evidente tra le fasce più giovani.
Commercialisti, cresce la presenza femminile
Tra gli under 40, infatti, le donne rappresentano il 45%, mentre la loro incidenza scende al 37% nella fascia 41-60 anni e al 21% tra gli over 60. Nella fascia iniziale, che comprende gli iscritti fino a 40 anni, il divario tra i generi è ridotto: le donne costituiscono il 7,5% del totale contro il 9,1% degli uomini. Alla progressiva riduzione del divario negli accessi all’Albo corrisponde un analogo ridimensionamento del divario reddituale. Il Gender Pay Gap all’interno della professione passa dal 46,3% rilevato nel 2008 al 42,9% stimato per il 2024, pur rimanendo su livelli elevati e in linea con gli altri Ordini professionali. Secondo il Comitato nazionale pari opportunità (CNPO), tali dati evidenziano una difficoltà strutturale comune alle professioni liberali.
Le informazioni provengono da una rilevazione condotta su un campione di oltre 3.600 commercialisti, realizzata con la collaborazione della Fondazione nazionale della categoria e presentata a Roma nel corso del convegno “Le barriere invisibili”, organizzato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Tra gli aspetti approfonditi dal sondaggio emerge con rilevanza la cosiddetta “penalità di maternità”, concetto utilizzato negli studi di genere per descrivere gli svantaggi professionali ed economici connessi alla nascita di un figlio. Il 43,5% degli intervistati dichiara che la genitorialità ha avuto effetti negativi sull’attività professionale, percentuale che sale al 68,8% nel caso delle donne madri e scende al 31,2% per gli uomini.
I dati evidenziano che il 13,2% del campione segnala una riduzione del reddito professionale, con un’incidenza del 16,8% tra le donne madri; il 12,6% rileva un rallentamento della crescita professionale (13,7% per le donne madri); l’8,1% afferma di aver visto interrompere il proprio percorso di carriera, dato che riguarda il 15,1% delle donne e l’1,5% degli uomini; il 9,6% dichiara infine di aver rinunciato a incarichi rilevanti, con una percentuale del 15,5% tra le donne e del 3,9% tra gli uomini.
Il questionario approfondisce anche la “care penality”, legata alle ripercussioni professionali dell’attività di cura prestata ai familiari. Il 60,7% delle donne riferisce di occuparsi direttamente dell’assistenza ai membri della propria famiglia, contro il 39,3% degli uomini. La maggior parte delle donne, quasi il 70%, dichiara di dedicare oltre cinque ore al giorno a tali attività, mentre la stessa quota riguarda circa il 15% degli uomini.
Il divario emerge anche nel caso in cui sia il partner a occuparsi dell’assistenza familiare: nel 28,4% dei casi il ruolo è ricoperto da una donna, mentre solo nel 6,5% dei casi è svolto da un uomo. Sul fronte della conciliazione tra vita privata e attività professionale, il 54,2% del campione segnala la mancanza di un equilibrio soddisfacente, mentre una quota pari al 16,3% ritiene adeguata la situazione. Le risposte delle donne mostrano una percentuale più elevata di giudizi negativi, pari al 59,4%, ma il fenomeno risulta esteso all’intera categoria. Il 55,5% degli intervistati afferma di dedicare alla professione più di otto ore al giorno e il 15,7% supera le dieci ore; tra le donne, il 47,5% lavora meno di otto ore al giorno contro il 41,6% degli uomini.
Commentando i risultati del Bilancio di genere, il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, ha dichiarato: “Il Consiglio nazionale in tutte le sue attività ha portato avanti un'azione mirata e attenta alla tutela della parità di genere. Quella dei commercialisti, nell'ambito delle professioni economico giuridiche, è la professione con il maggior numero di donne coinvolte negli organismi di categoria. Una sfida importante è stata lanciata anche con la modifica del nostro ordinamento professionale, che non si limita alla sola parità di genere, ma include anche quella generazionale. Il nostro è un Paese che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, ma ne deve fare ancora altri, anche in ambito professionale, a cominciare dal gender pay gap che è uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare per colmare le distanze esistenti tra uomo e donna. Noi commercialisti dobbiamo essere un modello nella proposizione di norme che trovino attuazione nel sistema normativo nazionale. Oggi abbiamo un'opportunità in più. Negli scorsi giorni sono stato eletto alla guida dell'associazione 'Professionisti insieme', che rappresenta ormai il 60% dei liberi professionisti italiani. Quello che chiedo al nostro CPO nazionale e che chiederò di fare anche ai CPO nazionali degli altri ordini facenti parte dell'Associazione, è di fare massa critica, affinché si arrivi al cospetto del legislatore con delle proposte unitarie. Più siamo uniti, più siamo forti e, con i numeri dell'Associazione, possiamo fare la differenza ed essere ascoltati e le nostre proposte possono trovare concreta attuazione”.
Rosa D’Angiolella, consigliera nazionale co-delegata alle politiche giovanili e di genere e presidente del CNPO, ha invece evidenziato la necessità di interventi mirati: “Il nostro Consiglio Nazionale deve continuare ad impegnarsi per l'attuazione di una professione più giusta. Anche sulla base di quanto emerso dal sondaggio il CNPO formula alcune proposte di intervento finalizzate a ridurre il gender pay gap e migliorare la conciliazione vita-lavoro. È innanzitutto importante la formazione in materia di pari opportunità, ma determinanti sono anche politiche di sostegno per la genitorialità e il caregiving in sinergia con le Casse di previdenza. Occorre puntare, inoltre, su una formazione specialistica che aiuti le professioniste donne nel proprio percorso di carriera professionale. È importante, infine, promuovere iniziative volte al miglioramento del bilanciamento vita privata-lavoro e contrastare lo stress da lavoro che caratterizza, in generale, la professione di commercialista”.