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Censis: "L'Italia deve correre, se non vuole ridursi a galleggiare"

Redazione
 
Nella foto, Giorgio De Rita e Massimo Valerii, rispettivamente Segretario Generale e Direttore del Censis

"In una società chiusa, la crescita o non c’è o è drammaticamente lenta. Lo sviluppo economico, sociale e del benessere personale matura e diviene concreto nelle società capaci di aprirsi al nuovo, di spezzare il recinto, di esplorare nuovi confini, di accogliere nuovi innesti, di correre nuovi pericoli. Quando, viceversa, a ciascun gruppo sociale non sono accessibili reali possibilità di mobilità, di avanzamento, di promozione individuale, una società resta intrappolata in sé stessa, si ripiega, aspetta. Una società aperta porta con sé dei rischi, per le istituzioni collettive e per la vita privata, e, con i rischi, porta anche preoccupazioni relative alla perdita di sicurezza, alle limitazioni alla redistribuzione delle rendite, all’ibridazione culturale. È un rischio che la nostra società non sembra disponibile ad assumersi, ma che, allo stesso tempo, non può permettersi di non correre, se vuole crescere e non più galleggiare".
Abbiamo voluto trascrivere queste considerazioni lasciare senza aggiungere anche solo un inciso, perché il rapporto del Censis sulla situazione del Paese, in esse trova una formidabile sintesi, senza cercare scappatoie retoriche o ipocrite.

Con una specifica sottolineatura su quel "galleggiare" che da sola rappresenta il Paese, i rischi che esso corre, a cominciare dall'assuefazione ad una condizione che si ritiene immodificabile.
Come suo costume, l'Istituto non fa sconti alla società italiana quando sostiene che solo ora il Paese sta prendendo contezza di come sia urgente "assimilare i processi emergenti" e "costruire percorsi di crescita con essi coerenti", a fronte di un "deficit di padroneggiamento collettivo delle profonde trasformazioni che lo scorrere della storia impone alla società italiana, nei comportamenti quotidiani e negli investimenti a medio o a lungo rientro".

Una parte significativa del rapporto è dedicata ai giovani, alla loro spinta a fare impresa e come le famiglie li sostengano. Ma cresce e si afferma "la rafforzata coscienza sociale della domanda per la tutela dei fragili, delle donne vittime di sopraffazione e di violenza, degli anziani non autosufficienti, dei poveri" che chiama "il volontariato e il mondo eterogeneo del no profit a una profonda revisione strutturale degli assetti e delle forme della solidarietà non emergenziale. Non è senza significato che i richiami più alti e più critici risuonati più volte nell’ultimo anno per mettere in guardia dai rischi di una progressiva marginalizzazione dell’Italia e dell’Europa abbiano avuto in comune il timbro del dovere di umiltà, serietà, disciplina".

"La via di una società ultrademocratica – “poliarchica”, scriveva il Censis negli anni ’90 del secolo scorso –, in cui si governa, o almeno si concertano le scelte di governo, con i grandi soggetti collettivi, non ha funzionato - ammette l'Istituto -. Dopo tanti anni di protagonismo politico, le tante forme di autogoverno nei sottosistemi sociali e territoriali, dei sindacati, delle associazioni di categoria, delle amministrazioni locali e regionali, sono rimaste come fumo in aria. Allo stesso modo, non hanno funzionato le ipotesi di un governo per carisma, per sovrabbondanza di poteri, per esercizio di capipopolo che decidono per tutti battendo i pugni sul tavolo".

Il Censis guarda, quindi, in avanti quando afferma che "dopo anni – ormai più di un quindicennio – in cui la società italiana è rimasta alla finestra, si affacciano all’orizzonte un nuovo scenario mondiale e un nuovo scenario tecnologico nei quali le barche non salgono e non scendono più tutte con la stessa marea. In larghissima maggioranza, gli italiani tuttavia galleggiano, nonostante tutto e come sempre. Galleggiare abilmente non ci protegge però da una lunga serie di inconvenienti. Nell’acqua insipida è più difficile restare a galla: se il fluido nel quale siamo immersi cambia densità, o aumentiamo lo sforzo o andiamo giù. Se l’acqua via via diminuisce di livello, non affondiamo ma smettiamo anche di galleggiare e la parte immersa viene alla luce (e scopre i suoi difetti)".

Fuori di metafora, dice il Censis, "sembra si possa dire che è vero che abbiamo resistito bene alle crisi, ma è venuto il momento di prendere atto che tutto questo non basta più. La nostra società è molto più meticcia di quanto si dica, avvezza a mescolare valori e significati, persone e comportamenti. Un po’ occidentale e un po’ mediterranea, levantina e mediorientale, contadina e cibernetica, poliglotta e dialettale, mondana e plebea. Non siamo più una società in corsa tuonante per lo sviluppo, ma nemmeno siamo diventati un popolo di poveri diavoli destinati a rimanere miserabili".

Dice Massimiliano Valerii, direttore del Censis: "I giovani sono cambiati rispetto agli ultimi decenni, tra le loro priorità non hanno più obiettivi individuali ed egoistici, guardano all'ambiente. E recuperano quella dimensione collettiva che sembrava essersi estinta negli anni Settanta. E' un cambiamento di scala valoriale".
Però c'è da fare i conti con un sistema di istruzione che prepara poco o addirittura non prepara ad affrontare le sfide della vita. Le statistiche sono crudeli: quasi uno studente su due delle superiori, il 43,5%, non raggiunge il traguardo di apprendimento in italiano, e peggio va per la matematica (47,5 %). E questa diffusa poca conoscenza - ma si potrebbe parlare benissimo di ignoranza - raggiunge picchi impensabili, con domande semplici alle quali si risponde tirando fuori l'armamentario di chi non conosce affatto la storia e letteratura, italiane e no.
Che dire poi del pensiero che gli italiani hanno sul "diverso"? L'odio contro gli omosessuali (11,9% la percentuale) fa il paio con che si sente minacciato dagli immigrati, da chi ha una diversa religione o etnia, o colore della pelle.
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