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Allarme alimentare globale: 45 Paesi in crisi, 22 a rischio carestia

Redazione
 
Allarme alimentare globale: 45 Paesi in crisi, 22 a rischio carestia
La sicurezza alimentare globale è in grave pericolo. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla FAO, numerosi Paesi si trovano in una condizione di emergenza alimentare che richiede un intervento urgente.
A oggi, 45 nazioni necessitano di assistenza esterna per nutrire la propria popolazione. Tra queste, 33 sono africane, nove asiatiche, due latinoamericane (Venezuela e Haiti) e una europea (Ucraina), quest’ultima duramente colpita dalla guerra che ha segnato il ritorno del conflitto armato su larga scala nel Vecchio Continente dopo decenni di pace.
La situazione è aggravata dalle tensioni finanziarie che colpiscono il Sud del mondo. Molti di questi Paesi spendono più per il servizio del debito di quanto ricevano in aiuti allo sviluppo, lasciando i governi senza risorse adeguate per affrontare la scarsità di cibo.

In 22 Paesi, la situazione è particolarmente drammatica. Tra questi figurano Sudan, Sud Sudan, Palestina, Haiti e Mali, dove l’insicurezza alimentare richiede un’azione immediata e mirata.
''Un intervento urgente che, per ora, non avviene''
, sottolinea la FAO. Solo sei mesi fa, i Paesi a grave rischio di carestia erano 18; oggi sono saliti a 22, segno di un rapido deterioramento delle condizioni globali.
Il fenomeno della fame è strettamente legato all’aumento dei prezzi alimentari. L’indice della FAO ha registrato un incremento del 2% in ottobre, raggiungendo un aumento complessivo del 5,5% su base annua.
Nonostante sia ancora inferiore del 20% rispetto al picco massimo di marzo 2022 – subito dopo l’inizio del conflitto in Ucraina – il trend è preoccupante. Tra i prodotti più colpiti ci sono gli oli vegetali, ai massimi di due anni, in parte a causa del rincaro dei fertilizzanti.

Seguono zucchero, influenzato dalla siccità in Brasile, e latticini. In controtendenza, i prezzi di cereali e carne sono rimasti stabili. La Banca Mondiale, nel suo ultimo rapporto sulla sicurezza alimentare, evidenzia come l’inflazione alimentare rimanga elevata nei Paesi in via di sviluppo. Si stima che il 70% delle nazioni più povere registrerà un aumento dei prezzi alimentari di almeno il 5%. La percentuale scende al 48% nei Paesi a reddito medio-basso e al 36% in quelli a reddito medio-alto. Nonostante queste previsioni allarmanti, la Banca Mondiale intravede un possibile calo del 4% nei prezzi delle materie prime alimentari entro il 2025, con una stabilizzazione prevista per il 2026. Tuttavia, gli analisti sottolineano che il mondo è ancora lontano dal raggiungere l’obiettivo di fame zero entro il 2030, fissato dalle Nazioni Unite.

''Conflitti armati, shock economici e condizioni meteorologiche estreme sono i principali fattori scatenanti dell’insicurezza alimentari'', osservano i tecnici della Banca Mondiale. In particolare, il fenomeno climatico La Niña, atteso fino a marzo prossimo, rischia di aggravare le disuguaglianze: se in alcune regioni favorirà i raccolti, in altre aumenterà il rischio di inondazioni (Malawi, Mozambico, Nigeria, Sud Sudan, Zambia e Zimbabwe) o aggraverà la siccità (Etiopia, Kenya e Somalia).
L’insicurezza alimentare non è mai una causa isolata di conflitto, ma spesso agisce come un catalizzatore. Secondo alcuni esperti, l’insicurezza alimentare di solito non è sufficiente, da sola, a produrre conflitti: ad essa devono essere aggiunte motivazioni esterne, come la disperazione, il risentimento o il cattivo governo. La fame, dunque, è una miccia che può accendere rivolte sociali, soprattutto in Paesi già fragili dal punto di vista politico e istituzionale.
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