Economia

Calabria tra le aree più povere d’Europa, il nuovo report Eurostat mostra un’UE divisa

Redazione
 
Calabria tra le aree più povere d’Europa, il nuovo report Eurostat mostra un’UE divisa
La Calabria entra nel titolo del nuovo allarme sociale lanciato da Eurostat. Nel 2024, la regione italiana registra un tasso di rischio povertà pari al 37,2%, uno dei più alti dell’intera Unione europea. Un dato che la colloca al terzo posto nella classifica delle aree europee più vulnerabili, subito dopo la Guyana francese (53,3%) e la città autonoma spagnola di Melilla (41,4%). Un dato che si inserisce in un quadro continentale in cui il divario territoriale resta profondo e strutturale.

Calabria tra le aree più povere d’Europa, il nuovo report Eurostat mostra un’UE divisa

Secondo Eurostat, nel 2024 il 16,2% degli abitanti dell’Unione, pari a 72,1 milioni di persone, era a rischio povertà. Una percentuale identica a quella del 2023, che conferma come il miglioramento delle condizioni economiche europee non sia stato sufficiente a ridurre il numero dei cittadini in difficoltà. Ma è osservando i dati su scala regionale che il fenomeno mostra tutta la sua diseguaglianza. Ben dieci regioni europee superano la soglia del 30% di popolazione a rischio povertà, mentre altre ventotto registrano valori inferiori al 10%.

In cima alla graduatoria negativa figura la Guyana francese
, dove oltre metà degli abitanti vive in condizioni precarie. A seguire Melilla, territorio spagnolo nel Nord Africa, colpito profondamente dalle fragilità socioeconomiche tipiche delle zone di frontiera. Subito dopo, la Calabria, una regione che paga decenni di ritardi infrastrutturali, bassissimi tassi di occupazione e una dotazione economica e industriale insufficiente a trattenere giovani e competenze. Un dato che non sorprende gli analisti, ma che assume un nuovo peso perché confrontato con le aree più dinamiche del continente.

Sul versante opposto dell’Europa, invece, emerge una mappa completamente diversa. La regione più resiliente è București-Ilfov, in Romania, con un tasso di rischio povertà del 3,7%, un risultato impensabile solo pochi anni fa, segno di un territorio che ha beneficiato di investimenti, consolidamento industriale e crescita salariale. A seguire, la Provincia Oost-Vlaanderen in Belgio (5,4%) e la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (5,9%), ulteriore testimonianza delle profonde differenze che attraversano l’Italia, dove coesistono una delle regioni più virtuose e una delle più fragili dell’intera UE.

Un’Europa che corre a velocità diverse, non solo tra Paesi ma soprattutto all’interno degli Stati membri. Il fatto che la media UE sia rimasta invariata indica che i progressi economici non riescono a raggiungere le aree più deboli, spesso caratterizzate da isolamento geografico, carenze infrastrutturali, scarsa attrattività per gli investimenti e mercati del lavoro poco dinamici.

Per l’Italia, l’analisi di Eurostat rappresenta un monito e un’opportunità. Un monito, perché certifica che senza interventi strutturali e continui in occupazione, istruzione, trasporti e innovazione, sarà difficile colmare il divario storico che penalizza tutto il Mezzogiorno. Un’opportunità, perché proprio le statistiche europee indicano dove concentrare politiche pubbliche, risorse PNRR e investimenti privati per produrre un cambiamento reale.
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